E poi dicono che i giovani di oggi sono degli “scansafatiche”, a cui piace la “pappa pronta”. A dire il vero l’affermazione è vecchia di secoli e fa parte del bagaglio di qualsiasi generazione che supera gli “anta” e viene utilizzata, spesso a sproposito, per definire la successiva.
Roma – I giovani studiano, si laureano, frequentano master e quant’altro e cosa ottengono? Un calcio negli stinchi. Vengono, infatti, respinti sull’uscio delle professioni. L’ultimo allarme sul tema è stato lanciato dalla Cassa Nazionale del notariato con un comunicato in cui emergono due fattori dirimenti: il calo delle “vocazioni” e il “prepensionamento”. Due fenomeni che confluiscono in uno solo: il calo dei repertori, accentuatisi negli ultimi anni. Per la cronaca il repertorio è il registro, vidimato dall’ Archivio Notarile, in cui il notaio annota giornalmente tutti gli atti da lui ricevuti o autenticati. Dal 2006 al 2022 per gli under 45 il repertorio medio è calato del 33,9%.
Per chi non supera i 35 anni, il repertorio non va oltre i 20 mila euro. Nel 2020, causa pandemia, addirittura a poco oltre i 12 mila. Comunque, la forte riduzione dei repertori si è estesa a tutte le età. Infatti, ha raggiunto il 31,3% . A soffrirne maggiormente sono stati gli studi notarili del mezzogiorno, in cui gli atti a repertorio sono calati di circa 700 mila unità. Anche in questo ambito esiste il divario Nord/Sud, al punto che si potrebbe definirlo “questione meridionale… notarile”. Al nord si sta verificando una strana polarizzazione: lo 0,4%, ovvero i primi dieci notai con un età media di 58 anni produce un repertorio pari a quello di 336 notai della stessa zona, con una percentuale del 13% ed un’età di 51 anni.
I notai costituiscono un caso particolare, nel senso che per esercitare la professione bisogna vincere un concorso pubblico, i cui posti sono quantificati dal Ministero della Giustizia. Tuttavia, l’età avanzata di chi esercita professioni, è emersa anche nelle ricerche dell’Adepp (Associazione degli Enti previdenziali Privati), che registra non tutti gli iscritti agli albi, ma i contributori degli enti di previdenza privata. Dall’ultimo report riferito al 2022 risulta evidente la questione dell’età. La fascia di iscritti compresi tra i 40 e 50 anni d’età è passata dal 31,2% del 2005 al 26,9% del 2021. Al contrario, quella tra i 50 e 60 anni, nella stessa fase, dal 18 al 25,6%. Per non parlare dei 40enni. Nel 2005 la quota era sostanziosa, il 41% degli iscitti alle Casse.
Negli anni questo numero è paurosamente diminuito, fino ad arrivare a 28,2 nel 2021. Secondo l’Adepp, i motivi che hanno prodotto questa situazione sono dovuti al fatto che si è allungata la vita lavorativa e, di conseguenza, all’innalzamento dell’età pensionabile. C’è da segnalare, tuttavia, che sono ancora tanti i pensionati che continuano ad esercitare la professione. Oltre a questi rilevanti aspetti, c’è da considerare l’invecchiamento demografico generale e il calo degli iscritti all’Università nel periodo 2005-2013. Inoltre, in questo mondo ci si arriva dopo un lungo percorso di studi e un tirocinio che spesso non viene retribuito. Per tacere di quelli che lavorano per anni in condizioni di quasi sfruttamento con orari lunghissimi e con paghe da fame. E poi ci si lamenta se molti giovani scappano all’estero. Con questi chiari di luna!