Cibarsi non è solo una pulsione indispensabile per la sopravvivenza. Diventa anche un momento culturale da cui dipende il nostro benessere o malessere. Ecco perché le scelte sono importanti: in ballo c'è il nostro futuro.
La tendenza a scegliere un cibo anziché un altro per la propria alimentazione è il risultato di diversi fattori condizionanti di natura culturale, psicologica, economica ed enzimatica (vedi il mio articolo sulla dipendenza enzimatica https://ilgiornalepopolare.it/il-pool-enzimatico/).
Gli alimenti assolvono la funzione nutritiva basilare in modo non solo legato alla sopravvivenza, fattore primario, ma anche alla nostra sfera emotiva, psicologica, culturale, tanto che il nostro atteggiamento alimentare diventa mezzo di comunicazione sociale, indicatore di status o assume valore celebrativo.
Vi porto alcuni esempi che rivelano la forte dipendenza tra l’atto del mangiare, il cibo che viene consumato e, a livello psicologico, le situazioni affettive e sessuali. Grazie a Freud ho messo a fuoco l’importanza della fase orale (quella che caratterizza i primi 18 mesi di vita) sulle scelte alimentari dell’età adulta.
Il bisogno di “suzione” tipico del neonato, può essere richiamato alla mente dal piacere di consumare alimenti come gelati, cioccolatini, budini e tutti i cibi cremosi. Non a caso alcuni soggetti provano imbarazzo a mangiare questi alimenti in pubblico. Molti alimenti portano con loro un significato.
Il vino, che grazie all’alcol ha un’azione disinibente, porta a maggiore convivialità. È noto, poi, che la sfera affettiva familiare e i riti legati all’ospitalità giochino un ruolo fondamentale nelle scelte alimentari, come pure le feste, i matrimoni, i funerali, le cresime, i battesimi, il panettone a Natale, la colomba a Pasqua, le frittelle a Carnevale, che racchiudono il significato di rinnovare gli affetti più intimi e celebrare le ricorrenze nella comunità in senso apotropaico, ovvero apportatore di bene.
Porto ad esempio anche le cenette intime per corteggiare il partner. Il cibo è dunque veicolo di un rapporto tra le persone e di un rapporto con sé stessi. Da esso dipendono la propria sopravvivenza, felicità, tristezza, benessere e non solo.
Possibile che del cibo siano stati valutati gli effetti emotivi, psicologici, sociali, sessuali ed oltre che mai nessuno, eccetto il sottoscritto, abbia esaminato scientificamente l’effetto biochimico del cibo in funzione ormonale? Quali sono le reazioni biochimiche e cosa scatena, nel bene o nel male, nel nostro organismo?
Il cibo è fonte di vita ma può essere anche determinante per la malattia e la morte. Possibile che mai nessuno abbia fatto tale riflessione? Possibile che l’effetto biochimico e ormonale del cibo sia così sottovalutato?
Vi faccio un racconto alla Lemme. Una mattina ero seduto sul water e stavo orgogliosamente defecando. Allo stesso tempo avevo in mano una fetta di torta. Sapete cosa ho fatto? Un pezzo di torta l’ho mangiato e un pezzo l’ho buttato nel water. Mi sono detto che entrambi i pezzi di torta sono destinati a finire nel water.
Quello ingerito scatenerà reazioni biochimiche nel mio organismo, entrerà nel circolo sanguigno, con effetti di produzione enzimatica, ormonale, produrrà la sintesi dei trigliceridi, delle proteine, eccetera, una parte verrà trasformata in anidride carbonica, l’altra parte in acqua metabolica.
Ciò che rimane si trasformerà in feci che prenderanno la via del water. L’altro pezzo di torta è stato gettato direttamente nel cesso ma non è entrato in contatto con il mio organismo.
Bene, questo concetto vi dovrebbe far riflettere: ogni cosa che voi deglutite prima o poi sicuramente verrà in parte scaricata in bagno, ma prima di farlo dentro di voi avrà recato danno oppure benessere al vostro organismo. Rifletti, il futuro è nelle tue scelte.
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