Settimana lavorativa di 4 giorni: reale possibilità o pia illusione?

Dopo l’esperimento condotto su larga scala nel Regno Unito anche in Italia si torna a parlare di settimana lavorativa corta. Nella fattispecie la proposta arriva da un istituto di credito, che punta a far diventare la settimana ristretta una consuetudine anche in Italia.

Milano – Si parla da decenni di una settimana lavorativa di 4 giorni. Nel 1956, l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Richard M. Nixon disse di averlo previsto in un “futuro non troppo lontano”, sebbene non si sia materializzato su larga scala. Secondo i propugnatori di tale iniziativa, migliorerebbero resa a lavoro e benessere dei lavoratori, che avrebbero un terzo giorno libero a patto di restare in ufficio un’ora in più. Il fenomeno della settimana lavorativa corta è in crescita a livello globale. Il progetto più consistente in tal senso è stato condotto in Gran Bretagna, dove più di 70 aziende stanno sperimentando un periodo semestrale in cui ogni impiegato ha un giorno in più di ferie pagato a settimana.

Il contesto

Ma come si delinea lo scenario generale italiano? Secondo i dati Ocse del 2021, l’Italia è uno dei paesi industrializzati del mondo che lavora di più. Tra i grandi Paesi europei, l’Italia è infatti quello in cui si lavora per più ore: 1.668,5 in media per lavoratore in 1 anno. Ma la produttività non è all’altezza degli altri big europei. In Italia ogni lavoratore produce in media una ricchezza annuale in termini di Pil pari a 70.894 euro, contro i quasi 80mila in Germania e 86mila in Francia. Non solo, cresciamo anche meno: rispetto a 20 anni fa la produttività del lavoro in Italia è cresciuta del 31%, contro il 51% della Germania e il 50% della Francia. Anche in Spagna, che ha valori complessivi più bassi, è cresciuta del 55%. Siamo messi male insomma.

Che impatto quindi potrebbe avere la settimana corta in un contesto del genere? Contribuirebbe a migliorarlo o no? Quel che è assodato è che il mondo del lavoro sta cambiando radicalmente, il driver pandemico è stato determinante per attivare questo processo. L’introduzione estesa dello smart working, insieme con varie modalità di lavoro flessibile, per milioni di lavoratori è diventata una consuetudine che risulta essere gradita: migliora l’umore e favorisce migliori prestazioni lavorative.

Gli esempi europei

Quindi perché non introdurre un’altra modifica? A livello globale sono parecchi i Paesi che stanno sperimentando, oltre al Regno Unito, la settimana corta. Nell’esperimento britannico, menzionato in principio, stiamo parlando di 3.300 lavoratori circa, 35 delle 41 aziende partecipanti hanno dichiarato di essere “probabili” o “estremamente propense” a prendere in considerazione la possibilità di perpetuare i 4 giorni di settimana lavorativa. Tutte tranne 2 delle 41 società hanno affermato che la produttività era la stessa o era migliorata.

In Gran Bretagna l’esperimento ha avuto successo.

Sul tema va detto che si fa anche parecchia confusione come ad esempio nel caso dell’Islanda, portata quale paradigma del progresso in ambito lavorativo. Il Governo della splendida isola nordica infatti ha semplicemente consentito ad alcune categorie di lavoratori di poter ridurre il monte ore settimanali da 40 a 35-36, cosa che in Italia è già in pista da un po’, ma ad esempio per gli impiegati di alcuni settori pubblici la riduzione è stata di 13 minuti al giorno e per i lavoratori dei negozi di soli 35 minuti a settimana. Quindi occhio ai cantori del mantra “Altrove si sta sempre meglio”.

Modalità e differenze

Bisogna poi fare attenzione alle distinzioni e specificare quindi la modalità che viene intesa quando si parla di 4 giorni lavorativi.

In realtà 2 sono le ipotesi di settimana corta:

  • Riduzione orario di lavoro, la settimana lavorativa diventa di 4 giorni e non di 5. Il lavoratore guadagna un giorno libero e, soprattutto, la settimana lavorativa scende a 32 ore settimanali invece che le canoniche 40, con un weekend lungo che comprende anche il venerdì.
  • Compressione dell’orario di lavoro. È l’ipotesi promulgata dal Gruppo Intesa Sanpaolo, che mira a far lavorare un’ora in più ogni giorno una parte del personale, “liberando” un giorno, ma con lo stesso stipendio. L’orario di lavoro resterebbe uguale, ma compresso su 4 giorni.
L’Italia si colloca male quanto a produttività oraria.

Vantaggi e svantaggi

Tra i primi innanzitutto c’è da sfatare il mito che lavorare di più significa essere più produttivi. Oltre un certo limite orario, lavorare comporta una drastica riduzione della produttività. Alcuni dei Paesi più produttivi del mondo hanno settimane lavorative molto corte, e talvolta anche al di sotto delle 30 ore a settimana. Con la settimana lavorativa corta si hanno più ore per il riposo e per ricaricare le energie psicofisiche.

Secondo un rapporto diffuso a novembre dal Boston College, oltre all’incremento della produttività, emerge anche un miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata e una forte riduzione dello stress. Inoltre, le aziende che hanno concesso ai dipendenti un giorno libero a settimana hanno anche registrato un fatturato più alto, minor assenteismo e meno dimissioni. In altre parole, meno tempo al lavoro può essere un ottimo modo per essere più a fuoco quando serve. Altri benefici: minor inquinamento dato dallo spostarsi un giorno in meno e con consumi azzerati per un giorno in più alla settimana.

Tra gli svantaggi annoveriamo il fatto che non tutti i comparti potrebbero adottare la settimana lavorativa corta (sanità, ristorazione, grande distribuzione) e che gli stakanovisti sono sempre in agguato, desiderosi di lavorare di più per aver uno stipendio più corposo. Un’altro ostacolo potrebbe far capolino nei lavori in team: più difficile conciliare orari di lavoro con quelli dei singoli.

Lo smartworking ha rappresentato un enorme cambiamento.

Uno svantaggio per il datore di lavoro potrebbe essere l’alleggerimento delle sue “tasche”. Ad esempio, in un periodo di prova presso una struttura sanitaria svedese, i 68 infermieri esistenti si sono sentiti meno stressati e hanno goduto di una migliore qualità della vita, ma la struttura ha dovuto assumere 17 nuovi dipendenti per compensare la perdita di produttività. Una struttura sanitaria in grado di curare ogni singolo paziente per 4 giorni deve comunque avere dipendenti presenti il 5° giorno. Allo stesso modo, un albergo in grado di pulire tutte le sue stanze in 4 giorni deve comunque avere governanti presenti per pulire le stanze il 5° giorno.

Il dibattito dunque è aperto, la proposta è sul tavolo: spazio ora agli attori politici e sindacali per vedere se questa idea troverà concretezza oppure se resterà uno dei tanti “Prima o poi si farà” nel dimenticatoio del carrozzone istituzionale italiano.

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