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Pensioni 2024, poche novità e ‘finestre chiuse’ sul futuro

La mappa dei requisiti per il meritato riposo dopo le modifiche apportate dalla legge n. 213/2023. Le donne come sempre le più penalizzate.

Roma – Andare in pensione nel 2024 non sarà così conveniente. Le famose ‘finestre’ di un tempo oggi sono chiuse e senza aperture per una boccata d’ossigeno e per guardare al futuro. Tra quote, opzioni e cavilli normativi lo slalom per il meritato riposo è irto di ostacoli sul percorso delle riforme del lavoro. L’ultima manovra ha infatti introdotto diverse strette sui prepensionamenti cancellando i progressi fatti nel corso degli anni con l’avvicendarsi di governi e misure. Anzi, bisognerà lavorare di più e ritardare la quiescenza.

Una questione che investe anche i giovani per i quali il sistema di calcolo contributivo dovrebbe essere in grado di garantire la sostenibilità finanziaria a prescindere dall’età di uscita. Poche o nessuna novità all’orizzonte per la pensione anticipata: servono sempre 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (2227 settimane) e 41 anni e 10 mesi di contributi le donne (2175 settimane), a prescindere dall’età anagrafica. Per il pensionamento di vecchiaia occorrono invece 67 anni insieme ad almeno 20 anni di contribuzione.

Uno ‘sconto’ – abbastanza esiguo – viene applicato ai lavoratori dipendenti addetti a mansioni particolarmente difficoltose e rischiose contemplati nel decreto del ministero del Lavoro del 2018: con almeno 30 anni di contribuzione, non titolari dell‘ape sociale, al momento del pensionamento possono arrivare al traguardo a 66 anni e 7 mesi. Anche qui la ‘finestra’ ha pochi spiragli di luce: non è previsto nessuno slittamento e la pensione decorre, di regola, il primo giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti.

Nel 2024 resta pure Quota 103, che prevede il traguardo a 62 anni d’età e 41 di contributi, ma è fortemente depotenziata dalla legge n. 213/2023. Perché la pensione viene calcolata con il sistema contributivo e non più con il misto che era valido nel 2023. Fino a 67 anni l’importo massimo della pensione non potrà eccedere il valore pari a quattro volte il trattamento minimo Inps (2.394 euro lordi al mese), mentre l’anno scorso il limite era cinque volte il trattamento minimo Inps, ossia 2.839 euro al mese.

Fa capolino nel nuovo anno anche l’Ape sociale, destinata con le ultime modifiche alle categorie più fragili. Dai disoccupati con esaurimento integrale dell’indennità di disoccupazione agli invalidi civili almeno al 74%, dai caregivers agli addetti ad attività particolarmente ‘difficoltose e rischiose’. Ma attenzione, il requisito anagrafico sale da 63 anni a 63 anni e 5 mesi, invariato quello contributivo pari a 30 anni, 36 anni per le attività difficoltose e rischiose da cui sparisce il requisito contributivo agevolato di 32 anni previsto per gli edili e ceramisti.

E Opzione Donna? Potranno accedervi le lavoratrici con 61 anni – un anno in più rispetto allo scorso anno – e 35 anni di contributi raggiunti entro il 31 dicembre 2023 ma solo se rientrano in tre specifici profili di tutela: caregivers; in possesso di una invalidità civile almeno al 74%; lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa (legge 296/2006). Sconto di un anno, inoltre, sul requisito anagrafico per ogni figlio entro un massimo di due anni.

Per le lavoratrici del settore scolastico interessate dalla proroga si riaprono sino al 28 febbraio i termini per la presentazione delle domande di cessazione dal servizio con decorrenza della pensione dal prossimo settembre. Ma quello che è emerso dall’ultimo monitoraggio dell’Inps è che con Quota 102-103 gli assegni sono calati dell’11% e che gli importi delle donne – in generale – sono andati giù del 30% rispetto agli uomini.

Cosa dicono gli ultimi dati? Rallentano i pensionamenti anche per lo scemare dell’effetto Quota 100. Sono 764.907 le nuove pensioni liquidate dall’Inps nel 2023, l’11,07% in meno delle 865.948 erogate nel 2022. Salgono invece leggermente gli importi medi che arrivano a 1.140 euro contro i 1.135 dell’anno precedente, ma non per le donne che hanno visto scendere, sempre in media, gli assegni mensili da 963 a 950 euro, il 30% in meno di quelli versati agli uomini.

Quello che emerge dal monitoraggio dell’Istituto sui flussi di pensionamento è chiaro: nell’anno del passaggio da Quota 102 a 103 gli assegni anticipati liquidati si sono ridotti del 16,09%. Dall’analisi emerge che con decorrenza 2023 in totale sono state erogate 794.907 pensioni: 101.041 in meno delle 865.948 del 2022. I trattamenti di vecchiaia sono stati 296.153 con una riduzione del 2,38% sul 2022.

Il 2023, anno in cui è stata introdotta Quota 103 al posto di Quota 102, segna di fatto la fine del cosiddetto “effetto Quota 100”, il canale di uscita con 62 anni d’età e 38 di versamenti che era stato aperto in via sperimentale tra il 2019 e il 2021 e che è rimasto utilizzabile per chi ha maturato in quel periodo i requisiti richiesti. Gli assegni anticipati liquidati sono stati 218.584, il 16,09% in meno dei 260.483 erogati nel 2022. Riduzione significativa anche per le pensioni ai superstiti e per le invalidità, scese del 13,55%.

Taglio del cuneo Fiscale Ministro Calderone il giornale popolare
Il ministro Marina Calderone

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha dichiarato che per quel che riguarda le pensioni “armonizzare il sistema non è certamente semplice, soprattutto quando poi le risorse, così come è successo nel 2023 con la legge di Bilancio, sono scarse. Però l’obiettivo di legislatura è quello di rimettere mano con sapienza e con attenzione anche a quello che è il patto intergenerazionale che poi è alla base di un sistema efficiente”. Il quadro non è di certo roseo, per le poche risorse a disposizione. E giungere a una ridefinizione del quadro pensionistico non è affatto semplice.

“La riforma complessiva richiede tempo, ma il cantiere pensioni non è mai stato chiuso”, insiste il ministro Calderone, che punta sulla previdenza. “Il mio primo presupposto – ha detto – è che il carburante del sistema contributivo è il lavoro. Ed è sull’accesso e l’integrazione nel mercato del lavoro che dobbiamo operare. Avvalendoci dell’Osservatorio sulla spesa previdenziale, durante la legislatura definiremo tutti gli interventi utili per mettere in protezione chi deve uscire dal lavoro in anticipo perché ha già lavorato tanto e chi, al contrario, deve ancora cominciare a costruire la propria posizione previdenziale, integrando nelle analisi anche la previdenza complementare“.

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