Quando i gesti valgono più di mille parole

Un’arte prettamente italiana, quella del gesticolare. Che si declina in comunicazione strategica quando ad attuarla sono i nostri politici. E c’è chi ne fa uno strumento di marketing.

Roma – Silenzio, parlano i gesti! La gestualità del corpo è una delle caratteristiche umane che più ci differenziano nel mondo animale. Si compiono gesti con movimenti con le mani, le braccia o le gambe.

Ci sono quelli “pratici” che si fanno per afferrare un oggetto, aprire una porta, per stappare una bottiglia. Poi ci sono quelli cosiddetti “comunicativi”, in quanto fanno parte del linguaggio del corpo, l’aspetto più importante della comunicazione non verbale. Gli stili comunicativi sono molto individuali, dipende dalla personalità di chi compie il gesto. C’è chi ne fa molto uso e chi, invece, è più parco e si trattiene dall’esternarli.

Ad esempio, l’attuale premier Giorgia Meloni comunica coi gesti più del predecessore Mario Draghi. Poi ci sono quelli che ognuno di noi compie in maniera ciclica. Secondo il docente dell’Università di Salerno Claudio Nobili, autore del recente libro: L’italiano senza parole: segni gesti, silenzi, il nuovo Primo ministro è molto generoso nel comunicare non solo con le parole, ma anche coi gesti. La comunicazione non verbale è legata agli stati d’animo che si vivono in quel momento.

Donald Trump e Hillary Clinton in campagna elettorale hanno dato ai loro gesti precisi significati.

Chi fa politica da anni dovrebbe essere più aduso a controllare le emozioni, tuttavia Giorgia Meloni, da questo punto di vista si è mostrata più diretta, più spontanea. Ha dimostrato, infatti, che la parte emotiva non è riuscita a sopirsi, tant’è che il suo pathos si è concretizzato in diverse grattate di naso, toccarsi il mento, sfiorarsi la fronte con la mano. Si tratta di “gesti autoadattatori” (così sono definiti dagli specialisti) e testimoniano una certa irrequietezza. È senz’altro verosimile che chiunque si trovasse nella sua posizione, qualche preoccupazione ce l’avrebbe, eccome! Sicuramente l’espressione del suo corpo è molto eloquente.

Basti ricordare durante l’atto conclusivo, in campagna elettorale, della Conferenza programmatica del suo partito Fratelli d’Italia. In questa sede, riferendosi a una domanda di un giornalista a un delegato, se la sua maglietta scura fosse un omaggio alle camicie nere, la sua reazione corporea è stata esilarante: strabuzzare gli occhi e roteare le mani tenendole unite, mai sui fianchi, a esprimere il pressapochismo della domanda fatta. Comunque, una cosa è parlare ai propri elettori e un’altra nelle vesti di Presidente del Consiglio, in cui bisogna attenersi all’aplomb istituzionale.

La sequenza di smorfie e gesti di Meloni in seguito alla domanda sulle camicie nere.

Un altro aspetto evidenziato dal professore Nobili è il bisogno di controllo che si intuisce dai suoi gesti. Ad esempio il sistemare spesso i fogli che ha in mano, il microfono, toccarsi l’orecchino e così via. Si tratta sempre di gesti “adattatori”, nel senso che il corpo si adatta a un’altra persona, a un oggetto o a sé. Infine, lo sguardo, la direzione dell’atto visivo, può assumere varie dimensioni. Può essere espressivo, vivo, spento, assonnato, acuto, indagatore, smarrito, indifferente, truce, torvo, chiaro, solare.

Quello della Meloni, sempre secondo Nobili, manifesta un conflitto comunicativo. Nel senso che dai suoi occhi trapela l’intenzione che voglia compiere frettolosamente i suoi gesti adattatori, nella coscienza di trovarsi di fronte a un uditorio numeroso. Un aspetto che la umanizza ancora di più. È innegabile che i gesti fanno parte della vita e che spesso sono più sintomatici di qualsiasi discorso. Spesso, a tutti i livelli, le parole espresse manifestano solo l’intenzione di dare fiato alla bocca e che sarebbe stato meglio restassero rintanate in gola. Meglio, molto meglio fare silenzio. Per far parlare i gesti, nella speranza che siano migliori delle parole sprecate.

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