Le ricorrenze sono solo un momento durante il quale il problema si ripropone ma una volta spenti i riflettori la violenza di genere continua ad occupare le pagine di cronaca nera.
Roma – Lunedì 8 marzo si celebra l’annuale dei diritti della Giornata Internazionale donna, spesso semplicemente chiamata Festa delle donne, corredata con tanto di mimosa.
L’Onu ha istituito ufficialmente la ricorrenza nel 1977, anche se l’idea di un ”woman’s day” risale alle rivendicazioni sociali che scossero l’inizio del Novecento. Sia le sezioni femminili che parteciparono alle prime Internazionali Socialiste europee, sia i movimenti operai e suffragisti negli Stati Uniti, spinsero affinché venisse istituita una giornata dedicata all’accesso al voto e alla parità di salario.
Proprio in America, infatti, la giornata fu istituita a partire dal 1909, mentre in vari Stati europei la tradizione si diffuse intorno agli anni ’20. Controversa invece resta la scelta della data: nella cultura popolare è associata erroneamente all’incendio della fabbrica tessile Triangle in cui morirono bruciate numerose operaie, avvenuto però il 25 marzo 1911.
In realtà quella che diede l’input alla scelta della data fu la manifestazione anti-zarista dell’8 marzo 1917 di San Pietroburgo contro l’impegno bellico russo, guidata dalle donne del movimento operaio della capitale.
Giornata celebrata per la prima volta in Italia il 12 marzo 1922 ma poi stoppata dal regime fascista e costellata dalle tensioni del dopoguerra, della Guerra Fredda e, infine, rivendicata dai movimenti femministi post-sessantottini e dall’attrice americana Jane Fonda.
Nel 2021 siamo ancora lontani dall’uguaglianza tra uomini e donne e sprofondiamo sempre più in quella che si definisce violenza di genere. Sharon Barni, Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Ilenia Fabbri, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossela Placati: sono i nomi delle donne uccise dall’inizio dell’anno in Italia.
Un elenco agghiacciante. Una strage che non si ferma più. Il 2021 è iniziato da 67 giorni e c’è stato un femminicidio ogni cinque giorni. Numeri simili a quelli del 2020, l’anno in cui è scoppiata la pandemia e che, a sua volta, ha visto un incremento delle denunce di violenza domestica in tutto il mondo.
Addirittura l’agenzia delle Nazioni Unite ha parlato di ”pandemia ombra” per definire l’intensificarsi di abusi fisici e psicologici sulle donne ad opera di partner, parenti o conoscenti. Nel nostro Paese, durante il primo lockdown, le chiamate ai centri antiviolenza sono aumentate del 73% e l’Istat ha rilevato che gli assassini di donne sono stati pari al 45% del totale degli omicidi, raggiungendo il 50% nei mesi di marzo e aprile del 2020, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019.
Il 90% degli omicidi è avvenuto in ambito affettivo-familiare. Cifre che raccontano, che lanciano campanelli d’allarme. Crimini di genere che trovano il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una grande problematica di civiltà che richiede una crescita culturale, un impegno corale prima ancora che un’azione di polizia.
Gli esperti hanno parlato di ”approccio olistico”, capace di coinvolgere tutti ”gli attori sociali” dalle istituzioni, alla scuola, alla famiglia, abbandonando quindi l’ambito prettamente securitario che ha caratterizzato gli interventi legislativi di questi ultimi anni:
“…Per salvare le donne dalla morte anziché constatare, a cose fatte, che un uomo violento alla fine di un percorso di minacce e provocazioni le ha uccise – ha detto Marta Cartabia, ministra della Giustizia – è necessario agire subito, dalle prime, apparentemente piccole, manifestazioni per prevenire tempestivamente le conseguenze più gravi...”.
In un quadro così drammatico la Guardiasigilli Cartabia ha annunciato che aderirà all’invito della ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti per ricostruire gli organismi di governance previsti dall’ordinamento per il presidio delle politiche di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne.
L’8 marzo dovrebbe essere tutti i giorni, non un solo giorno all’anno in cui si finge di celebrare la donna dimenticando di vivere in una società che non è ancora capace di estirpare il seme della cultura della violenza di genere.
La mimosa, poi, sta bene laddove nasce. Strapparla dalla madre terra per farne un mazzolino rimane solo un simbolo. Se non è seguito da fatti concreti.
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