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Quei venti di guerra che soffiano sull’autonomia differenziata

Approda a Palazzo Madama il ddl Calderoli, già ribattezzato come legge ‘Spacca Italia’. Chi la contesta parla di un pericoloso aumento del divario – già esistente – tra Nord e Sud. Dietro il numero 615 si cela un vaso di Pandora pronto a mostrare tutti i suoi mali. C’è chi già definisce il progetto ‘Secessione dei ricchi’.

Roma – Sul cammino delle riforme ce n’è una che rischia di far esplodere come una bomba a orologeria i già difficili rapporti tra maggioranza e opposizione. È l’autonomia differenziata bellezza. Il timer esplosivo è pronto ad azionarsi il 16 gennaio, quando sbarcherà in Senato il disegno di legge numero 615. Il disegno di legge Calderoli, recentemente approvato dalla Commissione affari costituzionali.

Una proposta molto contestata perché potrebbe aumentare il divario tra Nord e Sud. La legge ‘spacca Italia’, come è stata già ribattezzata dai detrattori del testo sponsorizzato dalla Lega. Soffiano dunque venti di guerra tra le stanze di Palazzo Madama. Il tema è più che spinoso. Se ne parla da anni e si muove tra le pieghe della riforma del titolo V della Costituzione del 2001, in base a cui le regioni possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su 23 materie di politiche pubbliche.

L’autonomia differenziata non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una regione a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. Insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli

La concessione di “forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni a statuto ordinario sono previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che sottolinea come possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della regione interessata”. Un comma che però non è mai stato stato attuato, soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e sociali tra regioni, che rendono particolarmente delicata, e potenzialmente dannosa, l’approvazione di leggi in questo senso.

Ebbene, dietro il numero 615 si cela un vaso di Pandora pronto a mostrare tutti i suoi mali. È il testo che prevede di concedere l’autonomia differenziata a tre regioni del Nord – Veneto, Lombardia e Emilia Romagna – che l’hanno chiesta. Nel caso il ddl fosse approvato, le tre regioni avranno la possibilità di svolgere da sé i compiti finora svolti dallo Stato nei servizi pubblici fondamentali come sanità, scuola, trasporti pubblici locali, assistenza agli anziani e ai disabili e altri ambiti.

Si rafforzano così tre regioni con l’autonomia mentre il Sud resta al palo. Nel frattempo però va avanti anche il progetto costituzionale del premierato che punta a rafforzare lo Stato e non le regioni. Tra l’altro, la proposta Calderoli oltre ad aver generato dubbi all’interno della stessa maggioranza, in particolare per la vocazione fortemente nazionalista di Fratelli d’Italia, molto radicata al Centro-Sud e meno al Nord, è stata molto criticata anche da economisti e sociologi.

Il premier Giorgia Meloni

Gli studiosi ne contestano sia gli aspetti tecnici, sia i possibili effetti sociali estremamente negativi e in grado di aumentare le disuguaglianze a livello inter-regionale e spaccare in due il Paese. E appare scontato l’assetto da guerra che le opposizioni stanno preparando: c’è chi azzarda a definire la proposta ‘la secessione dei ricchi’, perché potrebbe assicurare molti più finanziamenti alle regioni del Nord, che già dispongono di maggiori risorse rispetto a quelle del Sud. Uno dei punti più contestati della proposta, infatti, è quello relativo al finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, conosciuti come Lep, che in base alla Costituzione tutelano i diritti civili e sociali dei cittadini.

Al centro delle polemiche il fatto che il ddl assegna al governo un anno di tempo per decidere l’entità dei Lep in base alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia. Ovvio che le regioni del Nord hanno più risorse e una spesa storica più alta, e meno quelle del Sud. Di conseguenza i finanziamenti andrebbero a concentrarsi nel Settentrione, con la sempre più evidente spaccatura in due Italie.

Non solo, fa discutere anche un altro punto: nel disegno di legge non viene richiesto alle regioni di avere i conti in ordine o di non essere stata commissariata in precedenza per la gestione delle materie di cui fa richiesta. Ebbene, tra queste si trovano l’istruzione, la sanità e la tutela dell’ambiente, tutti ambiti che presentano alti fattori di rischio. La sanità è quella che preoccupa di più: l’autonomia differenziata darebbe secondo i contestatori il colpo di grazia al sistema sanitario nazionale aumentando le diseguaglianze regionali e legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, con palese violazione del principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute.

La sanità al centro dei punti contestati

Sul fronte lavoro il sistema di formazione e collocamento che già fa acqua da tutte le parti si assisterebbe a una debacle. Molte competenze sono già lasciate alle regioni, insistono i critici, ma questo non ha portato a vantaggi o benefici, anzi. E cosa dire dell’istruzione? L’autonomia andrebbe a dare il colpo di grazia al sistema scolastico con un vero e proprio processo separatista frastagliato da programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati.

Le premesse per le barricate per contrastare la secessione, insomma, ci sono tutte.

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