Liste d’attesa infinite, costi proibitivi e disuguaglianze: il SSN, un tempo fiore all’occhiello del Belpaese, ora non è più per tutti.
Il recente rapporto ISTAT ha riaperto una ferita sullo stato di salute della sanità italiana, ossia l’aumento della popolazione che si trova costretta a rinunciare all’assistenza medica. Una volta il Servizio Sanitario Nazionale, SSN, rappresentava il fiore all’occhiello per l’orgoglio patrio perché considerato il migliore esistente sulla faccia della terra. O almeno così era la narrazione dominante soprattutto da parte dei politici di turno e della stampa da supporto.
Ed, invece, oggi, il 9,9% di persone, pari ad 1 italiano su 10, è costretto a privarsi di cure ed esami. Tra i motivi del rifiuto forzato, i principali sono: le liste d’attesa, lunghe come un’…autostrada, del 6,8% della popolazione e la crisi economica che continua a far sentire i suoi morsi sulla carne del 5,3% di famiglie. Entrambe le percentuali risultano in crescita rispetto al rapporto del 2023.

Inoltre è in aumento il numero di chi si rivolge alla sanità privata. Quasi il 24% di cittadini ha pagato di tasca propria l’intera prestazione sanitaria, senza tickets e rimborsi assicurativi. Un aumento del 4% rispetto al 2023. A conferma di una velocità che corre su due binari distinti e separati. Da una parte, chi non ha problemi economici e non fatica a rivolgersi al privato e, dall’altra, la maggioranza che non gode, per motivi economici dei diritti di cittadinanza. Quella che una volta, nell’antica Roma era considerata la plebe in contrapposizione ai patrizi, la classe d’élite.
Saranno, forse, i “corsi e ricorsi storici” di vichiana memoria, sta di fatto che a pagare dazio sono sempre gli stessi, da quando l’essere umano ha deciso di mettere piede sulla faccia della terra: i poveri cristi! E tra questi, a subirne i maggiori effetti sono le donne (vatti a sbagliare): 11,4%, i maschi 8,3%; la discrepanza più alta si avverte nella fascia d’età 25-34 anni, in cui le prime sono il 12,5% e i secondi il 7,1%; tra i 45-54enni risiede la classe di età più svantaggiata, dove a rinunciare alle cure sono le donne per il 15,6%, mentre i maschi il 13,4%.

Il divario geografico tra Nord e Sud del Paese sembra, a prima vista, diminuito ma è come il miglioramento del paziente prima di esalare l’ultimo respiro, perché dovuto non tanto ad un miglioramento del Sud quanto ad un peggioramento del Nord. Un altro elemento emerso è il ruolo del livello di istruzione. Più è basso, maggiormente si sacrificano le cure mediche, soprattutto tra gli over 65, di cui il 5,2% non ha potuto curarsi per cause economiche in contrapposizione al 2% provvisto di titolo di studio.
Infine, c’è da segnalare la mobilità sanitaria, per cui 670mila cittadini bisognosi di cure mediche sono costretti a spostarsi dal Sud al Nord del Paese o all’estero, per un esborso per il Servizio Sanitario Nazionale di circa 3 miliardi di euro, costi che pesano sulle spalle delle Regioni. Poiché al peggio non c’è mai fine, anche la spesa per la prevenzione sanitaria ha subito una contrazione, rispetto al 2023, del 18%. Né può rallegrarci più di tanto il fatto che nel 2024 il “Bloomberg Global Health Index”, un indice che analizza le condizioni di salute di 163 Paesi al mondo, ha posto l’Italia al 2° posto dietro la Spagna tra i Paesi in cui si vive bene, grazie alla dieta mediterranea. Per il resto, come si è visto, meglio stendere un velo pietoso!