Con la riforma fiscale confermata la detassazione della tredicesima e messa in un angolo la flat tax incrementale per i dipendenti.
Roma – Mentre Meloni è alle prese con il caso Santanché, cioè con la ministra del Turismo pronta alle querele contro “Report” e la nomina di un commissario per la gestione del dopo alluvione in Emilia-Romagna, è in arrivo la detassazione delle tredicesime.
Il governo, così, fa un passo indietro su una sua proposta da campagna elettorale inserita nella delega fiscale e cambia in corsa la flat tax incrementale, con un emendamento presentato alla camera sulla riforma del fisco. L’esecutivo, insomma, sposta i fondi sulla riduzione delle tasse sulla tredicesima mensilità per tutti i lavoratori dipendenti, con un aumento ancora da quantificare nello specifico, ma che ovviamente varierà a seconda del reddito.
Per quanto riguarda il regime incrementale, invece, resta ferma la complessiva valutazione, anche a fini prospettici, cioè la tassa piatta sugli aumenti resta in cantiere, ma viene rimandata a data da destinarsi, probabilmente alla prossima legge di Bilancio. La tassazione sulla tredicesima, sui premi di produttività e sugli straordinari, perciò, dovrebbero prevedere un regime di tassazione del 15%. Parliamo ovviamente dell’Irpef, che per i lavoratori dipendenti è proporzionale a seconda dei diversi scaglioni. Si parte dal 23% per chi è sotto ai 15mila euro di reddito, passando al 25% per chi guadagna tra i 15mila e i 28mila euro l’anno; poi il 35% tra i 28mila e i 50mila e il 43% oltre i 50mila. La tredicesima mensilità dovrebbe essere tassata con l’imposta piatta, appunto al 15%.
L’aumento sarà perciò più elevato al crescere del reddito. Inoltre, si evidenzia che l’Inps ha diffuso i nuovi importi per gli assegni al nucleo familiare (Anf), o assegni familiari, per il periodo dal 1° luglio 2023 al 30 giugno 2024. L’assegno familiare viene assegnato alle famiglie di lavoratori parasubordinati o dipendenti, anche se sono in malattia, in disoccupazione, in cassa integrazione o in mobilità indennizzata e pensionati da lavoro dipendente. Sostanzialmente, a tutti tranne che ai piccoli coltivatori diretti e ai pensionati delle gestioni speciali per autonomi, come artigiani e commercianti.
L’entità dell’assegno dipende dal numero di persone che compongono il nucleo e dal reddito complessivo, che deve essere al di sotto di una certa soglia stabilita per legge e deve essere composto per almeno il 70% dal lavoro dipendente e assimilato, o dalla pensione. Per i lavoratori dipendenti, il pagamento viene erogato dal datore di lavoro, che poi detrae la somma dai contributi all’Inps. Negli altri casi, se ne occupa direttamente l’Inps. La domanda va presentata online all’Inps, e va nuovamente fatta alla scadenza della misura.
Quest’anno, a seguito dell’alto livello di inflazione, gli assegni vedranno un aumento significativo: +8,1%. A titolo di esempio, nelle famiglie senza figli in cui non ci sono persone con disabilità, quindi composte solo dai coniugi, oppure da entrambi i coniugi e un altro parente, come un fratello o un nipote che hanno un reddito al di sotto dei 15.581,52 euro annuali, gli assegni saranno i seguenti: per i nuclei con due componenti, 46,48 euro al mese; per quelli con tre componenti, 82,63 euro al mese; per i nuclei con quattro componenti, 118,79 euro al mese; quando si è con cinque componenti 154,94 euro al mese; invece per i nuclei con sei componenti, 191,09 euro al mese, mentre per quelli con sette o più componenti, 227,24 euro al mese.
Gli importi calano poi progressivamente all’aumentare delle fasce di reddito, e man mano si rivolgono solo alle famiglie più numerose. Ad esempio, una famiglia di due componenti può ricevere un assegno, pur ridotto, solo se il suo reddito è al di sotto dei 26.913,64 euro all’anno. Una con tre persone solo fino a 34.602,68 euro all’anno, e così via.