La Commissione Regionale Antimafia, presieduta da Claudio fava, è addivenuta alla conclusione che il Comune di Scicli è stato sciolto per permettere a soggetti terzi di affondare le mani nel grosso affare dei rifiuti urbani e speciali. Con la partecipazione degli 007 e del sistema Montante?
Scicli – “….Resta, intatta, la convinzione di questa Commissione che a quello scioglimento (del Comune di Scicli ndr) è improbabile che si sarebbe giunti se non vi fosse stato un profilo – dell’amministrazione e del Consiglio comunale – fortemente critico nei confronti di possibili nuovi (Truncafila) o più ampi (A.CI.F.) impianti di smaltimento di rifiuti nel territorio della città…”.
Si conclude così la relazione definitiva della commissione regionale Antimafia sul caso dello scioglimento del Consiglio comunale di Scicli, in provincia di Ragusa, avvenuto con decreto del 29 aprile 2015 per mano dell’allora ministro Angelino Alfano. Quell’atto del Governo sembrò sin da subito eccessivo ma poi man mano che venivano fuori i particolari sull’inquietante «Sistema Montante» il reale puparo del «Partito delle discariche» da più parti si è maturata la convinzione che lo scioglimento del comune ibleo sia stato pilotato per favorire interessi privati nel grande business dei rifiuti.
È questa la determinazione della Commissione Antimafia presieduta da Claudio Fava che, dopo 37 audizioni ed un importante lavoro di raccolta di documenti e testimonianze, ha confermato i sospetti che hanno spinto l’avvio dell’inchiesta che, in qualche modo, rappresenta il proseguo della relazione sul ciclo dei rifiuti in Sicilia.
La relazione chiarisce alcuni passaggi rimasti oscuri ma restano ancora tanti i punti interrogativi su una vicenda che per certi versi appare ancora opaca e misteriosa:
“…La Commissione – afferma Claudio Fava – ha provato a dare una risposta, ricostruendo, attraverso un ciclo di trentasette audizioni, passaggi amministrativi ed istituzionali, ravvisando una serie di circostanze che destano non poche perplessità: documenti che scompaiono, verbali delle conferenze di servizio che vengono trasmessi altrove, pareri negativi che diventano positivi, incursioni dei servizi segreti, interferenze politiche, presunte «cupole mafiose» che si rivelano malandrinate di paese, fatti dirimenti non presi in considerazione dalla commissione d’accesso, assenza totale degli organi commissariali nei momenti più critici della vicenda A.CI.F…. E soprattutto il cambio di rotta radicale e immediato nei confronti della gigantesca piattaforma di smaltimento progettata a Scicli: prima fermamente negativo, poi – a comune sciolto – decisamente favorevole…”.
Proprio in queste dichiarazioni di Fava insistono molte delle contraddizioni sul caso Scicli e su uno scioglimento spinto sia mediaticamente che politicamente (in particolare dagli ex senatori Lumia e Giarrusso) con accuse che poi non hanno trovato riscontro in sede giudiziaria.
Tant’è che il tribunale assolveva con formula piena l’ex sindaco Franco Susino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, derubricando anche i reati dei componenti della cosiddetta associazione dei netturbini, non più condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso (e nemmeno per associazione a delinquere), ma per altri reati minori.
Insomma quel che per il ministro degli Interni aveva rappresentato la base su cui costruire l’impianto accusatorio per lo scioglimento, per la magistratura giudicante non sarebbe nemmeno esistito. Se alla procedura che ha portato allo scioglimento della Vigata di Montalbano (avviata con l’insediamento della commissione prefettizia), parallelamente si aggiungono le richieste di autorizzazioni per la realizzazione di una piattaforma per il trattamento di rifiuti speciali e non da 200 mila tonnellate (a circa un chilometro dal centro storico di Scicli, città patrimonio Unesco) ed il coinvolgimento dei servizi segreti che interrogarono il sistema informatico interforze CED-SDI per acquisire informazioni sugli amministratori locali, allora i sospetti diventano più che legittimi.
“…Dunque – si legge ancora nella relazione – i funzionari dell’intelligence italiana consultano la banca dati del Viminale per acquisire informazioni sul sindaco di Scicli (non ancora indagato né imputato, specifica il maresciallo Furnò) e su altri attori di questa vicenda. A che titolo? E soprattutto perché? Quali ragioni di interesse nazionale possono indurre dipendenti dell’AISI ad assumere queste informazioni che si suppone siano utili per difendere la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica?..”.
Già perchè? Domande alle quali la Commissione non è riuscita ad avere risposte in quando dal Viminale hanno fatto sapere che si tratta di atti top-secret, dunque non acquisibili. A questo si aggiungono poi i tanti non so e non ricordo che caratterizzano numerose audizioni o, ancora, ricordi discordanti tra le persone ascoltate. Ci sono poi i pareri fantasma che hanno portato al rilascio di VIA e VAS per l’impianto al quale la politica aveva detto chiaramente no. Da qui la le conclusioni tratte dalla commissione regionale Antimafia:
“…E’ improbabile – si legge in altro passo della relazione – che si sarebbe giunti allo scioglimento se non vi fosse stato un profilo – dell’amministrazione e del consiglio comunale di Scicli – fortemente critico nei confronti di possibili nuovi (Truncafila) o più ampi (A.CI.F.) impianti di smaltimento di rifiuti nel territorio della città. E che a quello scioglimento abbiano concorso, consapevolmente o meno, molte azioni ed omissioni istituzionali, giornalistiche e politiche ed auspicare un pronto intervento sulla normativa prevista dall’art. 143 del T.U.E.L., affinché si impedisca che lo scioglimento di un Consiglio comunale più che a liberare il territorio da supposte interferenze mafiose, obbedisca ad altre motivazioni e serva ad altri esiti…”.
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