Gli ultimi tempi sono stati caratterizzati dall’imminente arrivo di calamità naturali, per le quali manifestiamo una certa attenzione mista ad angoscia. Un manuale fornisce tutti i suggerimenti su come affrontarle.
Roma – La pandemia dell’ultimo biennio, che abbiamo vissuto sulla nostra pelle col distanziamento sociale e quant’altro, è solo l’ultimo dei disastri che si si sono abbattuti su di noi. Se a questo associamo gli effetti del riscaldamento globale, terremoti, guerre, frane ed altre calamità non possiamo che confidare nella clemenza del Padreterno, perché la fiducia negli umani è andata a farsi benedire.
Durante il periodo di permanenza forzata in casa sul Web è stato tutto un profluvio di tutorial su come costruire mascherine, lavarsi, disinfettarsi. E su quanto potesse essere utile a tenere lontano l’infido nemico: il Covid-19. Si ha a disposizione una notevole quantità di informazioni che sembra di farci sentire attrezzati nell’affrontare l’imminente pericolo. O soccombere, sopraffatti dall’angoscia di vivere in uno stato di eterno terrore. Negli USA è stato ripubblicato, dopo che era stato dato alle stampe nel 1999, un testo a cura di Joshua Piven e David Borgenicht. Il titolo: Worst case scenario. Manuale di sopravvivenza per situazioni estreme.
Sembrerebbe una di quelle tipiche “americanate” sul tipo: “Come vivere felici” o “Come raggiungere il successo” eppure ne sono state vendute 10 milioni di copie. Vi si trovano informazioni, ad esempio, su come affrontare le emergenze in volo, come salvarsi da un incidente ferroviario o da uno tsunami ecc. L’elenco è lungo, sembra ricavato da film catastrofici di successo. Eppure le soluzioni risultano essere dettagliate e rassicuranti. Secondo Fabio Sbattella, docente di Psicologia dell’emergenza all’Università Cattolica di Milano:
“Il nostro desiderio di sopravvivenza si è modificato, non solo per la pandemia, ma per tutte le limitazioni che sono state adottate. Si è trattato di provvedimenti che hanno avuto un’influenza selettiva sulla popolazione. L’aspetto dirimente non è frutto di caratteristiche strutturali delle persone, bensì di fattori sociali e generazionali“.
Gli adolescenti hanno sofferto molto l’isolamento, in quanto è stato loro impedito di affrontare il processo di crescita alla pari. Sono, infatti, cresciute le richieste di aiuti per disturbi psicologici, depressione e ansia. Infatti, il consumo di farmaci per l’ansia è aumentato del 20%. Al contrario, c’è pure chi ha vissuto un processo di miglioramento, prendendosi cura di sé. Lo stato di allerta ha accresciuto la consapevolezza delle proprie fragilità. Secondo gli esperti se è vero che i pericoli sono tanti, essere informati su come affrontare le emergenze, ha prodotto una nuova abilità: “essere preparati al peggio”. Piuttosto che farsi prendere dal panico al solo pensiero di disastri ambientali, meglio sapere come barcamenarsi nel pericolo. Il rischio che si corre, però è che a causa del bombardamento costante e continuo di informazioni nefaste che subiamo quotidianamente, premiate tra l’altro dall’algoritmo, è impossibile affrontare un evento alla volta.
Tutto ciò di negativo che ascoltiamo non fa che risvegliare le nostre preoccupazioni, aumentando i livelli di emergenza percepita. Quindi, come suggerisce Sbattella, ben vengano manuali e vademecum che consigliano come affrontare le situazioni estreme, se questo è utile a rafforzare la consapevolezza del pericolo e come affrontarlo. Molto meglio dei farmaci per l’ansia e senza effetti collaterali. Meglio ancora sarebbe essere informati sulle cause dei disastri più che sui loro effetti. Averne coscienza e pensare a limitare i danni. Ma poiché l’origine è dovuta, anche se non soprattutto all’azione senza senno dell’uomo, è più probabile la continua diffusione di manuali per la sopravvivenza e su come superare i disastri che sulla prevenzione ambientale.