In pochi anni, l’intelligenza artificiale è entrata con veemenza nelle vite delle persone, fino a sconvolgere la struttura sociale e i rapporti di produzione. Per avvalercene in totale sicurezza e non diventarne vittime, dobbiamo imparare a conoscerne le criticità.
Roma – Siamo solo all’inizio e già si sono manifestate le prime preoccupazioni sui rischi che possono scaturire da un’intelligenza artificiale – denominata anche Artificial Intelligence o AI – che sfugge al controllo umano. L’Unione Europea, ad esempio, sta pensando ad un “bollino” (come per le banane!) per identificare i contenuti dell’AI, in modo che chiunque possa riconoscere le origini di una data notizia o di determinate immagini.
Secondo un report a cura di Coinbase, società di beni digitali con sede a San Francisco, in California, si potrebbe utilizzare la blockchain per affrontare le criticità e i rischi dell’intelligenza artificiale. Col termine, letteralmente “catena a blocchi”, si intende un database distribuito, attraverso cui è possibile registrare delle transazioni condivise tra più nodi di una rete.
Dal rapporto, vengono evidenziati cinque problematiche scaturite, in particolare, dalla comparsa sulla scena sociale dei chatbot, usati da milioni di utenti, come ChatGPT, Bing Chat e Google Bard. Si tratta di software che simulano ed elaborano le conversazioni umane, sia scritte che parlate, consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona in carne e ossa.
Gli autori del report sostengono che la maturazione di applicazioni di intelligenza artificiale deve proseguire di pari passo con l’uso di soluzioni sicure, tecnologie innovative, in grado di sostenere e affrontare le caratteristiche sfide sociali che l’IA ci propone.
In primo luogo, la richiesta di risorse e di dati da parte dell’IA generativa prevede l’uso di grandi database salvati su server, in potenza poco sicuri o scarsi qualitativamente. In questo caso disponendo di un sistema di incentivi e token si potrebbero avere standard più alti di qualità dei dati, in maniera tale da definire la loro bontà per l’uso su modelli di linguaggio avanzati.
Nel linguaggio informatico, per “token” si intende un insieme di informazioni digitali inserite in una blockchain, attraverso le quali viene conferito a un dato soggetto un determinato diritto che può riguardare la proprietà di un asset, l’accesso a un bene o a un servizio e la realizzazione o ricezione di un pagamento.
Per quanto riguarda i server, la domanda di risorse computazionali costituisce un problema. Le AI necessitano di una potenza di calcolo elevata e la blockchain potrebbe essere utile per creare un sistema in cui le risorse sono condivise e decentralizzate.
Le risorse computazionali rappresentano la quantità di mezzi (bene, disponibilità, fonte, possibilità, potenzialità) efficaci per lo sviluppo dei modelli (computazionali, appunto) che, grazie ai computer, possono essere utilizzati per studiare e simulare il compartimento di sistemi complessi, permettendo di migliorare e valutare le politiche di gestione da adottare.
Inoltre, il report evidenzia che la blochkchain può essere un argine contro la disinformazione, in quanto può stabilire la provenienza di immagini, video, musica e altri media tramite gli NFT. Quest’ultimo è l’acronimo di “non fungibile token” (letteralmente “gettone non copiabile”), ossia un bene che non può essere sostituito da altro. Infine, la crittografia, una sorta di scrittura nascosta, può democratizzare l’uso e lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, in modo da permettere agli utenti di partecipare su scala più ampia e senza rischi.
Con molta probabilità, come in tutti i processi sociali innovativi, c’è bisogno del tempo per metabolizzarli. Così sarà, forse, anche per l’intelligenza artificiale e i suoi rischi. Però che tristezza constatare che la macchina sta sostituendo l’uomo, sopprimendone il respiro e lo sguardo!