Sanità pubblica in ginocchio: in Italia i poveri non possono curarsi.

Il post Covid ha lasciato in mutande un sistema che ormai vola verso la completa privatizzazione. Liste di attesa lunghe mesi ed anni, costi di visite ed esami alle stelle: serve un intervento deciso da parte del governo. Se mai arriverà.

Roma – La sanità pubblica scricchiola e si ravvisa la necessità di un’inversione di tendenza. Non è più tempo di attese e furbizie, ma è necessario un maggiore investimento per riportare ordine in un settore nevralgico e delicato come la sanità. Quest’ultima è il cardine del welfare, un diritto fondamentale sia per l’individuo che per la collettività così come sancito dalla Costituzione.

Insomma, è la vera priorità di questo tempo. La salute pubblica è il più importante diritto, e come tale va salvaguardato. Non si può più tergiversare e aspettare tempi economici migliori, perché con investimenti sotto il 7% si mette a rischio l’intero sistema di tutele e si crea un paese più povero, ingiusto e diseguale. Non è accettabile che in Italia ci siano 4 milioni di persone che non possono curarsi per mancanza di soldi.

Indelebile l’affermazione di Papa Francesco durante la preghiera solitaria all’inizio della pandemia, quando disse che “peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”. Ecco, stiamo sprecando gli insegnamenti arrivati con il covid. C’è ancora la possibilità di salvare il SSN, incrementando il fondo sanitario nazionale, per finanziare il sistema e riformarlo, per valorizzare il personale sanitario, per riformare la medicina territoriale e dare piena attuazione al PNRR, in modo da garantire l’accesso alle terapie e alla prevenzione. Serve, però, volontà politica e unità di intenti, ricordandosi che investire in sanità significa mettere in sicurezza la tenuta economica e sociale del paese. Attualmente sta aumentando la spesa per cure, farmaci ed accertamenti sostenuti direttamente dai cittadini e sta, contemporaneamente, crescendo anche il privato convenzionato finanziato con soldi pubblici.

La tendenza è ormai certa il SSN sta diventando privato

Il vero paradosso è che, come certificato da uno studio di ricercatori Istat, la maggiore spesa privata non ha comportato alcun miglioramento dell’offerta sanitaria, misurata sul livello di adempimento dei Lea, ossia dai livelli essenziali di assistenza. Siamo, pertanto, in una condizione di sofferenza generale che dovrebbe far capire al governo che intervenire a breve, medio e lungo termine non è più differibile. Ci vuole coraggio e reale interesse, abbandonando il metodo del “subito ed ora”, solo per carpire un consenso politico immediato. Certamente la programmazione fa paura ad ogni esecutivo, in quanto le dinamiche che regolano l’apprezzamento sociale impone che ogni riforma sia plasticamente visibile fin da subito, onde evitare le speculazioni delle opposizioni di turno.

Ma il nulla determina altro vuoto, come il silenzio è peggiore molto spesso di qualunque frastuono. Le cure che il SSN deve garantire ai cittadini sono molto spesso insufficienti, i medici che fuggono nel privato, le infinite liste d’attesa e i ritardi su ricoveri, screening e visite, fanno rumore e sono ormai divenute tecniche ordinarie folli. Non sono servite le ferite acuite con la pandemia, con l’aggravante che si evidenzia sempre più non essere soltanto un problema di fondi ma anche di competenze e di gestione delle risorse. È, insomma, indispensabile discutere quale modello di sanità vogliamo e le riforme da intraprendere.

Orazio Schillaci ministro della sanità del governo Meloni

E questo dovrebbe suggerire maggiore prudenza a chi vuole andare avanti sulla strada dell’autonomia differenziata che rischia di rendere ancora più complesso questo quadro di grande sofferenza e lavarsi le mani dal problema, investendo di responsabilità ancor più le regioni che hanno i conti in rosso. La conseguenza è che il definanziamento della sanità sta portando alla sua inesorabile privatizzazione. Così chi ha mezzi può curarsi, mentre i fragili a basso reddito, no. La programmazione economica prevista per i prossimi anni conterrà ancor di più la spesa rispetto al PIL, attestandosi ai tempi pre Covid. La legge di bilancio, per esempio, dell’ultimo governo ha fatto scendere la spesa sanitaria al 6,7 e in prospettiva, con molta probabilità, al 6,2 nel 2024.

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