I dati: quasi il 14 per cento ha utilizzato un centro per l’impiego e il 12,6% alle agenzie di somministrazione di lavoro.
Roma – Il mercato del lavoro manifesta la sua staticità. L’occupazione è uno dei nervi scoperti della società attuale. Gli ultimi dati esprimono un’immagine di luci ed ombre. A tal riguardo lo scorso 30 maggio è stato presentato il “Rapporto Plus”, a cura dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP). Quest’ultimo è un ente pubblico di ricerca, analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e, in generale, di tutte le politiche economiche che hanno effetti sul mercato del lavoro. E’ emerso che i giovani cercano il lavoro attraverso i canali istituzionali: quasi il 14% ha utilizzato un centro per l’impiego e il 12,6% alle agenzie di somministrazione di lavoro.
Il dato che balza all’occhio è il quasi 20% di occupati tra i 18 e i 29 anni che ha manifestato la volontà di dimettersi. Una delle peculiarità del rapporto è il confronto nel tempo. A distanza di un anno nel 2021 il 98,9% di chi lavora resta occupato, oltre il 13% in più rispetto a quanto avvenuto nel 2010-2011. I disoccupati, invece in un anno sono passati dal 58,4% del 2010-2011 al 94,5%del 2021-2022. Come è calata la quota di inattivi rispetto al decennio precedente che riprendono il lavoro. L’andamento delle retribuzioni ha seguito, più o meno, lo stesso percorso. Le lavoratrici per la prima volta nel mercato del lavoro nel 2022, rispetto al decennio precedente, hanno percepito un aumento della remunerazione del 23,4%. Questa crescita ha prodotto un calo percentuale di coloro che hanno un salario netto annuo di 8000 euro.
Gli occupati maschi hanno registrato una fortissima staticità: il salario dei lavoratori che hanno avuto accesso per la prima volta ad un’occupazione, in media, è inferiore, anche se di poco, al 2011. E’ stato, inoltre, evidenziato che per cercare un’occupazione, si è impiegato meno tempo nel corso del 2022 rispetto al 2011, principalmente tra i giovani e gli over 50, rispettivamente 7 e 22 mesi. Questo aspetto abbastanza dinamico del mercato del lavoro è accompagnato, però ad un aumento dei disoccupati e inoccupati con titolo di studio terziario. Tra i primi, la percentuale ha raggiunto il 17% contro il 9,2% del decennio precedente. Tra i secondi ci si trova di fronte ad un numero clamoroso: il 27,9% contro il 12,8%. La modalità con cui si cerca lavoro conferma un tratto tipicamente italiano, ovvero l’utilizzo di canali ufficiosi.
Per entrare nel mondo del lavoro, infatti, si continua nella tradizione delle amicizie, conoscenze, parenti e affini. Queste opzioni sono scelte da ben il 77% di inattivi e disoccupati che nel giro di un anno ha trovato lavoro. Un altro aspetto emerso dal rapporto ha riguardato in particolare i giovani tra i 18-29 anni, innanzitutto nel passaggio tra scuola e lavoro. Le maggiori criticità si sono manifestate nelle proposte di lavoro sottopagate, con mansioni di modesta entità e sotto-inquadramento. Inoltre è stato constatato un forte malessere professionale e, nella conseguente aspirazione di lasciare il lavoro attuale. Si desidera lasciare quei lavori in cui si investe molto impegno personale, ma non suffragato da un adeguato stipendio, certezza dell’impiego, crescita professionale.
Le politiche da attuare riguardano il medio e lungo periodo, tese alla crescita delle retribuzioni, al potenziamento del management organizzativo per la crescita delle professionalità dei lavoratori e allo sviluppo delle loro competenze. Ora, la speranza è che ci sia una classe dirigente all’altezza sei summenzionati compiti. E’ lecito, infine, porsi una domanda: ma i governanti leggono questi rapporti come nel caso dell’INAPP che è un ente pubblico di ricerca vigilato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, cioè del governo stesso? I dubbi sono tanti!