Senza investimenti mirati e un’adeguata politica di formazione la disoccupazione giovanile sarà sempre alle stelle. Mentre la criminalità festeggia.
Roma – Si è sempre pensato che la laurea fosse il grimaldello ideale per entrare nel mondo del lavoro. Ma non per le donne. L’occupazione femminile, infatti, è più bassa di quella maschile, eppure le donne laureate sono in numero maggiore dei maschi. Non sono discorsi da femministe incallite, ma i dati dell’ultimo rapporto Istat (Istituto Nazionale di Statistica) dall’eloquente titolo “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali”. Nella fascia d’età tra i 25-34 anni ci sono il 35,5% di donne laureate contro il 23,1% di maschi, ma non a livello occupazionale. In Italia, la percentuale di chi trova lavoro, pur essendo in possesso di un titolo di studio superiore, è più basso di quattro punti, 83,4%, dei Paesi dell’Unione Europea (UE), 87,4%.
Inoltre, un tratto caratteristico della nostra struttura sociale è rappresentato dalla fascia d’età 18-24 anni, in possesso solo della licenza media inferiore e che né studia, né lavora e né frequenta corsi di aggiornamento professionale, che raggiungono l’11,5%. Sono i famosi NEET (Not in Education, Employment or Training). Un risultato in lieve calo, ma comunque superiore alla media europea che è del 9,6%. Il report evidenzia il fatto che con genitori in possesso di un basso livello d’istruzione, un giovane su quattro lascia gli studi prima del tempo e uno su dieci arriva alla laurea. Percentuali che cambiano in meglio con almeno un genitore laureato.
Inoltre, l’aspetto più sconcertante è che il tasso di disoccupazione giovanile senza titoli di studio nel 2002 è stato del 39%. Un numero che fa rabbrividire e la situazione più complicata è nel Mezzogiorno (ma guarda un po’ che… sorpresa!). I NEET compresi nella fascia d’età tra i 15 e i 29 anni, inoltre, corrono il rischio di essere esclusi dal mercato del lavoro. Tra questi un alto numero è alla ricerca attiva di lavoro, con percentuali che crescono man mano che si scende lo stivale. L’esclusione dal mercato del lavoro cresce con l’aumento del tempo che si si vive in questa condizione. E, ancora una volta, come in altre situazioni, a pagare il prezzo più alto sono le donne. A subire le conseguenze più gravi sono anche gli stranieri.
Qui, i NEET raggiungono, infatti la percentuale del 28,8%, mentre gli italiani il 18%. Ora se non interviene una politica orientata alla formazione e alla collocazione nel mondo del lavoro, lo scenario che si presenterà non sarà troppo lontano da quello rappresentato da ragazzi irrecuperabili, facili preda della criminalità organizzata e dell’economia sommersa a bassa qualifica. Con queste previsioni dolenti, la tenuta sociale ed economica della società italiana, che invecchia e si indebita sempre di più, è a forte rischio di frantumazione. Ed intanto, la politica cosa fa? Beh, è impegnata in grandi processi di “architettura istituzionale”, con il disegno di legge costituzionale, il cosiddetto “premierato”, ovvero l’elezione diretta del presidente del consiglio. Questa è la priorità, altro che la politica occupazionale e formativa a favore dei NEET, che secondo i nostri decisori politici sono “bazzecole, quisquilie, pinzellacchere” come diceva il grande Totò, ovvero aspetti di poco conto e insignificanti, minuzie! Non c’è che dire: siamo proprio alla frutta.