Sarebbe stato il caso di parlarne prima del metro di distanza, delle mascherine, delle classi zeppe di alunni e cosi via. Invece il Governo ne riparlerà in corso d’opera ovvero a lezioni avviate quando è probabile che si tornerà alla didattica a distanza se le varianti si faranno particolarmente pericolose, a tal punto da cambiare colore alla regione, alla provincia o al paese interessato.
Roma – Se ne riparlerà il 3 settembre per decidere che cosa fare delle “classi pollaio“. Peccato che la scuola inizierà giorno 1 settembre e, come ogni anno, la confusione regnerà sovrana. Quest’anno anche con uno sciopero proclamato dall’Anief per il primo giorno di scuola.
Senza l’auspicata e preventiva riduzione degli alunni per classe, che avrebbe agevolato significativamente il ritorno alla didattica in presenza la scuola non riparte per bene, e si riprende il giro di ruota che non produce efficacia e miglioramento al servizio scolastico.
Infatti le proclamate denunce delle “classi pollaio” sono rimaste parole vuote che hanno riempito i cortei e le pagine dei giornali ma a cui non è stato dato un seguito.
Durante il primo lock-down invece di pensare ai banchi a rotelle, sarebbe bastata la modifica dell’organico per il conteggio degli alunni per classe e, riducendo il numero, controllare il contagio, senza le alchimie che sono risultate improduttive ed inefficaci. Quando non dannose.
Invece sono state “distrutte” tante scuole e molte hanno perduto la loro specifica identità, rimanendo senza mensa, senza laboratori, senza aula magna e qualcuna anche senza palestra. Ora come allora, durante la prima ondata. Tutto ciò non fa presagire nulla di buono per il nuovo anno:
“…Invece di stabilizzare il personale necessario, si è preferito impiegare 400 milioni per confermare l’organico Covid fino al prossimo 30 dicembre – aveva detto il senatore Mario Pittoni, responsabile Dipartimento Istruzione della Lega e vicepresidente Commissione Cultura al Senato – Piuttosto che assumere a tempo indeterminato chi già lavora per lo Stato, è stata messa in atto un’operazione che crea nuovo precariato...“.
Il Piano Scuola 2021, presentato dal ministro Patrizio Bianchi e approvato dalle Regioni, prevede ancora spazi alternativi per la didattica curriculare o aggiuntiva e ripropone alle scuole la possibilità, tramite accordi specifici con gli Enti Locali, di svolgere le attività didattiche in luoghi alternativi agli edifici scolastici.
Con lo stanziamento di 2 miliardi, contraddizioni a parte, si dovrebbe rientrare a scuola in sicurezza. Ci saranno i fondi sufficienti per l’edilizia scolastica leggera e gli affitti di spazi ulteriori per la didattica, l’obbligo del Green Pass per il personale scolastico voluto dall’Esecutivo mentre rimane il metro di distanza e l’uso delle mascherine. Argomenti questi non osteggiati ma poco graditi anche ai sindacati.
Il punto centrale sarà la ripresa delle lezioni in presenza: la chiusura sarà prevista solo in casi “eccezionali” di focolai o di rischio “particolarmente elevato“, si legge nel provvedimento che prevede anche pesanti sanzioni per chi non ottempera agli obblighi previsti: il mancato rispetto delle disposizioni è considerata assenza ingiustificata e, a decorrere dal quinto giorno di assenza, il rapporto di lavoro verrà sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. Si vedrà.
Nel lungo stivale dell’Italia ci sono così tante pieghe dove le proposte del Ministero si nascondono e restano “pii desideri” e “saggi consigli” che purtroppo non si potranno realizzare. Sono, infatti, poche le scuole che potranno avviare una didattica secondo i principi dell’outdoor education.
Una di queste è l’Istituto “John Dewey” di Catania, scuola primaria ad indirizzo internazionale, dove è stata predisposta anche un’aula esterna di lettura tra gli alberi che, con volti immaginari, parlano ai bambini. Per il resto lo ha detto il Governo: se ne riparlerà il 3 settembre. A scuola aperta. Per intanto Buon Ferragosto.