Si addensano le nubi sulla “strana” morte di Luca e Marirosa

Un duplice decesso che, a distanza di anni, resta ancora avvolto da fosche ombre. Indagini e iter giudiziario furono molto tormentati quanto lo stato d’animo delle famiglie delle due vittime. Il fascicolo potrebbe essere rispolverato e l’inchiesta potrebbe essere condotta con l’ausilio delle moderne tecnologie.

Matera – Il caso dei “fidanzatini di Policoro”, definizione errata e odiosa coniata all’epoca da una certa stampa, potrebbe essere riaperto con nuove indagini. La tragica vicenda in cui trovarono la morte Luca Orioli, 20 anni, e Marirosa Andreotta di 22, il 23 marzo 1988 nel bagno della casa della ragazza, ha avuto un controverso iter giudiziario con archiviazioni a cui sono seguite nuove indagini ed ancora archiviazioni.

In copertina Luca Orioli, qui Marirosa Andreotta

Il duplice decesso si era infine concluso addossando alla fatalità, ovvero a un incidente domestico, il decesso dei due giovani quando, alla luce degli eventi avversi, depistaggi, errori, scena del crimine inquinata, perizie false e tendenziose, foto fasulle rimaneggiate, anche un allievo carabiniere si sarebbe accorto che Luca e Marirosa erano stati uccisi. Morti ammazzati dunque e non folgorati prima dallo scaldabagno, poi da un filo elettrico scoperto e poi ancora dal gas che si sarebbe sprigionato solo dalla mente contorta di chi è arrivato a dichiarare una baggianata del genere.

Pur di “proteggere” un pugno di colletti bianchi e mafiosi che per nessun motivo, ora come allora, avrebbero dovuto subire un giusto processo. Sei anni dopo la morte di Luca e Marirosa (un tempo fidanzati, forse, ma soltanto amici sino al momento del loro decesso violento) l’allora capitano Salvino Paternò riusciva ad ottenere il via libera a nuove indagini. Dopo i primi entusiasmanti risultati investigativi la mannaia della connivenza e dei “poteri forti” si sarebbe abbattuta sul bravissimo e coraggioso ufficiale:

Il comandante Salvino Paternò durante un’operazione di polizia

”Ho tentato di far emergere la verità, opponendomi con tutte le forze a perizie palesemente false o scientificamente errate, ma tutte concordi nel classificare l’evento come morte accidentale – racconta Salvino Paternò, già colonnello dei carabinieri e docente di Criminologia – prima dovuta all’elettrocuzione, poi all’avvelenamento da monossido di carbonio, per poi, come in un orrendo gioco dell’oca, ritornare all’elettrocuzione e infine nuovamente al monossido di carbonio. E che dire del medico legale che quella notte non svolse alcuna ispezione cadaverica e, senza neanche aver esaminato i corpi, certificò la morte per elettrocuzione, ignorando la profonda ferita lacero-contusa sulla nuca della ragazza e le lesioni sul corpo di Luca?..

E che dire del pretore onorario che quella notte intervenne sulla scena del crimine, addebitando frettolosamente la causa della morte alla potente scarica elettrica di un caldo-bagno, risultato successivamente perfettamente funzionante e, senza neanche porsi il dubbio sul perché il salvavita non fosse scattato, chiese l’immediata sepoltura senza disporre l’autopsia? E che dire del maresciallo dei carabinieri, comandante della Stazione, che eseguì il sopralluogo senza accorgersi che la scena del delitto era stata palesemente modificata e i corpi più volte spostati? E che dire del consulente tecnico della Procura il quale, per far risultare la morte per elettrocuzione dovuta ad un punto luce mal disattivato, falsò la perizia arrivando a togliere il nastro dai fili elettrici, facendo così credere che fossero ancora in funzione?..

Le gravi ferite sul corpo di Luca che nulla avevano a che vedere con elettricità e gas

Quel perito non solo non fu mai indagato e il reato andò in prescrizione, ma nessuno gli chiese mai per quale motivo si era spinto a tanto. E che dire dell’indagine del sostituto procuratore di Matera? Chi è andato in giudizio è stato assolto. Ma io ho perso la battaglia dopo aver avuto l’ardire di avviare indagini sui “notabili togati” del posto, ottenni un pacchetto regalo con avvisi di garanzia e annesso trasferimento…”.

Chi combatte ancora per conoscere la verità è Olimpia Orioli, mamma di Luca, che da sola non intende affatto mollare sino a quando non otterrà giustizia. Per lei, come per altri, parlano gli atti giudiziari:

Olimpia Fuina in Orioli in una foto di Tony Vece

”A: A parte il fatto che io non credo al fatto che sia un omicidio B: No, no, no, no, no, no… senti io credo che c’era qualcuno in casa e che purtroppo è successo e Luca, innocente, ha dovuto subire. Un qualcuno di… mafioso…scusa, ma Claudio Lovecchio, lo hai mai sentito?”.  

Tratto dal verbale di trascrizione di conversazione telefonica integrale registrata in data 1.8.1996 alle ore 16.30 da giri n.0508 a giri n. 0771 sulla bobina n. 46 pista 1 in entrata al progressivo n. 18, tra A: Giampaolo Mazziotta e B: Raffaella Parente.

Qualcuno si è mai preoccupato di approfondire? E non è finita qui.

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