Il ministro delle Infrastrutture vuole a tutti i costi che si faccia, ma le coperture finanziarie? La mancanza di fondi è tangibile anche nel DEF, e l’opera sarebbe finanziata dalle Regioni grazie ai Fondi europei per lo Sviluppo e la Coesione. Se poi passa anche l’autonomia differenziata?
Roma – Il ponte della bramosia di potere. Arde con virulenza il folle desiderio di costruire il ponte sullo stretto di Messina, un progetto di costruzione di un ponte stradale e ferroviario tra i comuni di Messina e di Villa San Giovanni in Calabria. D’Altronde se ne parla da più di 50 anni, addirittura ci sono riferimenti storici che risalgono ai Romani. Non poteva che essere nel programma elettorale del governo.
Il desiderio di realizzare la maestosa, nonché, costosa opera arde talmente tanto da essere sfociato nell’avidità e cupidigia. Dopo aver ottenuto il sì dal Parlamento, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini talmente “gasato” da volere apporre la sua firma sull’opera, legandola a sé a imperitura memoria. Dopo i “Fori Imperiali”, la “Via Appia, il “Colosseo”, il monumento per antonomasia, , i posteri potranno… godere della magnifica opera costruita dal Ministro Matteo Salvini, politico leghista, nonché… “cazzaro verde” (copyright Andrea Scanzi, giornalista e scrittore).
L’opera, definita “strategica”, nonostante i proclami, non appare sostenuta da coperture finanziarie. Appare oscuro, infatti, come si riuscirà a procacciarsi le ingenti risorse per realizzarla. Inoltre, i costi sono in continua crescita e non del tutto stimati. Infine, il progetto è ancora quello del 2011 e manca la valutazione d’impatto ambientale aggiornata.
La mancanza di fondi non è una conclusione di gruppi estremistici ambientalisti, ma è stata vergata dal governo stesso. Ossia, nel Documento di Economia e Finanza (DEF), il principale strumento di programmazione economica e finanziaria, in cui è stato precisato quanto segue: “Il costo dell’opera risulta di 13,5 miliardi di euro. Le opere legate alle connessioni ferroviarie avranno un costo stimato di 1,1 miliardi di euro. Quelle di pertinenza delle concessioni stradali, ancora non definite nei dettagli in assenza, al momento, dei programmi di contratto con ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali). Ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di bilancio”.
L’opera sarebbe finanziata dalle Regioni grazie ai Fondi europei per lo Sviluppo e la Coesione; individuare nella legge di bilancio 2024 la copertura finanziaria a carico dello Stato; risorse provenienti da Istituzioni quali la Banca europea degli Investimenti (BEI) e Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Ma è tutto vago. Infatti, non ci è dato di sapere quali Regioni allenteranno i cordoni della borsa dei fondi europei. Inoltre se venisse promulgata “l’autonomia differenziata” (cavallo di battaglia della Lega) come va ad incastrarsi in questa prospettiva?
Lo stesso gruppo di lavoro designato dal governo ha stilato una dettagliata relazione in cui l’area attorno alla quale dovrebbe sorgere la mastodontica opera, viene considerata come “fortemente esposta a rischio sismico e a possibili frane sottomarine, oltre che a tsunami che potrebbero nascere da terremoti, eruzioni e frane”.
Infine, verrà utilizzato, con molta probabilità, una montagna di cemento armato, quando secondo gli ultimi studi si tratta di un materiale a rischio deperimento nel giro di trent’anni. Questa caratteristica comporterà enormi costi di manutenzione per evitare crolli come il Ponte Morandi a Genova. Con i controlli che in Italia vengono effettuati all’acqua di rose il pericolo è concreto. Se il cemento è armato, ci si sente… disarmati di fronte all’insulsaggine, alla pochezza intellettuale e alla protervia di una classe dirigente incapace di guardare al di là del proprio naso!