“Solo lo 0,8% dei pm cambia carriera”: Cassano smonta la riforma di Nordio

La prima presidente della Cassazione alla Camera spiega perché non è d’accordo con la legge sulla separazione tra giudici e pm.

Roma – La prima presidente della Cassazione Margherita Cassano smonta la riforma della separazione delle carriere. E lo fa dicendo alla Camera, in Commissione affari costituzionali, che negli “ultimi cinque anni è pari allo 0,83% la percentuale dei pubblici ministeri con funzioni requirenti che sono passati a funzioni giudicanti. Ed è dello 0,21% la percentuale dei giudici che sono passati a funzioni requirenti”. Cifre che contestano lo spirito della riforma voluta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, passata in consiglio dei ministri alla fine di maggio e ora attesa alla prova dei passaggi parlamentari. Ma i problemi non si limitano al piano della narrativa, perché riguardano anche aspetti sostanziali.

Ancora Cassano: “La separazione delle carriere si pone in netto contrasto con le ultime norme approvate, a partire da quella del 2022, la riforma Cartabia, che prevede che per i reati meno gravi, come ad esempio il danneggiamento o guida in stato di ebbrezza, fin dalla fase delle indagini preliminari possano essere promosse dal pm sanzioni, per un superamento della prospettiva carcerocentrica. Si chiede cioè al pm l’assunzione di funzioni e responsabilità che prima non aveva, avvicinandolo alla sensibilità del giudice”. In sostanza, è la conclusione dell’alto magistrato, “l’unico danneggiato sarà il cittadino”. Dal canto suo l’Anm ribadisce che la riforma rappresenta “un grande passo indietro”.

“Non si rafforza l’autonomia e l’indipendenza né della magistratura giudicante né della inquirente – ha affermato davanti la commissione il presidente del sindacato delle toghe, Giuseppe Santalucia -. L’esigenza di una separazione delle carriere in nome della terzietà è un tentativo che resta incompiuto: la prospettazione del governo resta vana, la terzietà messa in campo non si raggiunge. Sul piano ordinamentale la magistratura resta unica”. Per l’Anm l’obiettivo è quello di “creare due Consigli superiori della magistratura che produrrà solo una fortissima burocratizzazione del Csm. Non un rafforzamento della indipendenza della magistratura” ma anzi “realizzerà indebolimento del giudiziario”.

Per il sindacato nei Csm “saranno in maggioranza numerica i magistrati inquirenti” e quindi “si rafforzerà il pm a danno del giudicante, e questo creerà uno squilibrio nei fatti, con una magistratura inquirente che sarà autoreferenziale. Bisognerà riequilibrare – aggiunge – perché non sarà democraticamente tollerabile. Il passo successivo sarà quindi la necessità di introdurre dei controlli, e quindi la magistratura inquirente finirà, secondo me, inevitabilmente, per finire sotto il controllo del governo”. E quindi la stoccata finale: “Si pensa
di risolvere i problemi della giustizia aumentando l’incidenza della politica ma io dico che non è la strada da percorrere – conclude Santalucia -. Non che la magistratura non abbia sbagliato ma fatta una diagnosi bisogna vedere se la terapia che si mette in campo risponde ma io dico che questo aggraverà il problema”. 

Sergio Mattarella e Carlo Nordio

Contro la riforma che prevede la separazione delle carriere l’Anm ha annunciato “l’indizione, in relazione all’iter parlamentare di discussione del Ddl, di una o più giornate di astensione dall’attività giudiziaria per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli della riforma”. Una decisione che non stupisce visto il braccio di ferro in atto tra la politica e la magistratura sulla riforma che separa le carriere di giudici e pm. A metà giugno la firma del Capo dello Stato Sergio Mattarella per l’autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge costituzionale approvato dal governo a fine maggio sulla riforma della giustizia. 

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