Ormai il cambiamento climatico sembra una telenovela mentre i problemi dell’ambiente vanno ricercati altrove. Le iniziative dei big della terra non sono mai partite mentre la temperatura, quella si che si muove inesorabile. Verso l’alto.
Anto’, fa caldo! E’ la locuzione più adatta per descrivere il forte caldo, oltre i limiti, di questi giorni. E’ stato il tormentone di uno spot della Nestea, anno 2002, con una splendida Luisa Ranieri, allora 27enne, in cui lei respingeva le avances del suo focoso compagno per il troppo caldo. Lo spot si concludeva con un thè freddo, percepito nell’immaginario collettivo, come afrodisiaco e dissetante.
La panacea per allentare i tentacoli del caldo. Con le temperature infernali attuali non basta pronunciare la magica frase della pubblicità. Magari fosse così! Il cambiamento climatico di questa estate non si è catapultato sulle nostre teste all’improvviso, ma in lenta e costante ascesa negli ultimi anni. E sembra non volersi fermare.
A parte le doglianze per il sudore appiccicaticcio sulla pelle e le maledizioni lanciate per il caro bollette col condizionatore continuamente acceso, è preoccupante che i patti stipulati dalle istituzioni governative, siano già stati, in parte, disattesi. Il famoso accordo di Parigi del 2015, infatti, prevedeva che l’aumento della temperatura media dovesse restare al di sotto dei 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali.
Inoltre, l’aumento doveva essere compreso entro la soglia dell’1,5°C, che è il limite massimo oltre cui non c’è più speranza né per sopravvivere, né per preservarsi. Sono almeno sette anni che la temperatura continua a crescere. Le tragiche conseguenze, ormai, sono note all’opinione pubblica.
Molto meno ai politici e agli industriali, che invece di affrontare il problema di petto lo nascondono, come con la polvere sotto il tappeto. L’elenco nefasto è, ahimè, lungo: Scioglimento dei ghiacciai del Polo Nord e Sud, che provocherà innalzamento del livello dei mari, che potranno fagocitare molte città sulle coste (Venezia è a forte rischio).
Le montagne per la scarsità di nevi perenni non offriranno più acqua ai fiumi in estate. La tragedia della Marmolada del luglio scorso, dove un enorme blocco di ghiaccio si è staccato, provocando morti e feriti e la secchezza dei nostri fiumi, il Po in primis, sono lì a dimostrare i seri rischi che corriamo.
Per non citare l’immane tragedia dei rifugiati climatici che stanno scappando da luoghi in cui non è più possibile vivere. In queste zone, fiumi e laghi si sono prosciugati, i raccolti sono inesistenti e si sta scatenando una guerra tra bande per le pochissime risorse. L’Europa sta bruciando, purtroppo non di passione, ma per gli incendi che non stanno lasciando scampo. Un’area grande quanto il Molise è praticamente scomparsa, mentre la Spagna, ad oggi, è quella più specificamente danneggiata.
Gli ambientalisti, gli attivisti e gli scienziati da ogni parte del mondo stanno lanciando le loro grida di dolore, esacerbate dall’inettitudine e insipienza di una classe politica che non si è mostrata finora all’altezza del compito loro assegnato. Per non parlare delle grandi aziende che dovrebbero collaborare, innanzitutto per la loro sopravvivenza. Ma anche esse stanno facendo orecchie da mercante. Come ha recentemente affermato Andrea Grieco, ambasciatore del Patto per il Clima, firmato dall’Unione Europea: “Bisogna tornare sulla strada giusta, su cui oggi non siamo!”
Il Patto per il clima è un accordo raggiunto il 13 novembre 2021 alla Conferenza dell’ONU sul cambiamento climatico, tenutasi a Glasgow in Scozia, la famosa COP26 ed è stato firmato dai 197 paesi che vi hanno partecipato. Di accordi, di patti di convenzioni ne vengono firmati a iosa, ma sono come dei manuali delle buone intenzioni, mentre i fatti li contraddicono. Purtroppo non si tratta di tornare sulla strada giusta, perché non è stata mai intrapresa. Bisogna cercarne una nuova. Ora. Perché quelle finora percorse ci hanno portato in un vicolo cieco!