Sanità: continuano i “viaggi della speranza” dal Sud alle regioni del Nord

Tante ancora le criticità per curarsi, dalla carenza di personale medico e infermieristico alle liste d’attesa lunghe quanto un’autostrada.

Roma – Continuano i “viaggi della speranza“ dal Sud al Nord del Paese. I problemi della sanità sono, ormai noti a tutti. Alla carenza di personale medico e infermieristico, alle liste d’attesa lunghe quanto un’autostrada e ai pronto soccorso, in cui si rischia di restare parcheggiati per giorni, si aggiungono i cosiddetti “viaggi della speranza”. Si tratta di persone che si spostano da una regione all’altra, quasi sempre dal Sud al Nord del Paese, per curare gravi malattie.

Quest’aspetto, da un lato, conferma l’universalità del diritto di cura in qualsiasi area geografica del Paese, ma ne dimostra anche il divario delle offerte assistenziali delle varie regioni. Le regioni più… seducenti risultano essere Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, quelle da cui scappare a gambe levate Campania, Calabria e Sicilia. Negli ultimi tempi si è registrata una crescita dell’emigrazione di prossimità tra le regioni del Centro-Nord.

Durante la Conferenza Stato-Regioni dell’11 luglio scorso è stato siglato l’“Accordo interregionale per la compensazione della mobilità sanitaria”, che definisce le tipologie di prestazioni oggetto di compensazione interregionale, i tracciati, le modalità e le tempistiche che regolano lo scambio dei dati. In particolare: ricoveri ordinari e in Day hospital, medicina di base, medicina ambulatoriale specialistica e pronto soccorso, farmaceutica, cure termali, farmaci a somministrazione diretta, trasporto con ambulanza ed elisoccorso. Gli importi, infine, vanno ripartiti nei saldi, che possono essere positivi o negativi. Quasi sempre sono le regioni del Sud ad avere la spia lampeggiante rossa, mentre quelle del Nord hanno saldi positivi. In questo caso si integra il riparto del fondo sanitario nazionale.

Il nostro Paese vive una strana contraddizione. La Costituzione garantisce a ognuno di curarsi dove gli pare, senza impedimenti di sorta. Ma, allo stesso tempo, prevede che ogni Regione dovrebbe garantire i famosi Lea (Livelli essenziali di assistenza), ma non tutte le sono in grado di farlo e non raggiungono nemmeno il livello minimo per ogni area assistenziale. C’è da dire che, a volte, la mobilità sanitaria non avviene per alte competenze specialistiche, ma anche per casi che potrebbero essere risolti in loco, come, ad esempio, le malattie muscolo-scheletriche. La migrazione, in questo caso, deriva più da una sorta di marketing sanitario trasmesso dagli specialisti che da una oggettiva esigenza.

Le liste d’attesa rappresentano un nervo scoperto della sanità italiana. Ebbene, per chi arriva da fuori regione i tempi di attesa sono inferiori rispetto a residenti. Tutto questo per suscitare un forte richiamo per le strutture e per invogliare più cittadini di fuori regione a spostarsi. La sanità come un’agenzia di viaggi! La regione scartata paga un prezzo doppio: il debito per la prestazione sanitaria fornita da un’altra regione e il conto da pagare per l’organizzazione del suo sistema regionale. È come se saltasse l’equilibrio domanda-offerta nella regione di provenienza.

Secondo i dati diffusi dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, la regione Emilia-Romagna ha presentato ricavi molto cospicui per la mobilità attiva, in quanto offre un sistema pubblico, universalistico e altamente complesso ed efficiente. Al contrario, ci sono regioni anch’esse in positivo per la mobilità sanitaria come la Lombardia e il Veneto in cui i movimenti di denaro si trasferiscono verso, anche, grandi strutture private. Col risultato che la sanità meridionale si depaupererà ancora di più, mentre il Nord si arricchirà non solo perché le risorse finanziarie andranno verso la sanità, ma rimpinguerà le tasche, anche, di chi offre vitti e alloggi.

D’altronde è un copione trito e ritrito: va avanti dall’Unità d’Italia!

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