SIENA – CHI PAGHERA’ PER LA MORTE DI DAVID ROSSI?

L'inchiesta, che rischia di diventare un cold-case, ha risentito di enormi lacune investigative e di inspiegabili quanto palesi depistaggi. Le responsabilità sembrano evidenti ma la svolta ancora non c'è stata. Abusi ed omissioni s'intrecciano in un folto ginepraio difficile da dipanare per gli interessi che nasconde e tutela.

Siena – Sono passati più di 7 anni dalla prematura scomparsa di David Rossi, l’ex capo manager dell’area comunicazione e marketing del gruppo MPS. Grazie a nuove testimonianze il caso, ancora irrisolto, verrà forse riaperto dal CSM dopo l’udienza del 17 dicembre scorso a Genova. Ma non è detto.

Erano le 19.43 del 6 marzo 2013 quando una delle telecamere esterne di Palazzo Salimbeni (edificio di MPS a Siena), che si affacciava su vicolo Monte Pio esattamente sotto la finestra dell’ufficio di David Rossi, riprendeva l’immagine del corpo di un uomo che cadeva inerme e di schiena al suolo.

David Rossi

Per più di 50 minuti l’uomo rimane a terra e nessuno gli presta soccorso, un secondo uomo (ancora non identificato) che compare nelle riprese, è tutt’oggi ricercato per omissione di soccorso. La morte di David è piena di congetture e porta con sé la fitta trama di un intricato groviglio politico che rimane tutt’ora inspiegata.

La Procura guidata allora dai Pm Natalini, Nastasi e Marini decretò in tempi brevi il suicidio archiviando il caso dopo pochi mesi. Le incongruenze riscontrate nelle indagini furono diverse e la famiglia della vittima, i suoi amici e molti dei suoi conoscenti, gridano da anni contro le istituzioni per portare alla luce una dolorosa verità che ritengono, al di là di ogni ragionevole dubbio, inconfutabile: “David è stato ucciso”.

Il cadavere di Rossi

UN DURO COLPO PER SIENA E PER L’ITALIA

La domanda che da ben 7 anni fa oscillare l’opinione pubblica è la seguente: “Si trattò di omicidio oppure di suicidio?”. Inizialmente una strana coincidenza fece sorgere qualche dubbio anche nella mente dei più scettici: l’MPS era da un mese sotto inchiesta per le difformità riscontrate nelle modalità di acquisizione di banca Antonveneta e, due giorni prima della sua scomparsa, David aveva comunicato ai vertici del gruppo finanziario di voler parlare con i magistrati.

Di che cosa voleva parlare David Rossi? Ad oggi sembra proprio questa la chiave di volta per riuscire a svelare il mistero insoluto dietro alla sua prematura scomparsa. Subito dopo il triste episodio le indagini sull’MPS portarono agli occhi dell’opinione pubblica le condizioni di estrema corruzione e di insolvenza in cui versava il gruppo di credito bancario più antico del mondo.

Sulla vicenda ha indagato la Procura di Siena che, prima nel 2013 poi nel 2015, per ben due volte è giunta alla medesima conclusione: “si è trattato di suicidio”. Sono molte le incongruenze che fanno ribollire il torbidume di questa risoluzione stagnante – e lo si può dire a gran voce – di un avvenimento che risulta scomodo a molti.

Lo stagno ribolle e il fetore è tanto forte da scoraggiare anche i più avventurosi dall’effettuare una bonifica morale delle istituzioni che risulta ormai necessaria. Sulla città di Siena anela un fitto miasma di corruzione sulfurea. I soggetti protagonisti e responsabili (ancora da definire se in modo diretto o indiretto) della morte di un uomo sono rimasti impuniti e liberi di continuare a tramare nell’ombra.

Questa sensazione di abbandono, negligenza e ingiustizia ha fatalmente scosso e perturbato la quotidianità di una comunità intera che, ancora oggi, non è riuscita a riprendersi. Con i suoi 270.000 abitanti è una città campanilista e compatta che nei secoli ha mantenuto molte delle sue usanze medievali; a Siena si conoscono tutti.

Per comprendere l’inquietudine insorta nel popolo senese a seguito di questa concatenazione di eventi è necessario sapere che MPS era una realtà che sosteneva e finanziava tutte le necessità di questa vita comunitaria; dall’intrattenimento all’economia e che tutti i cittadini, di conseguenza, desideravano con acceso orgoglio entrarvi a farne parte.

Finanziava il calcio, il palio, il basket, gli eventi culturali, i musei, i centri commerciali, gli imprenditori e aveva letteralmente le mani in pasta in tutti gli aspetti economico-finanziari della zona. Quest’inquietudine che ha pervaso i senesi comincia dalle speculazioni che hanno demolito, pezzo dopo pezzo, questa secolare e viscerale fiducia che riponevano in MPS.

Il peso emotivo provato dalla comunità è paragonabile a quello che potrebbe provare ognuno di noi dinnanzi al tradimento messo in atto da parte di una madre che amiamo e dalla quale ci sentivamo ricambiati. In questo triste scenario, la morte di David Rossi – nato e cresciuto tra le contrade di Siena – è il colpo di grazia: la madre è responsabile della morte del figlio.

La video-sequenza della cauta di Rossi e la noncuranza di chi poteva soccorrerlo e forse salvarlo

LE CONTRADDIZIONI SPUNTANO COME FUNGHI

Facendo un breve ripasso dei fatti. La versione riportata dai Pm suona più o meno in questo modo: “David Rossi si è lanciato dalla finestra del suo ufficio procurandosi la morte”. Di seguito viene riproposta una veloce carrellata delle contraddizioni più sconcertanti che hanno dirottato le indagini di questo vero e proprio giallo italiano.

Tra le dodici telecamere presenti e che potevano rivelarsi utili a identificare i movimenti delle persone nell’edificio, soltanto i video di una sono stati presi in considerazione e utilizzati per accertare i fatti del 6 marzo 2013. Gli altri non sono stati né sequestrati, men che meno acquisiti agli atti, né visionati.

Sul selciato, proprio di lato al corpo esanime dell’uomo, è stato rinvenuto un orologio appartenente alla vittima e che si è subito pensato si fosse staccato dal polso a seguito dell’impatto. Nel corso delle indagini si scopriva che in realtà questo orologio sarebbe stato lanciato dalla finestra in un secondo momento; ben 20 minuti dopo la sua caduta.

Tra i magistrati incaricati di indagare sul decesso di Rossi ce n’era stato uno, il Pm Aldo Natalini (viterbese, poi trasferito e intercettato in alcuni colloqui con Palamara e non solo), che affermò di aver ricevuto una lettera nella quale veniva espressamente minacciata la sua incolumità per mezzo del suo incontrovertibile contenuto: il proiettile di una calibro 9 inesploso.

Aldo Natalini

Nel video esaminato dai Pm si intravedono due individui che, pur avvicinandosi al corpo di David Rossi ancora in vita, si allontanano senza prestargli alcun soccorso. Nel marzo 2020 la procura di Genova ha riaperto il caso per accertare il corretto adempimento delle attività dei magistrati che si erano occupati delle indagini.

Il sospetto principale era che potessero essere stati “ricattati” in quanto abituali frequentatori di quei festini tanto chiacchierati e moralmente distanti dalla loro carica istituzionale. Festini hard con trans-omosessuali ed escort che mal si addicono al prestigio e al lustro di questi magistrati che, effettivamente, avrebbero potuto vedere compromessa la loro carriera all’interno degli organi giudiziari.

Novembre 2020 – i Pm di Genova si appellano al Gip per l’archiviazione di questo stesso filone d’indagine. La famiglia protesta, il 17 dicembre 2020 un ulteriore rinvio. Il Pm Aldo Natalini era anche tra i componenti del pool di magistrati che si occupava dell’indagine sulle vicende finanziarie del gruppo MPS.

Dal davanzale della finestra della stanza di Rossi si vede in basso a destra il furgone

Risulta molto interessante leggere quanto riportato dall’OCI in merito alla figura di questo magistrato laureatosi nel 2000 cum laude, presso l’università di Perugia, con una tesi in diritto penale intitolata proprio così: “Il nuovo delitto di abuso d’ufficio: profili problematici e spunti comparatistici”, relatore il Prof. Davide Brunelli. Un uomo che conosceva bene il suo mestiere e che conosceva rischi e dinamiche derivanti da un eventuale abuso di ufficio. Nonostante questo molti ritengono ancora indubbio il suo coinvolgimento volontario nelle “pecche” giudiziarie e investigative di cui stracolma la prima inchiesta sul caso David Rossi.

LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO

Ed ecco che proprio lo scorso marzo, mentre l’Italia intera si rinchiudeva nelle proprie case, i Pm di Genova a seguito di nuove testimonianze, delle pressioni da parte dei familiari e da parte dell’opinione pubblica, stavano lavorando alla riapertura del caso.

Ma è proprio l’ultima decisione della procura di Genova, ovvero quella di chiedere l’archiviazione per l’indagine sull’incorretto adempimento dei magistrati di Siena che sembra andare in senso contrario e purtroppo condannare Rossi a morte per una seconda volta.

Le ferite sul volto di Rossi non compatibili con la caduta

Come mai questo cambio di rotta? Lo sdegno dietro le quinte di questa ultima decisione deriva dal fatto che è accertata l’esistenza di un ingente numero di prove che, pur apparendo evidenti e rivelatorie, non sono mai state prese in considerazione ma che sono state anzitempo occultate.

L’unica pista che resta accessibile in merito all’indagine sul caso David Rossi è proprio quella che fa riferimento ai festini hard tenutisi nelle ville aretine e ai quali – sempre secondo le testimonianze – sembrano aver partecipato tutte le più importanti personalità che, al tempo, detenevano il potere politico, economico ma anche spirituale.

Fra questi cardinali, personaggi delle istituzioni ai vari livelli e magistrati. Tra i moventi dietro alla richiesta di riapertura del caso David Rossi emerge come sia la corruzione criminale, sia quella politica serpeggino nella città in maniera infestante finendo poi avviluppate in fitte e rampicanti diramazioni che, forse, sono state in grado di inombrare anche gli elevati pilastri della magistratura locale.

Anche sulle braccia contusioni e ferite incompatibili con la caduta

Infatti sono stati proprio i Pm di Genova a ritenere ingiustificate le lacune investigative oculate da parte dei colleghi: i vestiti indossati da David Rossi erano stati brutalmente lacerati e nel suo ufficio erano stati ritrovati sette fazzolettini intrisi di sangue sporco.

Il Pm Aldo Natalini non ha solo ignorato questi reperti – che già di per sé suona strano – ma è persino arrivato a ritenere opportuno chiederne la loro distruzione e questo senza operare alcun tipo di esame sulle tracce ematiche che erano visibili anche ad occhio nudo.

Subito dopo la segnalazione del rinvenimento del corpo, una squadra mobile si era recata di sua iniziativa sul luogo dell’incidente e aveva filmato senza interruzioni l’interno della stanza del quarto piano di Palazzo Salimbeni. Infatti è grazie al piano sequenza da loro girato che nelle foto rilasciate successivamente dalla scientifica saltano agli occhi numerose differenze: gli oggetti sono stati spostati senza alcuna spiegazione da parte degli inquirenti.

L’orologio gettato dalla finestra in un secondo momento

Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è che non si tratti di uno specchietto sulla settimana enigmistica. Resta inspiegabile pure la mancata acquisizione dei tabulati telefonici da parte degli stessi pubblici ministeri entro un tempo utile e precedente alla loro stessa cancellazione. Eppure l’uomo al telefono che compare nel video lo avevano visto tutti.

LE INCONGRUENZE SUL SUICIDIO DI DAVID ROSSI

Di seguito una cronologia che ripercorre il susseguirsi degli eventi nella serata del 6 marzo 2013 a Siena.

Ore 19.30 – A casa Rossi avevano da poco sentito David e aspettavano che rientrasse per cena.

Ore 19.43 – David Rossi precipita dal quarto piano di Palazzo Salimbeni, dalla finestra del suo ufficio nella sede di Monte dei Paschi di Siena, il busto cade rivolto verso il palazzo e non verso il terreno. Da una prima occhiata delle riprese, infatti, si direbbe che l’uomo sia stato gettato dalla finestra e non che si fosse tuffato di sua iniziativa.

Il corpo taglia l’inquadratura con una forma di V: ha piedi e mani protese verso l’alto e la prima parte a impattare contro il terreno è il coccige. Che si sia lasciato cadere in posizione di squat? La parabola di caduta, su un piano meramente scientifico, lascia presupporre che l’uomo sia stato spinto. Avrebbe tutta l’aria di essere una scelta alquanto inusuale ma si sa che al mondo tutto può essere, però non è finita qui.

Innumerevoli i segni di una colluttazione antecedente alla caduta

Sul corpo vengono ritrovati due segni che non sono attribuibili alla caduta in quanto non compatibili. Sembrano più le tipiche ferite provocate da un pestaggio, una sul labbro superiore e l’altra sul naso. Sono state individuate alcune contusioni sul naso e sulla parte esterna dello zigomo sinistro e delle altre sulla fronte.

Sul polso sinistro, in corrispondenza del punto di appoggio del cinturino dell’orologio, si riscontrano i segni di una forte pressione prolungata. Uno dei segni che fanno presagire la natura di un intervento esterno sulla vicenda è la presenza di una grande contusione nella parte interna della coscia a partire dall’inguine. Sulle braccia sono presenti ematomi piccoli e ravvicinati tra loro che suggeriscono la morsa di una mano attorno agli arti.

Ore 20.06 – David Rossi dopo 23 lunghi minuti di agonia esala il suo ultimo respiro. Durante la caduta la visuale sul vicolo è coperta da un camioncino che, casualmente, si trova parcheggiato proprio lì davanti. Il corpo è “coperto” dalla vettura per tutto il tempo. Attorno alla scena, nella parte posteriore sinistra del furgone, orbita un uomo che si intrattiene al telefono. Non verrà mai identificato.

Ore 20.30 Giancarlo Filippone (capo della segreteria di Rossi) e Bernardo Mingrone (capo area finanza MPS) individuano il corpo. Dopo averlo osservato senza reazioni visibili, Filippone si allontana per dare l’allarme. Il custode, che aveva accesso alle telecamere, dopo 47 minuti non è ancora intervenuto.

Ore 22.30 – Viene registrato un video in piano sequenza dell’ufficio di Rossi con il cellulare. Nel video si vede chiaramente la disposizione dei mobili e delle carte. Dalla finestra si vede il corpo di Rossi ancora per terra. Nelle foto della scientifica la stanza appare chiaramente diversa. Il giubbotto è stropicciato, la poltrona riversa, i documenti impilati in un ordine differente, le antine dell’armadio che prima erano chiuse adesso sono aperte.

Sembra evidente che la scena del crimine sia stata inquinata da qualcuno prima dell’arrivo della scientifica. I bigliettini d’addio rinvenuti, e che erano destinati ai familiari, hanno un lessico distante da quello di David Rossi. Sui biglietti non è stata richiesta nessuna perizia calligrafica.

La stanza di Rossi messa a soqquadro prima dei rilievi scientifici

LA FAMIGLIA ROSSI: “SI DEVE ANCORA INDAGARE”

La famiglia è legittimamente in possesso degli atti dell’inchiesta in corso e, ancora oggi, come dice Carolina Orlandi, figlia della moglie di David Rossi: “Dopo sette anni non sappiamo ancora né come né perché David sia morto.”. Lo scorso novembre, il Pm di Genova Ranieri Miniati ha infatti richiesto di archiviare le indagini sui presunti abusi d’ufficio da parte dei magistrati di Siena.

I familiari di David Rossi protestano a gran voce, non sono d’accordo con la richiesta che, a loro dire, risulta del tutto priva di fondamento. La bufera è scoppiata quando, nei primi di ottobre del 2017, Le Iene, con l’ausilio di alcune telecamere nascoste, hanno ripreso le dichiarazioni rilasciate in maniera confidenziale da parte dell’ex sindaco di Siena ed ex dirigente di MPS – Pierluigi Piccini – a uno degli inviati: “Conoscendo la razionalità di David, è impossibile che si sia suicidato. La città è convinta che sia stato ucciso”.

David Rossi era stato il portavoce di Piccini per cinque lunghi anni e i due si conoscevano molto a fondo. Piccini continua: “…Devi indagare su alcune ville fra l’aretino e il mare e i festini che facevano lì. La magistratura potrebbe anche aver abbuiato tutto perché qui scoppia una bomba morale. Chi andava a queste feste? Ci andavano anche i magistrati senesi ad esempio? Mah…”.

Tutti i notabili del senese ai festini a luci rosse

Dopo la divulgazione di questo servizio da parte delle reti Mediaset, Piccini è stato accusato di diffamazione da parte di ben 7 magistrati, ciononostante l’uomo ha confermato le sue affermazioni ricordando che non è nemmeno il solo a sostenere questo filone d’indagine.

Pare infatti che un ex dipendente e azionista di MPS – Pierpaolo Fiorenzani – qualche tempo fa davanti ai microfoni de Le Iene, abbia definito Siena come una città “Sotto una cappa di piombo e dominata da una cricca di orgiastici e pervertiti […] fanno festini nei poderi per legarsi e per ricattarsi”.

Secondo la famiglia Rossi, infatti, i tanto discussi festini omosessuali ai quali, come ormai sembra assodato dalle numerose testimonianze e anche dalle insinuazioni di Piccini, hanno partecipato anche i magistrati di Siena che si sono poi occupati delle indagini del 2013.

Dunque è evidente che tali implicazioni possano aver minato l’esito dell’inchiesta. Le persone vicine a David Rossi e che, quindi lo conoscevano, sono determinate: “non si è trattato di suicidio”. A sostegno delle convinzioni di questi ultimi accorrono anche alcune delle scelte operate dai Pm che, anche secondo una visione più oggettiva dei fatti, non possono essere in alcun modo riconducibili a errori d’ufficio o negligenza investigativa.

Pierpaolo Fiorenzani

La presunta corruzione dei Pm trasuderebbe dagli stessi atti giudiziari e le scelte operate sarebbero del tutto irrazionali. Non è stato fatto nessun esame istologico delle ferite riscontrate sul corpo di Rossi e che risultavano chiaramente incompatibili con la caduta.

Non è stato fatto alcun esame del DNA sul corpo, né sul suo orologio e neppure sui suoi cellulari che sono stati utilizzati post mortem. Si tratta di prassi comune che solitamente vengono eseguite di default; per qual motivo questa volta si è deciso di agire diversamente?

Il Pm Natalini avrebbe disposto la distruzione dei fazzoletti sporchi di sangue prima che ne fosse decretata l’archiviazione, perchè? Le persone presenti in banca nell’ora in cui David è precipitato dalla finestra non sono mai state identificate, perchè? Non sono mai state acquisite nemmeno le immagini delle 12 telecamere interne ed esterne di Palazzo Salimbeni, perchè?

E dire che queste avrebbero certamente permesso di fare una mappa dettagliata degli spostamenti in entrata e in uscita dalla banca durante quelle ore. Il video della caduta di David Rossi non è integrale ma è stato tagliato. La procura di Siena ha atteso più di due anni per riaprire il caso nel 2015 quando nuove prove erano praticamente impossibili da trovare e quelle preesistenti del tutto cancellate.

Genova afferma che le costanti pressioni da parte della famiglia appaiono ingiustificate se si fa riferimento alla seconda inchiesta del 2015 in quanto questa è stata molto ampia e scrupolosa. La famiglia, giustamente, risponde che dopo due anni la scrupolosità dell’indagine diviene un fatto irrilevante in quanto la mancanza di prove non può che portare ad un buco nell’acqua.

Caterina Orlandi, portavoce della famiglia, afferma di non riuscire ad accettare che, per via di un gruppo di magistrati che hanno dato per scontato il suicidio del suo patrigno, la situazione resti invariata e che, per mancanza di prove, i responsabili non vengano consegnati alla giustizia.

Dopo il preannunciato scoppio della bomba morale da parte dell’ex sindaco Piccini, negli anni si sono aggiunte alle sue dichiarazioni alcune testimonianze chiave. Dopo le dichiarazioni di Piccini, infatti, il procuratore capo di Siena Salvatore Vitello ha inviato a Genova tutti i fascicoli riguardanti le due inchieste sulla morte di David Rossi e la denuncia per diffamazione firmata dai 7 Pm senesi.

Carolina Orlandi

Da quel 10 ottobre sono trascorsi più di 3 anni e ormai la bomba morale sembra finalmente pronta a scoppiare. Si scoprono numerosi i testimoni non ascoltati, le deposizioni sparite, continuano ad arrivare nuove rivelazioni (sms inviati dal cellulare di David Rossi dopo l’avvenuta morte e mentre l’oggetto era sotto sequestro).

Alcuni gigolò, che hanno partecipato ai festini e riconosciuto i magistrati, si sono fatti avanti già nel 2018 ma la procura di Genova pare avesse reagito in modo ostile: “Ammesso che questi festini ci siano stati, questo non implica che le indagini sul caso del manager David Rossi siano state eseguite male.” (pare che uno di questi gigolò sarebbe attualmente l’assistente di un europarlamentare della Lega a Bruxelles, in passato era collaboratore di un assessore regionale in Toscana).

Ne consegue però che sì, venga aperto un fascicolo per abuso di ufficio e favoreggiamento della prostituzione (verso ignoti) e che, successivamente, ne venga anche richiesta repentinamente l’archiviazione.

Da quanto si legge, appunto, negli atti di Genova firmati dal procuratore aggiunto Ranieri Minati: “…E’ vero che nella prima indagine ci sarebbero state alcune lacune e che alcuni pm avrebbero tenuto forse dei comportamenti inopportuni. Ma non ci sarebbero prove che tali comportamenti avrebbero compromesso l’inchiesta sulla morte di Rossi […]

…Tutti gli accertamenti disposti da questo ufficio non hanno consentito di dare concretezza (e quindi di provare) alla suggestiva e azzardata tesi secondo la quale taluni magistrati senesi nel corso dell’indagine relativa alla morte di David Rossi sarebbero stati condizionati da indebite pressioni collegate alle loro inopportune frequentazioni. Per questi motivi chiede disporsi l’archiviazione del procedimento…”.

Antonella Tognazzi, moglie della vittima

Ecco come viene giustificata, in data 21 maggio 2020, la richiesta di archiviazione sulle implicazioni dei magistrati senesi nei tanto discussi festini a luci rosse. Tuttavia grazie al crescente numero di testimonianze che si stanno via via raccogliendo, quest’improvviso cambio di rotta appare privo di reali fondamenti e del tutto insensato.

Ai famigliari, e forse non solo a loro, si palesa come l’ennesimo tentativo di occultare altre prove. Il fascicolo è stato successivamente trasmesso al CSM per indagare sui profili disciplinari dei Pm. 

FINALMENTE UN RISVOLTO ATTESO DA TEMPO, MA CHE NESSUNO SI ASPETTAVA 

Tra le testimonianze più recenti, importanti e autorevoli e che, forse, potrebbero dare una svolta decisiva alle indagini, quella di un carabiniere in pensione (ex maresciallo e di recente anche candidato a sindaco) che conferma non solo l’esistenza dei festini a luci rosse e il coinvolgimento diretto e verificato tra uno dei magistrati responsabili della prima indagine e i suddetti; ma anche di essere stato invitato a più riprese, sempre dal togato in questione, a “farsi gli affari propri” durante lo svolgimento delle indagini.

Gli avvocati della famiglia Rossi, Carmelo Miceli e Paolo Pirani, l’hanno inserita nella loro memoria difensiva. Il maresciallo ha raccontato in tv dei famosi festini hard-core che si sarebbero svolti dentro il seminario arcivescovile di Siena, ai quali avrebbero partecipato il segretario del vescovo, un magistrato, il cappellano militare dei paracadutisti, la miglior crema della città del Palio.

L’ex carabiniere parla anche di un pittore pregiudicato che sorvegliava e con il quale aveva stretto un rapporto che sembrerebbe confidenziale. L’uomo, dichiaratamente omosessuale, organizzava attivamente a casa sua alcuni di questi festini e – come raccontava all’ex carabiniere – era in possesso di  video e registrazioni audio assai compromettenti.

Quest’uomo era un galeotto che entrava e usciva spesso dal carcere, un luogo che sentiva come “accogliente” e nel quale, paradossalmente, si trovava a suo agio. Aveva molte amicizie e anche diversi partner sessuali all’interno del penitenziario: “Marescià io sto meglio in carcere che a casa, al carcere faccio quello che voglio, conosco il direttore, le guardie io vado in giro per il carcere […] so’ quarant’anni che faccio dentro e fuori”, ma è stato ritrovato impiccato nella sua cella e il fascicolo archiviato.

Prima di poter procedere con le accuse però, bisognerà attendere che venga eseguita un’attenta valutazione in merito alle ultime rivelazioni emerse proprio a ridosso dell’udienza del 17 dicembre scorso nella quale il Gip di Genova, Franca Borzone – proprio a seguito di tali “colpi di scena” – non ha potuto (come invece si temeva) emettere il verdetto immediato sull’archiviazione.

Tribunale di Genova

Dovrà infatti decidere se, come richiesto dai Pm, concedere o meno l’archiviazione dell’indagine sul filone dei presunti festini. Rimane anche da chiarire la “questione” del cellulare di David Rossi utilizzato mentre era sotto sequestro per cancellare circa 300 chiamate dall’apposito registro, alcuni sms ma anche per inviare due mail riservate.

Caterina Orlandi denuncia a gran voce che gli atti di Genova si sono fatti più leggeri e alcuni di questi sarebbero spariti nel nulla: addirittura sembra anche la fonoregistrazione di uno dei Pm indagati e la registrazione della testimonianza del carabiniere, depositata dai Rossi più di un anno e mezzo fa, e che non è mai stata presa in considerazione.

Le rivelazioni di un ex carabiniere potrebbero rappresentare la svolta del caso ma non è detto

Inoltre sembra che tali fascicoli siano pure stati rimpolpati da atti ed elementi corrotti e a prima vista inesistenti. La speranza dei familiari della vittima, dei cittadini di Siena e delle persone per bene di tutta Italia è che si possa ottenere giustizia e dignità per David Rossi.

Per fare questo occorre che al più presto venga districato questo enorme groviglio di menzogne, depistaggi, omissioni, contraddizioni, connivenze, complicità, e che, contestualmente, si possano vedere alla sbarra i responsabili dell’omicidio del funzionario Mps.

Tutti auspicano che questo caso, nell’interesse pubblico e istituzionale del sistema giudiziario, non venga archiviato fino a quando i magistrati presunti colpevoli di occultamento non avranno fatto i conti con il medesimo organo che li ha investiti di un potere del quale avrebbero deciso brutalmente e arbitrariamente di abusare.

 

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