Più vecchi di così si muore: frena l’aumento dell’aspettativa di vita

Uno studio ha osservato una diminuzione nel decennio 2010-2019: esistono limiti evidenti oltre i quali non si può sopravvivere.

Roma – Da molti decenni le società opulente dell’Occidente industrializzato si sono caratterizzate per l’allungamento dell’aspettativa di vita. La popolazione, infatti, è invecchiata a dismisura, tanto che i più ottimisti ipotizzavano che arrivare a cento anni sarebbe diventato consueto, soprattutto tra i nati alla fine del ‘900 e nei primi vent’anni del nuovo millennio. Una recente ricerca, tuttavia, ha smentito le previsioni più ottimistiche: la crescita dell’aspettativa di vita sta rallentando proprio nei Paesi ricchi, a conferma che oltre un certo limite non si può andare, per ovvie ragioni naturali.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Aging”, ha adottato un approccio multidisciplinare per esaminare il tema dell’invecchiamento. Ha analizzato le morti in Paesi notoriamente longevi come Giappone, Italia, Svezia, Corea del Sud e Spagna, nel periodo compreso tra il 1990 e il 2019. Gli anni successivi sono stati esclusi per evitare distorsioni causate dalla pandemia. Lo studio ha evidenziato che l’aspettativa di vita è diminuita nel decennio 2010-2019 rispetto a quello del 1990-2000, dimostrando che esistono limiti evidenti oltre i quali non si può sopravvivere. Nel secolo scorso, i progressi della salute pubblica e della medicina hanno migliorato la qualità della vita, contribuendo all’aumento dell’aspettativa di vita, soprattutto nei Paesi sviluppati. Le stime avevano indicato una crescita di tre anni ogni decennio, portando a immaginare una società di centenari tra i nati dopo il 2000. Questa ipotesi ha suscitato l’interesse di geriatri e case farmaceutiche, che spesso si concentrano prima sul profitto e poi sul benessere.

Secondo gli autori dello studio, il rallentamento dell’aspettativa di vita conferma i limiti biologici dell’essere umano, per cui oltre una certa soglia è impossibile progredire. Studi recenti si stanno concentrando sulla possibilità di incidere sui processi di morte cellulare. In alcuni Paesi, come gli USA, si è registrato un calo significativo dell’aspettativa di vita dal 2010 in poi, paragonabile a periodi storici caratterizzati da guerre. Questo fenomeno è attribuibile a decessi precoci legati a problemi di diabete e malattie cardio-vascolari tra le persone di 40-60 anni. Gli Stati Uniti, infatti, detengono il primato mondiale per numero di obesi e diabetici. Sull’argomento si è acceso un forte dibattito. Nella stessa rivista, è stato pubblicato un articolo che critica le conclusioni pessimistiche dello studio, sostenendo che i futuri sviluppi della medicina potrebbero essere molto innovativi. Solo un secolo fa, pochi avrebbero creduto possibile ridurre la mortalità infantile, ma le politiche di salute pubblica e la scoperta dei vaccini hanno permesso di abbassare il tasso di mortalità infantile dal 20% degli anni ’50 del secolo scorso al 4% odierno.

È chiaro che prevenzione, nuove cure e terapie potrebbero apportare benefici in tema di invecchiamento. Tuttavia, questa corsa ossessiva verso il raggiungimento della longevità si scontra con la realtà della vita quotidiana, e i miglioramenti futuri probabilmente avvantaggeranno solo una piccola élite. L’età media è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni e la popolazione è sempre più anziana. Si tratta di dati tangibili e inconfutabili, ma è anche vero che gran parte delle persone anziane trascorrono gli ultimi anni in condizioni di affanno e difficoltà, quasi come in una lunga agonia. A che serve l’allungamento della vita in queste condizioni? Alle case farmaceutiche, che beneficiano degli enormi profitti!

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