Il caso politico di Peppa Pig

É stato nientemeno che un cartoon, la famosissima Peppa Pig, ad avere sollevato polemiche, dibattiti (e pure interrogazioni parlamentari) tra le associazioni LGTB e quelle in difesa di animali e ambiente.

Roma – Quando un cartoon diventa un “caso politico”. All’inizio del mese di settembre i riflettori dei mass media si sono accesi su un fatto accaduto in Inghilterra che ha avuto ripercussioni anche in Italia. Cosa è successo di così eclatante da far scatenare i tanti “cani da tartufo della notizia” sparsi per il nostro Paese e nel resto d’Europa?

Il caso di Stato di Peppa Pig

Bene l’oggetto della singolar tenzone è stato, nientepocodimenoché, un cartone animato. In particolare la popolarissima Peppa Pig, l’adorata maialina nata nel 2004 e diventata, ormai, un fenomeno planetario, tanto che è trasmessa in TV in ben 180 Paesi in tutto il mondo. Il simpatico cartoon non è nuovo a polemiche, dibattiti ed interrogazioni parlamentari, forse per il fatto che il suo intento educativo e didattico è la promozione della famiglia e della scuola tra i bambini più piccoli, temi che toccano la sensibilità di tutti.

Succede, insomma, che il 6 settembre nell’isola di Albione (antico nome dell’Inghilterra), è andata in onda una puntata in cui Paddy, l’orso polare, aveva una famiglia non consueta, nel senso che era formata da due mamme. Questa puntata è stata più il frutto di un compromesso politico che di una libera scelta. Infatti, Mark Baker, uno dei due disegnatori, aveva dichiarato di preferire la famiglia tradizionale e di non avere intenzione di proporre famiglie omosessuali. Inoltre, se i gay avessero manifestato dissenso, avrebbero potuto anche cambiare canale.

Apriti cielo! Questa dichiarazione ha suscitato un fiume di polemiche, condite da tanto di proteste ufficiali da parte delle associazioni Lgbt. Proteste che hanno avuto il loro effetto, tanto da provocare l’intervento del garante per le comunicazioni inglese a dirimere la questione.

Se Peppa Pig fosse vissuta in epoca fascista

Non è la prima volta che si scatena un putiferio in seguito alla trasmissione in tv di un cartoon. Nel 2020, infatti, negli USA una petizione, promossa da gruppi Lgbt, aveva raccolto ben 24mila firme con lo scopo dichiarato di proporre in Peppa Pig anche famiglie dello stesso sesso, senza discriminazioni. Inoltre hanno protestato anche gli animalisti di Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali & Ambiente) con l’accusa di mostrare in tv animali feroci, omettendo ciò che succede nella realtà. Ovvero, come purtroppo ci raccontano le cronache, animali che vivono in condizioni di sfruttamento e forte disagio in allevamenti intensivi con l’unico obiettivo di produrre per l’alimentazione dell’uomo.

Infine, come in una sorta di gara a chi si faceva notare per una protesta purchessia, sono “insorti” perfino i cristiano-evangelici, che hanno accusato la povera maialina di istigare i più piccoli all’anarco-insurrezionalismo. Questo per il solo fatto che Peppa Pig si rotola nel fango. Vattelapesca, da dove possa essere stata scaturita un’interpretazione così bizzarra!

In Italia la prima stagione di Peppa Pig è andata in onda dal 2005 e ha proseguito finora, sempre con brillanti risultati in termini di ascolto. Si narrano le vicende quotidiane di una maialina e della sua famiglia, nonché dei suoi amici, tutti con rigorose sembianze umane. L’episodio narrato, in una società veramente rispettosa dei diritti umani, dovrebbe essere stroncato sul nascere senza che gli venga offerta la possibilità di essere fagocitato dal circo mediatico. La comprensione del contesto in cui si opera è il focus, soprattutto per chi opera con un vasto pubblico. Se l’evoluzione dei costumi va in certo modo, ne va preso atto e ci si adegua, piaccia o non piaccia.

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