“Sapore di sale, sapore di mare”? Neanche per idea: per molti lavoratori la vacanza è “off limits”

Inflazione, prezzi alle stelle e scarso potere d’acquisto: così si rinuncia alle ferie non per scelta ma per mancanza di soldi.

“Sapore di sale, sapore di mare” recitava il noto brano musicale di Gino Paoli nel 1963, divenuto a tutti gli effetti un classico intramontabile della musica italiana. E’ estate, molti possono andare finalmente in vacanze, tanto agognate e sognate. Vacanze che non sono alla portata di tutti, anzi per molti lavoratori europei sono “off limits”.

Secondo un’indagine condotta dalla Confederazione europea dei sindacati (CES), quasi 40 milioni di persone le vacanze, seppure per una settimana le vedono col binocolo. Di questo sostanzioso numero, oltre 6 sono nostri connazionali. Per la cronaca, va segnalato che lo studio ha riguardato gli anni 2021 e 2022, in cui l’economia era ancora sotto shock per gli effetti della pandemia e, quindi, spostarsi era più complicato. In Italia, inoltre, è, tuttavia, peggiorato il tasso di povertà assoluta. L’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) ha diffuso dei dati secondo cui è cresciuta di quasi il 3%, tra gli occupati, nell’ultimo decennio e, ovviamente, è aumentata tra i lavoratori con redditi bassi. Poi, si sa come vanno le cose quando c’è di mezzo la statistica: vengono diffusi dati che, per l’ignaro cittadino, sconfessano i precedenti, almeno in parte.

Secondo YouTrend, noto magazine web sui trend sociali, le stime per quest’anno sembrerebbero buone. Andranno in vacanza, infatti, il 21% degli intervistati -il campione, però non era composto solo da lavoratori- mentre nel 2022 la soglia era del 12%. E’ chiaro che si rinuncia alle ferie non per scelta, ma perché “l’acqua è poca e la papera non galleggia”, nel senso che la “grana” ha preferito altri lidi. Come summenzionato lo studio ha riguardato gli anni 2021 e 2022 e secondo i dati Eurostat (l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea) le stime per il 2023 non sono affatto rosee. Infatti è stato un anno dominato dall’inflazione, dall’aumento dei prezzi e dalla stretta monetaria della Banca Centrale Europea (BCE). In Economia, si intende un’improvvisa riduzione della disponibilità generale di prestiti o un improvviso stringimento delle condizioni richieste per ottenere un prestito dalle banche.

La ricerca della CES si è basata sul reddito e sul tenore di vita dell’Unione Europea riguardante i lavoratori compresi nella fascia d’età tra i 18 e 64 anni. Come indicatore economico è stata calcolata la possibilità di poter andare in vacanza per una settimana. I dati hanno evidenziato in maniera netta che l’ascensore della scala sociale si è bloccato al piano terra, provocando un vistoso incremento delle diseguaglianze economiche. Andare in vacanza è stata una delle conquiste più rilevanti delle classi lavoratrici. Una volta erano accessibili solo alle classi benestanti. Tutto ebbe inizio col cosiddetto “boom economico” degli anni ’60, quando un’economia in espansione e l’allargamento della base produttiva, permisero una crescita notevole. La vacanza, secondo alcuni studiosi, non dovrebbe essere considerata un lusso, ma un momento della vita in cui il tempo libero dovrebbe essere benefico per la salute fisica psicofisica dei lavoratori.

La CES ritiene che i Paesi dell’Unione Europea (UE) debbano estendere ad un più vasto pubblico di lavoratori gli effetti positivi della contrattazione collettiva, secondo cui si potrebbero godere due settimane in più all’anno. E se i lavoratori decidessero di rispettare l’etimo della parola vacanza, dal latino vacantia, ovvero vacare, essere vuoto, libero e decidessero, per scelta, di non partire, ma di abbandonarsi al vuoto e alla libertà del pensiero? Questa sì, sarebbe una vera rivoluzione!

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