Stefania uccisa dall’Aids e dal pregiudizio

La professionista si poteva salvare. Bastava soltanto che l’ex compagno le avesse confessato di essere sieropositivo e che i medici avessero diagnosticato in tempo la malattia. Cosi non è stato. La vittima ha ottenuto giustizia: l’untore è stato condannato in primo grado e i medici dovranno affrontare il giudizio.

Messina – Sapeva di essere sieropositivo ma non ha mai detto nulla alla compagna dalla quale ha avuto un figlio. La donna è morta a causa del contagio e l’uomo è stato condannato a 22 anni di reclusione per omicidio volontario. La sorella della vittima, con coraggio e una buona dose di caparbietà, ha scoperto la verità e ha denunciato l’untore che aveva infettato altre quattro donne provocando il decesso di un’altra vittima del pregiudizio e della cattiveria.

Stefania e Silvia Gambadoro

L’avvocato Silvia Gambadoro, 54 anni, del Foro di Messina, ha ottenuto giustizia. Il 10 gennaio scorso davanti alla Corte d’Assise peloritana è stato condannato a 22 anni di reclusione Luigi De Domenico, imprenditore di 57 anni, ex compagno di Stefania Gambadoro, dalla quale ha avuto un bambino, morta di Aids a 45 anni il 18 luglio 2017. 

La tragica vicenda ricorda da vicino quelle che hanno avuto come squallidi protagonisti Valentino Talluto, 28 anni, condannato a 24 anni di reclusione per aver infettato una trentina di donne, e Claudio Pinti, 38 anni, condannato a 16 anni di galera per aver contagiato l’ex compagna e la fidanzata. Stefania Gambadoro, avvocato come la sorella Silvia, era stata contagiata dal compagno che si era guardato bene dal confessarle di essere ammalato di Aids.

Lo stesso De Domenico, rimasto vedovo con una figlia, le aveva raccontato che la moglie era morta di tumore. Invece anche quella povera donna era deceduta per la medesima malattia che, se diagnosticata in tempo, poteva essere curata:

L’avvocato Silvia Gambadoro

”…Stefania era ed è un esempio per me e per coloro che lhanno conosciuta – racconta Silviauna donna seria, un avvocato scrupoloso, una madre insostituibile. Era intelligente, indipendente, bella. La sua vita era una battaglia per i diritti dei siciliani. Tutta casa, lavoro e il figlio adorato a cui non diceva mai di no. Non amava il clamore, chissà adesso che cosa avrebbe detto”.

Nel 2005 Stefania partorisce un bel bambino nato dalla relazione sentimentale con Luigi. Dopo alcuni mesi il rapporto con l’imprenditore prende una brutta piega e finisce mentre Stefania e suo figlio proseguono la loro vita quotidiana superando qualsiasi difficoltà. Nel 2015 la professionista iniziava ad accusare i primi disturbi aggravati da una forte stanchezza, renitente a tutte le cure:

Claudio Pinti

”…I medici parlavano prima di anoressia e poi di leucemia – aggiunge Silvia pesava 36 chili, era irriconoscibile. Io passavo le giornate a cercare ragguagli scientifici su internet per capire quale fosse il problema. La risposta era sempre la stessa: mia sorella aveva l’Aids. Non ci potevo credere. E invece era proprio cosi…”.

Dunque solo nel 2016 la malattia veniva conclamata ma il lungo lasso di tempo trascorso dalla diagnosi non prometteva nulla di buono. Tra esami e ricoveri ma soprattutto per le mancate terapie specifiche Stefania spirava:

”…Riguardo ai sanitari, c’è un altro processo in corso relativo alla responsabilità medica – evidenzia Silvia Gambadoro non voglio ancora entrare nel merito, ne parlerò a fine giudizio. Ho l’impressione che i medici siano stati molto condizionati dal pregiudizio e dall’idea che mia sorella non rientrasse nello standard della potenziale malata di Aids e questo è inammissibile, non deve succedere mai più…”.

Valentino Talluto

L’avvocatessa svolge una vera e propria attività investigativa e scopre le responsabili dell’untore. Anche altre quattro donne sarebbero state contagiate da De Domenico e anche con queste l’uomo avrebbe avuto rapporti non protetti:

”…Sono entrata in contatto con due donne infettate da quell’uomo – continua Silvia ho lottato anche per loro, alla fine c’è stata giustizia. Una di loro lo aveva anche denunciato ma il Tribunale di Bologna l’aveva assolto per il reato relativo al contagio. Se all’epoca delle indagini bolognesi fosse stata contattata anche mia sorella, come ha fatto la Procura di Messina con queste donne, lei sarebbe ancora viva…”.

Tribunale di Messina

Le indagini sono state coordinate dal procuratore capo Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Giovannella Scaminaci ed dal Pm Roberto Conte. La famiglia Gambadoro è stata assistita dagli avvocati Bonaventura Candido ed Elena Montalbano.

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