Sanità, il decreto “liste d’attesa” è legge. Ecco cosa cambia per i cittadini

Le prestazioni andranno comunque garantite anche attraverso l’apertura a centri accreditati o convenzionati. Le visite diagnostiche e specialistiche vengono estese nel weekend.

Roma – Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il decreto “Liste d’attesa” è diventato legge. Negli auspici dell’esecutivo il nuovo provvedimento dovrebbe alleviare, appunto, l’annoso problema delle infinte liste di attesa nel sistema sanitario nazionale, dove i tempi si sono allungati al punto da mettere in forse il diritto alla salute dei cittadini.

Vediamo cosa cambia con la nuova legge, anche se il ministro della Sanità Schillaci ha premesso che i primi risultati “si potranno apprezzare soltanto a partire dall’autunno”. Viene introdotto il cosiddetto “Salta fila” un meccanismo in base al quale se, al momento della prenotazione della visita, non c’è posto o l’esame in ospedale non è possibile entro i tempi massimi stabiliti, l’Asl dovrà assicurare la prestazione nei tempi previsti in una struttura privata accreditata oppure dentro l’ospedale ricorrendo alla libera professione dei medici. Il paziente dovrà pagare il ticket ma non versare altri costi aggiuntivi.

Il ministro della Sanità Orazio Schillaci: “Primi risultati a partire dall’autunno”.

Altra novità prevista è quella di estendere al sabato e alla domenica le visite e gli esami nelle strutture sanitarie e anche di prolungare le fasce orarie in cui è possibile fissare gli appuntamenti. L’apertura straordinaria è prevista anche per i centri di trasfusione per garantire l’autosufficienza del fabbisogno di sangue. Uno dei punti salienti del decreto è l’introduzione di un’imposta sostitutiva del 15% sui compensi erogati ai dirigenti sanitari e al personale sanitario per le prestazioni aggiuntive svolte. L’obiettivo è quello di incentivare il personale a fare gli straordinari perché economicamente più convenienti e, di conseguenza, ridurre i tempi di attesa per i pazienti.

Il decreto prevede ancora la creazione di un Cup a livello regionale o infraregionale, che includa sia gli erogatori pubblici che i privati convenzionati con l’elenco di tutte le agende e dei posti disponibili per ogni singola prestazione sanitaria. A oggi solo 13 Regioni hanno attivato Cup unici con un solo numero di telefono che i cittadini possono chiamare per prenotare visite. E ancora meno Regioni hanno unificato in una sola piattaforma le agende degli ospedali pubblici e dei privati convenzionati. Dal Cup i cittadini riceveranno una chiamata due giorni lavorativi prima della visita o dell’esame prenotato per confermare o cancellare l’appuntamento. Se non ci si presenta all’appuntamento senza aver effettuato la disdetta (tranne che per cause di forza maggiore) bisognerà pagare comunque il ticket.

L’Agenas, Agenzia per i servizi sanitari, avrà il compito di gestire una piattaforma delle liste di attesa nazionale che mira a migliorare l’accesso ai servizi sanitari per i cittadini e il personale medico. La piattaforma dovrebbe anche migliorare il monitoraggio e la misurazione delle prestazioni in lista di attesa su tutto il territorio italiano, sia per il sistema pubblico che per i privati. In sostanza sul sito si avrà un quadro puntuale e reale dei tempi di attesa per prestazione, regione per regione.

Resta comunque alla Regioni la responsabilità del rispetto dell’efficienza di erogazioni dei servizi sanitari. A questo scopo, entro 60 giorni le Regioni dovranno istituire una Unità dedicata (l’Unità centrale di gestione dell’assistenza sanitaria e dei tempi e delle liste di attesa), che dovrà individuare, entro 90 giorni, un Responsabile unico regionale per l’assistenza sanitaria (Ruas). Qualora le Regioni non individuino questa figura nei tempi previsti o si verificheranno ripetute inadempienze, l’Organismo di controllo nazionale potrà intervenire con poteri sostitutivi. Infine, si incrementa del 5% l’attuale tetto di spesa per tutto il 2024.

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