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Soldi e donne, un rapporto ancora ambiguo: 3 su 10 dipendono dal coniuge

La condizione economica femminile, nonostante i progressi culturali e sociali, resta profondamente indietro rispetto alla sfera maschile.

Roma – Soldi e donne, un rapporto ancora ambiguo. La relazione tra donne e “pecunia” è stata, sin da quando la moneta è apparsa per regolare i rapporti di lavoro e finanziari, sempre poco considerata e valutata. I motivi di questa situazione sono di origine storica e culturale, frutto della scarsa rilevanza sociale della condizione femminile. Nel contesto attuale, è emerso un dato che dovrebbe suggerire una profonda riflessione. Oggi, in Italia, oltre 3 donne su 10 si trovano a dipendere, dal punto di vista economico, dal coniuge o compagno o da altri familiari. Una condizione che sottrae libertà e indipendenza, per cui si sentono vittime del ricatto del denaro.

La cronaca è ricca di episodi che riguardano il rapporto ambiguo delle donne coi soldi. A maggior ragione quando vengono toccati i rapporti di coppia. In questo caso i soldi sono dirimenti, sia quando ci sono che quando sono pochi. ”Senza soldi non si cantano messe” recita un motto popolare, nel senso che il denaro condiziona anche le funzioni religiose, figurarsi la vita quotidiana! Se mancano, le donne sono costrette a restare con un partner che detestano. Se ne hanno a bizzeffe, più del compagno, è un’onta dal punto di vista sociale. Perché, nell’immaginario collettivo, una donna non può avere più soldi dell’uomo.

Come se i soldi per le donne contenessero il malocchio. Senza risorse finanziare, la donna non ha la possibilità di staccarsi da chi provvede alla sua sopravvivenza. E’ come se lui fosse l’aguzzino: vuole tenere in vita lei proprio per poterla ricattare. Ma anche pensando alle situazioni normali, il fatto che lei viva alle “spalle” di lui, è comunque una situazione di sudditanza al potere maschile! Una volta la famiglia tradizionale era fondata su ruoli ben definiti. Il padre portava i soldi a casa che, in gran parte, finivano nella cassa di famiglia gestita dalla madre. Quei soldi servivano per il cibo, per le spese della casa e dei figli. Un po’ ne restavano per i desideri di lui.

Mai che ci fossero risorse disponibili per lei! Una famiglia, quindi, che dipendeva totalmente dallo stipendio del capofamiglia. Secondo alcune teorie delle scienze sociali, il retroterra culturale in cui si è cresciuti, è come una sorta di “marchio” a vita. Se si è cresciuti in un contesto familiare in cui il padre invece di pensare alla famiglia, si è dedicato alla “bella vita” sperperando il portafoglio, per i figli peserà come un macigno. Nel senso che cercheranno, nel corso della loro vita, di riavere ciò che è stato loro sottratto dalla nascita. Altre teorie si rifanno alla tradizione popolare secondo cui la vita difficile è una sorta di scuola di formazione che forma il carattere, per cui si possiede più ambizione, fantasia e un ventaglio di possibilità superiore. Al contrario, quando c’è tutto a portata di mano per le condizioni benestanti del contesto familiare, si diventa pigri, sazi e lenti nel cogliere le opportunità.

Tuttavia, queste concezioni hanno sempre riguardato la sfera maschile, come se i soldi fossero di esclusiva competenza dell’uomo. Le donne dovevano badare ad altro: accudire la casa, fare e crescere figli. Quindi i soldi non erano nello loro “corde”. In realtà questa teoria non è del tutto corrispondente al vero, perché le donne per quanto riguarda la gestione della casa e dell’intera famiglia, doveva, al contempo, essere in possesso di nozioni di meccanica e tecnologia, economia e pedagogia, altrimenti la “baracca” non andava avanti. Invece, è stata sempre poco considerata l’idea che una donna autonoma economicamente potesse produrre creatività, assumersi pesanti responsabilità. Un fatto è certo, nonostante i tanti miglioramenti dell’universo femminile, il rapporto coi soldi è stato, storicamente, molto conflittuale.

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