ROMA – LA COLONIZZAZIONE DELLE MAFIE SEMBRA INARRESTABILE: GUAI AD ABBASSARE LA GUARDIA

Non c'è regione d'Italia che non sia stata bacata dalle mafie in generale, dalla 'ndrangheta in particolare. la più attiva fra le organizzazioni criminali. Specie le regioni più ricche del Nord Italia sono ormai le vere roccaforti dei clan.

Roma – Innumerevoli indagini hanno stabilito, nel corso degli anni, la presenza della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla ”casa madre”, cioè la Calabria. Secondo gli inquirenti è in corso da anni una sorta di ”colonizzazione”, determinata dal trasferimento di affiliati calabresi in nelle regioni del Nord Italia maggiormente sviluppate dal punto di vista economico.

Proprio qui avrebbero preso forma le articolazioni criminali di base della ‘ndrangheta, cosiddette ”locali”, che hanno mutuato le regole di funzionamento e trasformato le stesse iniziative criminali rispetto a quelle calabresi. Ramificazioni presenti sia in tutto il Bel Paese che all’estero, autonomamente operative ma, in ogni caso, sempre legate e dipendenti dalle famiglie mafiose dei territori d’origine.

Antonio Dragone

La prima gemmazione dell’organizzazione criminale in Emilia Romagna, ad esempio, risale al 1982, quando il capo Antonio Dragone – per tutti il bidello di Cutro, in provincia di Crotone – veniva trasferito a Quattro Castella, piccolo comune della bassa reggiana, per scontarvi una pena detentiva in regime di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Una misura cautelare che, in teoria, sarebbe servita ad allontanare i mafiosi da città e paesi d’origine.

Ma, in pratica, così non è stato. Infatti Dragone riusciva a far confluire sul territorio reggiano i familiari più stretti e, contemporaneamente, alcune attività tipicamente devianti quali traffico di droga, estorsioni e controllo degli appalti edili che, man mano, si sono estese anche alla provincia modenese.

L’auto di Dragone caduta in un agguato

Una radicalizzazione così forte che le floride province emiliane diventavano teatro di una guerra di ‘ndrangheta contro la cosca Vasapollo-Ruggiero per il controllo del ”nuovo territorio”, culminata con due omicidi nel 1992. Antonio Dragone veniva arrestato un anno dopo e il controllo passava nelle mani del figlio Raffaele fino al 1993, anno in cui anche lui finirà in galera. Dragone finiva la sua “carriera” morto ammazzato.

A quel punto il controllo della ‘ndrina veniva assunto da Nicolino Grande Aracri, affiliato di primo piano dell’organizzazione criminale e conosciuto anche come ”Mano di gomma” poichè, a causa di un incidente, aveva perso parzialmente l’uso di un arto superiore. E così, il nuovo boss, iniziava a gestire un cospicuo traffico di stupefacenti che sconfinava dall’Emilia arrivando fino in Lombardia, altra regione-roccaforte dei clan calabresi.

Nicolino Grande Aracri

Ma non solo. Tra il 2004 e il 2005 l’associazione mafiosa realizzava un consorzio di imprese nel settore edilizio e in quello dell’autotrasporto per consentire alla ”casa madre” cutrese e alla ”locale” emiliana di ottenere altissimi profitti a fronte dell’emissione di una montagna di fatture false. Ma all’alba del 28 gennaio 2015, questa sorta di “impero trapiantato” veniva smantellato da tre operazioni di polizia congiunte: “Aemilia”, “Pesci” e “Kyterion”.

Cadevano, così, le pedine di un sistema criminale che, partendo dal paesello di Cutro, toccava Reggio Emilia, Modena, Parma, Piacenza e Mantova. In tutta Italia venivano arrestate 160 persone, di cui 117 in Emilia Romagna, con 189 capi d’imputazione. La Lombardia non era nuova ad operazioni di tale natura con l’indagine “Infinito” di cinque anni prima. Ma per l’Emilia, che si riteneva ”immune” da questo tipo di colonizzazione, era la prima volta.

Operazione Aemilia

Sarà un maxi processo di portata storica per l’incredula e impreparata regione emiliana quello che si svolgerà tra Reggio Emilia e Bologna e che vedrà realizzati spazi ”inusuali”, come un padiglione della fiera bolognese, adibiti al suo svolgimento.

Non dobbiamo, però, credere che in altre regioni settentrionali la mafia calabrese sia stata con le mani in mano. Tutt’altro. Ad esempio in Val d’Aosta le ‘ndrine Nirta-Scalzone di San Luca (Rc) che hanno creato un vero e proprio network del narcotraffico mondiale con basi strategiche in Germania, Belgio, Olanda e Sud America e che, ai piedi del Monte Bianco, hanno puntato ai piani alti della politica.

Blitz in Val D’Aosta

Il 16 settembre scorso, al termine del processo Genna, sono state inflitte in primo grado le condanne per le consorterie periferiche. I componenti della ”locale” aostana, ovvero i fratelli Franco e Roberto Di Donato, Antonio Raso, Alessandro Giachino e Nicola Prettico avrebbero condizionato il voto nelle competizioni elettorali comunali e regionali, quando nel consiglio regionale del 2018 sono stati eletti i quattro candidati Marco Sorbara, Luca Bianchi, Renzo Testolin e Laurent Vierin.

Ma, all’ombra delle Alpi, è tutt’ora in corso un’altra indagine, ribattezzata “Egomnia”, che si basa su fatti emersi nell’altro procedimento appena conclusosi. Risulterebbe che ben tre presidenti della Regione si sarebbero rivolti al sodalizio criminale calabrese per avere il sostegno elettorale e che, invece, ad uno di questi sarebbe stato negato.

Inchiesta Egomnia

E che cosa dire del Veneto, sotto la giurisdizione della ”locale” emiliana? Per non parlare del Piemonte, dove le ‘ndrine hanno una storia antica, tanto che a metà degli anni novanta si erano già prese tutto e il primo comune sciolto per infiltrazioni della mafia era stato Bardonecchia. Per non parlare dell’alta velocità che conduce da Torino a Milano, le cui indagini hanno dimostrato l’ingerenza delle cosche nei subappalti per la costruzione della “golosa” tratta ferroviaria.

Alta velocità Torino-Milano

Concludiamo questo brevissimo excursus con il Trentino dove i Ros, in due distinte operazioni denominate “Perfido” e “Pedrigree 2”- coordinate dalle Procure di Trento e Reggio Calabria, hanno arrestato 23 persone tra cui l’assistente capo della polizia Sebastiano Vecchio,  che aveva ricoperto anche il ruolo di consigliere comunale ed assessore a Reggio Calabria. Tutti sono accusati, a vario titolo, di diverse tipologie di reato tra cui associazione mafiosa in quanto affiliati alla ’ndrangheta. 

 

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