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Scompare il concetto di comunità: 7 su dieci detestano l’ambiente sociale in cui vivono

Lo dice il Censis nello studio “La tentazione di tralasciare”. E negli USA è allarme, si parla di epidemia e di regressione dell’amicizia.

Roma – Solitudine e infelicità, due condizioni comuni a molti italiani. Solitudine e isolamento sociale sono due aspetti tipici delle grandi metropoli e della società contemporanea. A volte vengono utilizzati in maniera intercambiabili, ma come ci spiega la psicologia sociale, hanno significati diversi. L’isolamento sociale è lo stato materiale dell’essere soli. La solitudine, viceversa è una situazione soggettiva, di distacco dal contesto. Può succedere, infatti, di sentirsi soli in mezzo agli altri e, quindi, incompresi o di stare con persone con cui non si ha in comune la stessa scala di valori e interessi. O, ancora, può essere il frutto di relazioni superficiali, soprattutto online.

Queste considerazioni sono state confermate dall’onnipresente CENSIS, istituto di ricerca socio-economica, nel suo studio “La tentazione del tralasciare” per valutare il livello di gradimento degli italiani in rapporto alla società in cui vivono. Sia adulti che giovani hanno dichiarato di detestare l’ambiente sociale in cui vivono, rispettivamente per il 66 e il 72%. E’ emerso, dunque, un infimo concetto di comunità, da cui non può che scaturire solitudine e introspezione. L’aspetto più preoccupante è che la solitudine si accanisce contro bambini, adolescenti, madri giovani, chi è divorziato e gli anziani, soprattutto nelle grandi città. Il fenomeno è diventato un vero e proprio allarme sociale, tanto che negli USA si parla di epidemia e di regressione dell’amicizia.

Gli statunitensi pare che dedicano pochissimo tempo agli amici e conoscenti ed il motivo non va cercato solo nella pandemia, costringendo tante persone a stare da sole, disgregandone il senso di comunità. Il fenomeno è antecedente, è iniziato nel 2014, quasi come se si fosse diffusa una sorta di idiosincrasia verso le persone. La moderna psicologia ha definito questa tendenza “solitudine appressa”, ovvero gli individui, in un certo senso, hanno… imparato a conviverci e si sono adattati alla situazione.

E’ come quando si è vittima di una malattia che cambia lo proprio stato generale e non resta che conviverci per sopravvivere. Da un recente sondaggio è risultato che il 35% dei cittadini statunitensi ha sostenuto che socializzare è meno importante di prima del Covid. Uno degli effetti della solitudine è di essere di pessimo umore senza una ragione valida, forse per il fatto di essere soli. Da questo fatto, secondo alcuni, deriverebbero, ad esempio, atteggiamenti aggressivi contro i lavoratori nei negozi o dei call center. Secondo il CENSIS predomina un soggettivismo sociale, composto, però, da soggetti abbacchiati; un individualismo sfrenato, ma con individui senza forza; un sovrabbondante egoismo con ego molto gracili.

La percentuale di chi si sente parte attiva di una comunità è del 15%, mentre oltre la metà dei giovani ritiene di essere escluso dalla comunità. La difficoltà maggiore è rappresentata dal dato che 3 giovani su 4 ritengono di non sentirne la privazione. D’altronde, come si può dare loro torto con un contesto generale che di stimolante non ha nulla. Prima la pandemia del 2020, poi la guerra in Ucraina e il conflitto tra Israele ed Hamas per tacere dei disastri ambientali globali e delle tante guerre in corso nel mondo.

E poi, ancora, il cambiamento climatico, l’emigrazione di tanti giovani laureati all’estero da cui depauperamento dei territori d’origine. E dovrebbero sentirsi appartenenti ad una comunità che li sta maltrattando, scacciandoli come cani rognosi? Il fatto è che la società super tecnologizzata, sembra aver spazzato via, come un uragano, tutte le modalità di vita precedenti, che si erano sviluppate, a volta con lentezza, nel corso dei secoli. Senza voler esaltare il passato, si intende la famiglia allargata, il vicinato, il rione, il quartiere. Inoltre, i luoghi di ritrovo in cui ci si incontrava con conoscenti ed amici senza la presenza di quegli infernali device tecnologici, gli smartphone. Tutte situazioni in cui si interagiva, si dialogava e ci si scontrava anche. Tuttavia, erano relazioni con l’altro da sé, fatte anche di sguardi e di linguaggio corporeo che oggi sono state annichilite! E ci si meraviglia della solitudine e dell’isolamento sociale?

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