Quando la legge Merlin era solo un sogno
La sessualità è come l’energia: non si crea, né si distrugge.
Non nasce e non muore. Essa è sempre stata presente ed è proprio lei, semmai, a essere origine di qualcosa.
Tuttavia l’energia si trasforma, mentre la sessualità mantiene sempre le sue caratteristiche e ciò che invece cambia è il punto di vista di chi osserva.
Perciò ancora: la sessualità è il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, l’uovo o la gallina di ogni società ed epoca.
Perché questa premessa?
Innanzitutto per introdurvi a una rubrica che avrà come tema centrale i rapporti tra i sessi, le relazioni sentimentali, carnali o ufficiali che siano e il giudizio e pregiudizio che le accompagna dall’antichità ad oggi.
Occupandomi prevalentemente di storia, come dico sempre, conoscere qualcosa in più del nostro passato ci aiuta ad avere un punto di vista che fuoriesca dal quotidiano.
Di recente mi è capitato un breve viaggio con tappa nella bella e antica Pompei, meta turistica bersagliata da visitatori di tutto il globo e, senza dubbio, orgoglio del patrimonio italiano.
Cosa attira maggiormente della città immobilizzata dall’eruzione del Vesuvio del lontano 79 d.C.?
La grande piazza centrale, i vividi e purpurei affreschi, i corpi fossilizzati di poveri abitanti travolti dalla catastrofe, ahimè, e per ultimo, ma non per interesse, il piccolo lupanare dove è possibile ammirare scene di natura sessuale su quasi ogni parete interna.
Ed è proprio lì che voglio accompagnarvi, seguendo le comitive curiose che mettono piede all’interno, già stupite prima ancora di varcare la soglia.
Ebbene sì: ho potuto vedere una fiumana di gente accedere all’antico lupanare con occhi sgranati, sorrisi maliziosi e spalle lievemente incurvate come già in preda a un attacco di pudicizia.
All’interno l’angusto spazio si divide in piccole celle con letti in pietra a muro costruiti direttamente nella struttura. All’ingresso di ogni cubicolo appare un affresco rappresentante una scena che illustra una diversa posizione sessuale: la specialità della “lupa”, la prostituta, che dava prestazioni in quella cabina o, forse, un semplice decoro che stuzzicava fantasie erotiche al cliente di quel luogo di piacere.
“L’amazzone, mulier equitans , l’altalena, mulier sedens, il cucchiaio, supponere femur, il cavalcamento, pendula Venus , la pecorina, coitus more ferarum”: difficile prendere sul serio i nomi pseudoscientifici dell’amplesso, ma anche gli antichi Romani avevano battezzato, a modo loro, le posizioni per potersi più facilmente accordare con la meretrice di turno sulle preferenze.
Con molta probabilità ciò che avveniva, invece, all’interno delle mura domestiche, in ambito coniugale era molto limitato e limitante.
Il più delle volte la moglie era vista dall’uomo romano come una compagna di vita pubblica, unitasi a lui attraverso un contratto economico e finalizzato alla procreazione. Ogni fantasia sessuale con la propria moglie era più che sconveniente!
Lucio Elio Vero, nominato co-imperatore e successore da Marco Aurelio, rispose così alla moglie che lo accusava di intrattenersi in rapporti extraconiugali: “lasciami sfogare con altre le mie voglie, perché moglie è sinonimo di dignità e non di piacere”.
Di certo i tempi sono cambiati. I rapporti coniugali sono più passionali, in Italia non esistono “lupanari” e la prostituzione non è un mestiere contemplato, ma esistono comunque uomini che corrono fuori dalle loro case, nel buio della notte, per cercare la compagnia leggera di donne prezzolate.
Già a Pompei vivevano cittadini vestiti di falsi moralismi che si mostravano turbati e inorriditi alle volgari esibizioni delle prostitute sulla strada del lupanare, ma che erano pronti a cambiare velocemente idea quando il buio poteva mascherarli.
E dopo secoli, ancora oggi, visitando le antiche case del piacere, qualcuno arrossisce, qualcuno distoglie lo sguardo, qualcuno ride imbarazzato, qualcuno resta affascinato e qualcuno, perfino, adotta il sottile broncio del disappunto.
Eccoci! I tempi sono cambiati, ma i giudizi e i pregiudizi sono sempre con noi.