Prima Florentia, gettata nel Tevere dal marito: quel femminicidio di quasi duemila anni fa

Della barbara uccisione della giovanissima sposa, assassinata a soli 16 anni, serba memoria la lapide eretta dai parenti sulla sua tomba all’Isola Sacra, nell’odierna Fiumicino.

Roma – La lapide, molto semplice, è conservata nel Parco Archeologico di Ostia Antica e contiene solo poche laconiche righe che in traduzione italiana suonano così: “Restutus Piscinesis e Prima Restuta fecero alla carissima figlia Prima Florentia, che dal marito Orfeo fu gettata nel Tevere. Lo zio materno December pose. Aveva 16 anni e mezzo”. Parole asciutte e toccanti, scritte dai parenti della ragazza, che si ergono a perpetuo ricordo di un femminicidio avvenuto quasi duemila anni, ai tempi della Roma imperiale, quando la giovanissima Prima Florentia – dato il nome, probabilmente la primogenita della coppia – fa affogata nel fiume dal coniuge. Ignoti i motivi della barbara uccisione, come nulla si sa o rimane della sposa a eccezione dell’epigrafe funeraria ritrovata all’interno della necropoli di Porto all’Isola Sacra, nell’odierna Fiumicino, dove fu sepolta nel II secolo d.C.

L’uccisione di Poppea con un calcio da parte di Nerone. Incisione da un’edizione del De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio stampata a Ulm da Johannes Zainer (1474 circa)

La vicenda è citata da Anna Pasqualini, già docente di Antichità romane presso l’Università di Tor Vergata, la quale studiando le fonti antiche – Tacito, Ovidio e Svetonio, fra gli altri- e l’enorme corpus di epigrafi giunte fino ai giorni nostri, ha ricostruito una lunga serie di casi di femminicidio, stalking e violenza ai danni delle donne dell’antica Roma: dalla celebre Poppea, moglie di Nerone e da lui stesso uccisa, incinta, a calci nel ventre, alla “sconosciuta” Annia Regilla, nobile matrona fatta uccidere nel medesimo efferato modo da un sicario assoldato dal marito, il console Erode Attico; dalla virtuosa Lucrezia, moglie di Collatino insidiata da Sesto Tarquinio, figlio del re di Roma Tarquinio il Superbo, il cui stupro – con conseguente suicidio della matrona – aprì la strada alla caduta della monarchia e all’inizio della repubblica, a Ponzia Postumina, accoltellata da parte dell’amante, il senatore Ottavio Sagitta, solo perché aveva deciso di lasciarlo.

Un triste fenomeno, quello del femminicidio, che non conosce oblio e anzi riempie le cronache di ogni giorno, come dimostra purtroppo la drammatica attualità di queste settimane. Crimini che, generati dai complicati meccanismi di “amore” possessivo e dalla pulsione distruttiva del “maschio predatore” – scrive Anna Pasqualini nell’incipit dell’intervento -, dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, quanto “certi comportamenti, ahimè, sono connaturati e difficili da reprimere, laddove morale e civiltà hanno fallito”.

Per saperne di più: Anna Pasqualini, Femminicidio e stalking nell’antica Roma, in “Donne nell’antichità: figlie, mogli, sorelle, madri, streghe, sante”, «Forma Urbis» XX, 3, marzo 2015, pp. 29-32.

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