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Riusciranno a sopravvivere i borghi italiani?

Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza offre speranza ai borghi italiani in crisi, ma è la burocrazia il vero ostacolo da superare.

Roma – L’Italia ha una peculiarità unica nel panorama geografico come nessun’altra nazione al mondo. Ovvero la diffusione su tutto il territorio nazionale di piccoli borghi provvisti di beni artistici, bellezze naturali mozzafiato e un’economia agricola a chilometro zero e turistica a basso impatto ambientale. Inoltre, sono luoghi di forti e radicate tradizioni popolari e culturali che andrebbero salvaguardate, perché cancellarle equivarrebbe a intonare il “de profundis” a una parte di noi stessi. Nonostante tanta bellezza, negli ultimi decenni hanno subito un feroce processo di spopolamento.

Civita di Bagnoregio

Le cause sono varie e tante. In primis la mancanza di prospettive lavorative o gli scarsi incentivi per quelle esistenti, orientate per forza di cose verso il turismo, la pastorizia e l’agricoltura. Inoltre lo scarso sviluppo dei trasporti che impedisce un sano sviluppo delle forze produttive. Infine, la mancanza di infrastrutture tecnologiche o la loro scarsa diffusione che non facilitano ad esempio il lavoro a distanza. Eppure si potrebbe attuare una politica di sviluppo di queste realtà. Ad esempio, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede degli incentivi a cura del Ministero della Cultura e gestiti da Invitalia, per promuovere iniziative imprenditoriali a favore della rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o abbandonati.

Per la cronaca, Invitalia è l’Agenzia governativa per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze. I Comuni italiani interessati sono in tutto 294, per i quali sono disponibili 188 milioni di euro. Questo sostanzioso gruzzolo è destinato ad una serie di aspetti. Ne ricordiamo alcuni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, in particolare per “la rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale” e “attrattività dei borghi storici”. Il finanziamento copre il 90% di spese ammissibili per un importo massimo di 75.000 euro. Si può ricevere il 100%, se si tratta di nuove imprese da costituirsi in seguito a provvedimento di concessione del contributo e di imprese già costituite a prevalente titolarità giovanile e/o femminile.

Craco in Basilicata 

I beneficiari di questi fondi sono micro, piccole e medie imprese sia singole che in aggregazione già istituite o che intendono farlo in forma societaria di capitali e di persone, comprese le ditte individuali o cooperativistiche. Possono partecipare al bando anche associazioni non profit e gli enti del Terzo Settore. Quest’ultimo è l’insieme di quegli enti privati che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.

Gli interventi finanziabili riguardano mezzi mobili, impianti, macchinari, arredi, attrezzature, hardware e software, marchi e licenze, brevetti, opere murarie e certificazioni direttamente –come dice il testo- collegate al progetto da realizzare. Per le opere murarie il finanziamento è del 40% del programma. Obiettivamente si tratta di un ventaglio di possibilità di una certa consistenza economica da cogliere al volo e non lasciarsi sfuggire. Il rischio è che questi progetti possano perdersi nei meccanismi farraginosi della burocrazia e, quindi, non realizzati, per mancanza di competenza, com’è è stato già rilevato, dei funzionari amministrativi comunali non all’altezza del compito. E’ l’Italia, bellezza!..

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