SARDINE E CHAMPAGNE

Non è la questione del colore della pelle a far crescere il consenso di Salvini, ma il vuoto legislativo all’interno del mondo del lavoro, la continua lotta al ribasso tra i salariati, il lavoro in nero, le malattie non pagate e le ferie utopistiche.

Cresce la Lega nei sondaggi, incrementa di 0.7 punti percentuali il suo bottino di voti. Il partito di Salvini non sembra accusare le cosiddette sardinate dei ragazzi dal volto pulito che si radunano in nelle piazze d’Italia al grido di pace e amore. I pesciolini stanno diventando vittime del loro stesso gioco, mancando totalmente di maturità e responsabilità politica.

Lanciano slogan privi di contenuto, con l’unico intento di raggruppare quante più persone nelle piazze italiane per creare un illusorio sentore d’antagonismo. Le Sardine, però, non vogliono sporcarsi le mani, non vogliono perdere la “verginità” politica e preferiscono non schierarsi. Non parlano del MES, non parlano di reali problemi avvertiti dalla popolazione e continuano a fomentare una reazione opposta da pare dei residenti nei quartieri popolari. Ebbene sì, la Lega, infatti, al contrario di quanto si potrebbe ipotizzare ha concentrato le sue roccaforti proprio nelle zone subalterni della nazione, proprio dove le contraddizioni prodotte dalla classe politica – dalla sinistra in primis – hanno creato un clima d’odio, di paura e di disillusione verso il futuro.

Nell’ultima tornata elettorale, infatti, il 17% dei votanti del Carroccio apparteneva alle vecchie file dell’elettorato del PCI, dato su cui riflettere attentamente. È troppo facile, infatti, imputare alla popolazione i demeriti dell’ascesa di Salvini. Il parlare alla pancia della popolazione da parte dei vecchi seguaci di Bossi non avrebbe trovato il terreno così fertile se i semi di tale degenerazione non fossero stati già piantati dalla trasformazione della sinistra. Proprio quella sinistra che, velatamente ma non troppo, difende il movimento delle Sardine proponendo ancora una volta l’avanzamento dei diritti civili a discapito di quelli sociali. Non è la questione del colore della pelle a far crescere il consenso di Salvini, ma il vuoto legislativo all’interno del mondo del lavoro, la continua lotta al ribasso tra i salariati, il lavoro in nero, le malattie non pagate e le ferie utopistiche. È la legge del “meno peggio” che ha contribuito alla crescita del sovranismo in Italia, le delocalizzazioni e la cancellazione dell’articolo 18, tanto voluta dal neoliberista Renzi e avallata da tutta la sinistra. Il divampare di un sentimento pseudo razzista in Italia non è imputabile esclusivamente a Salvini, sarebbe troppo facile così, bisogna risalire alla radice del problema, ovvero sulla scomparsa di un partito posto in difesa dei lavoratori.

Cantare Bella Ciao in piazza non fermerà l’avanzata dei vari Meloni e Salvini, procurerà solo più rabbia da parte di quella maggioranza di popolazione che non frequenta i salottini della sinistra radical chic, una sinistra che preferisce fare i flash mob rispetto agli scioperi con i lavoratori o ai picchetti con i licenziati.

O si riparte dal lavoro e si mette in discussione il ruolo egemone dell’Europa o, altrimenti, il 30% della Lega sarà destinato a crescere.  

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