Un manipolo di parlamentari ha inscenato una forte protesta perché i pasti di Montecitorio non soddisfano le loro delicate e aristocratiche papille gustative. Il resto d'Italia fatica per mettere insieme due pasti.
Roma – Pare che le vivande non soddisfano il delicato palato dei parlamentari. Se il popolo annichilito ormai non ha neppure più la forza di aprire bocca, ci pensano i nostri degni condomini del Palazzo a farsi sentire. E’ scoppiata la rivolta della buvette. Un manipolo di parlamentari ha inscenato una forte protesta perché i pasti di Montecitorio non soddisfano le loro delicate e aristocratiche papille gustative.
“E’ in gioco la considerazione per la funzione parlamentare” ha gridato stizzito Ettore Rosato, capogruppo di “Italia Viva”, uno dei leader dei ribelli. Già, esiste pure il partito fondato dall’enfant prodige della politica italiana Matteo Renzi, che è stato dato per morto dai critici cattivi per le percentuali irrisorie alle ultime elezioni regionali. Ed invece sembra viva e vegeta quell’Italia, tanto che il suo capogruppo si dice disposto anche alla pugna pur di ottenere pranzi in ristoranti stellati, come è giusto che sia.
Che coraggio, che ardimento, degni del nostro inno nazionale: “sSam pronti alla morte, l’Italia chiamò”. Armati di scolapasta come elmo e nelle mani matterello e mestolo, lancia in resta, sono decisi ad affrontare l’ardua impresa con risolutezza. Con sprezzo del pericolo, in quella che può essere considerata la madre di tutte le guerre che la storia del nostro Paese ricordi, non hanno manifestato alcuna titubanza. “Siam pronti a non morire di fame, l’Italia chiamò”, è il loro motto.
D’altronde se non sono in perfetta forma fisica come possono affrontare le cruente battaglie parlamentari? Ora, secondo la Treccani, la buvette è un “piccolo bar per la mescita di bibite e liquori, talora con carattere di snack bar, in ritrovi pubblici come teatri, circoli, o anche in uffici, ministeri, etc. Celebre quella di Montecitorio”. Altro che piccolo: sugli scaffali in stile liberty sono esposte in bella mostra una serie di bottiglie di vino “Puglia Rosso Igp”, Primitivo in purezza al 100%. Sull’etichetta primeggia una V con sotto la dicitura in nero su sfondo bianco “Il Bruno dei Vespa”, un vino dal gusto forte, quasi pungente.
Da “Porta a Porta”, il noto e pluridecennale talk show televisivo del Vespa nazionale, alla buvette di Montecitorio il passo è stato breve. E’ o non è la “terza Camera del Parlamento” come sentenziò il Divo Giulio, al secolo Andreotti? Già nel corso del 2019 era suonato un campanello d’allarme, foriero di quello che è successo qualche giorno fa.
I “nostri eroi” protestarono per l’aumento dei prezzi delle vivande, comunque estremamente inferiori rispetto a ciò che spendono i comuni mortali. Secondo il M5S l’aumento scaturì dal fatto che la Camera non pagava più il canone annuale di gestione, ora passata a Cir Food cooperativa italiana di ristorazione, consentendo un risparmio di 200 mila euro annui.
Evidentemente quando la pancia e la tasca protestano non ci sono santi che tengano. “Non hanno più pane, che mangino brioche” urlò Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, regina di Francia, riferendosi al popolo affamato durante una rivolta per la mancanza di pane.
E’ la stessa frase, in una sorta di nemesi storica, che il popolo italiano potrebbe gridare ai rivoltosi. Unita ad un’altra che pronunciavano i nostri nonni quando da piccoli ci si lamentava del pasto preparatoci dalle mamme: “La vanga ci vorrebbe, altro che lamenti”. Ma siamo proprio sicuri che siano capaci di usarla? Meglio stendere un velo pietoso. Oppure alle parole far seguire i fatti com’era stato per l’aristocratica asburgica a cui i giudici avevano tagliato la testa. Con la ghigliottina, de toute évidence…