La crisi della sanità pubblica sembra irreversibile tra tagli, carenze di personale e liste d’attesa interminabili.
Una sanità in coma annulla il diritto alla salute! Ormai lo sanno pure i sassi: la sanità italiana è talmente malata che è come un paziente in coma irreversibile. D’altronde i cittadini italiani stanno vivendo questo dramma sulla loro pelle. Quando ci si reca a un pronto soccorso o in ospedale per eseguire degli esami l’attesa è talmente enorme, che si fa prima a crepare! Si conoscono a menadito le cause di tale situazione: carenze strutturali, risorse finanziarie che decrescono ogni anno, spese che finiscono in rivoli incontrollati, il personale sanitario che si fatica a reclutare.
E’ chiaro che, a questo punto, il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, si trasforma in un artificio teorico, per fare bella mostra di sé nei salotti intellettuali. Ma nella pratica quotidiana diventa inesercitabile e inapplicabile. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione GIMBE, il cui scopo è promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario, nel decennio 2012-2023 ci sono state perdite finanziarie di 28 miliardi di euro. Il 50% di esse si è verificato negli ultimi quattro anni. Guarda caso il periodo della pandemia, vista come la causa di tutte le criticità, quando, in realtà, ha solo accentuato un problema già in essere. L’incapacità di programmare e anni di investimenti sempre più ridotti hanno neutralizzato le potenzialità del personale.
Questa discesa agli inferi produrrà servizi sanitari e territoriali molto inadeguati rispetto alle esigenze di salute della popolazione. Il rapporto ha evidenziato i fattori da cui è scaturito il collasso del sistema sanitario nazionale, tra cui i principali sono: una scarsa pianificazione e di corto respiro nell’assumere e formare il nuovo personale: chiusura stretta dei cordoni della borsa, che nell’ultimo decennio hanno sottratto ingenti risorse finanziarie che hanno fatto mancare la terra sotto i piedi mandando alle ortiche l’efficienza del personale; la carriera dei dipendenti praticamente bloccata, accompagnata da situazioni complicate (non solo la mancanza di personale ma anche le continue aggressioni che i sanitari subiscono da parte della cittadinanza) ha determinato l’auto licenziamento di molti medici per trasferirsi nel privato o emigrare all’estero, dove le condizioni ambientali e remunerativi sono molto più soddisfacenti.
L’Italia è un Paese particolare, nel senso che è dotata di molta creatività, inventandosi un vero e proprio “coup de théâtre”, che se va bene nello spettacolo e nell’arte, è controproducente in un settore come la sanità. Infatti, il paradosso riguarda la crescita delle spese sanitarie a causa dei cosiddetti “gettonisti”. Ossia di personale assunto a tempo, per la grave carenza di personale, che alla fine costa più di un dipendente strutturato. Sarebbe interessante conoscere le menti sopraffine che hanno sortito una simile boiata, per insignirli del premio alla… competenza dello sperpero di denaro pubblico. Infatti, la spesa è più che raddoppiata, rendendo i bilanci delle Regioni soggette a piani di rientro ancora più in affanno con la spesa che supera quelle delle altre.
Dovrebbe essere impedito, se i controllori sapessero e volessero svolgere le loro funzioni. Invece capita di tutto, perché in Italia… “funziona tutto tranne lo Stato”, come disse Oreste Lionello nel film “Attenti a quei P2” del 1982. A conferma che le soluzioni tampone peggiorano l’erogazione dei servizi e aumentano la spesa. Senza una seria riforma strutturale in futuro non potremo che aspettarci situazioni analoghe. Non pare che tra le mura dei palazzi del potere sibilano venti che vadano in questa direzione. Anzi si sente un sordido rumore di “privatizzazione”!