Le costruzioni abusive e la cementificazione selvaggia sono in aumento nel Bel Paese anche in virtù di norme spesso difficili da applicare. Le demolizioni sono ancora ben poca cosa mentre lo Stato fa pagare le tasse sugli edifici costruiti di frodo.
Roma – Cemento, cemento e ancora cemento. Così in Italia si continuano a deturpare le bellezze paesaggistiche del Bel Paese, perché una casa fronte mare fa gola a chiunque e tanto, prima o poi, arriverà un bel condono a sistemare le cose. Tutto questo nel paradosso tutto italiano di uno Stato che, invece di abbattere le case abusive (ciò avviene solo in rarissimi casi) fa pagare le tasse sui fabbricati edificati di frodo. Il dato è comunque chiaro: l’abusivismo in Italia continua a crescere.
Lo dicono i numeri resi pubblici da Legambiente nel report “Mare Monstrum 2020” che delinea un quadro preoccupante di un fenomeno illecito dilagante che si aggiunge a tanti altri reati che violentano le coste che tutto il mondo ci invidia. Nel 2019 sono stati ben 23.623 i reati contestati (il 15,6% in più rispetto all’anno precedente), con 22.564 persone denunciate o arrestate e 6.486 sequestri (con un incremento dell’11,2%), per un valore economico che ammonta a circa 520 milioni di euro.
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In generale il trend, salvo un calo nel 2016, è in costante aumento. Il 52,3% di tutte le infrazioni contestate si concentra in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, ossia le cosiddette quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Dove c’è mafia, insomma, c’è abusivismo e, purtroppo, le mafie imperversano laddove vi sono le spiagge più belle. Quello del ciclo del cemento, tra tutti i reati, rappresenta quello più diffuso con il 42,5 degli illeciti sanzionati. Le reginette di questa classifica sono location incantevoli come Ischia, Scala dei turchi e Triscina in Sicilia. Posti dove l’abusivismo edilizio è “di casa”. A farla da padrona, comunque, è la Campania, con la Costiera amalfitana, le isole napoletane e la costa cilentana in prima linea.
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Un fenomeno che, a differenza che nelle altre regioni, si manifesta con abusi “minori”realizzati su immobili preesistenti, oppure si nasconde nei Parchi e si concentra nell’entroterra dei comuni costieri. Come nel caso, tragico, del crollo di un muro di contenimento che lo scorso 1 giugno è costato la vita a due operai a Pianura, quartiere di Napoli, dove domina l’abusivismo: un italiano di 61 anni e un ventenne nordafricano, sono rimasti sepolti nella frana che ha investito il cantiere illegale in cui lavoravano per la costruzione di una villa secondo le indagini avviate dal Nucleo antiabusivismo del Comune di Napoli.
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Lavori abusivi, operai in nero e immancabile tragedia. Senza dimenticare poi il martoriato litorale di Castelvolturno, un’ambiente naturale straordinario devastato dal cemento illegale di 24mila immobili, un tempo meta preferita del turismo napoletano e che oggi giace nell’abbandono e nel degrado. L’anno scorso la Regione presieduta da Vincenzo De Luca ha avviato una prima tranche di abbattimenti di villette abbandonate sulla spiaggia di Bagnara ma è solo l’inizio. Rimane ancora molto da demolire e molto da riqualificare.
La presenza di case abusive vuol dire poi anche scarichi abusivi in mare. Un mix letale che, se aggiunto ai rifiuti che vengono lasciati in spiaggia, accumula inquinamento su inquinamento. In un contesto sconvolto dove la nicchia ecologica è una malata terminale.
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