Ad Onna, frazione dell’Aquila, ma anche in altre periferie quasi tutti i caseggiati sono stati ricostruiti. Numerosissimi gli appartamenti vuoti e in vendita.
L’Aquila – Alle 3.32 del 6 aprile 2009, dopo una persistente attività sismica durata quattro mesi, una forte scossa di magnitudo 6.3 colpiva il territorio aquilano e abruzzese. Il terremoto provocava 309 vittime e oltre 1500 feriti, soprattutto nel capoluogo e nella pittoresca frazione di Onna. Oggi di quell’immane disastro rimane poco o nulla. Giusto qualche rudere e una serie di residenze d’emergenza, ancora abitate, a testimonianza di una tragedia senza precedenti.

Eppure la frazione di Onna rimane un paese fantasma. Larga parte dei fabbricati del centro e della periferia sono stati ben ricostruiti e per pochi altri sono in corso cantieri dove decine di operai, dipendenti di ditte diverse, lavorano attivamente per restituire agli aventi diritto ciò che la natura, e l’incuria dell’uomo, gli avevano strappato. Le persone non hanno molta voglia di parlare, sia quelle che sono rientrate in casa, sia quelle che vivono ancora nelle casette, queste ultime abitate anche da numerosi immigrati e cittadini stranieri.

Camminando per le viuzze della zona più vecchia e danneggiata della frazione il silenzio è rotto dal rumore delle betoniere e dai martelli pneumatici. Di tanto in tanto una serie di lumini davanti ad un portone chiuso ricordano l’alto prezzo in vite umane corrisposto da Onna e da altri centri urbani viciniori e distanti dalla città capoluogo, anche questa in avanzato stato di riedificazione:
“Sono rientrati in casa i vecchi come noi – dice Teresa, 82 anni, pensionata – ma i giovani se ne sono andati e certo non torneranno. Ci sono diverse case già complete ma rimaste vuote o messe in vendita ma chi volete che compri da queste parti? Anche perché i prezzi non sono bassi…“.
Al posto di vecchie casupole e fabbricati malconci già prima del terremoto sono stati costruiti edifici di ottimo pregio con materiali innovativi, infissi spesso costosi e a prova di isolamento, ed altre caratteristiche edilizie di nuova generazione che permettono di resistere alle scosse sismiche e agli smottamenti. In numerosi casi però la ricostruzione si è trasformata in speculazione. In alcuni edifici accorpati, muniti di cantine e box, sono stati ricavati infatti diversi appartamenti i cui proprietari, una volta ultimati i lavori, si sono rivolti alle agenzie immobiliari nell’intento di trasformare una disgrazia in affare. Con i soldi dei contribuenti.

L’obiettivo della ricostruzione post-sisma era quello di ridare una casa a chi l’aveva perduta, per continuare a viverci, dopo gli enormi disagi dell’emergenza, fatta di tendopoli e cucine da campo, e subito dopo di casette di legno calde d’estate e gelide d’inverno.
Sempre a sentire gli anziani in zona rimarranno solo gli immigrati e i nativi del luogo che hanno interessi di lavoro nella frazione o nelle zone limitrofe. Gli altri, quelli che abitavano in loco prima del terremoto, non torneranno più ed è impensabile che qualcuno, tranne il solito turista innamorato dell’Abruzzo, compri casa da queste parti. Dunque che fine faranno le frazioni spopolate come Onna?

Se prima era desolante lo scenario della distruzione di interi paesi rasi al suolo, oggi non è da meno ciò che si vede in queste frazioni rese ancora più spettrali da murales scoloriti e vecchie fotografie del passato. Il prima e il dopo hanno avuto un prezzo troppo alto.