Pendolaria 2025, nel report Legambiente punta il dito contro il Ponte sullo Stretto

Le associazioni ambientaliste ricorrono al Tar: “Progetto con impatto ambientale irreversibile”. Intanto lievitano i fondi in Manovra.

Messina – “Il Rapporto Pendolaria 2025 sottolinea ancora una volta come le esigenze di mobilità del Paese siano messe in secondo piano rispetto all’eterna rincorsa all’annuncio sulle grandi opere, dannose o perlomeno discutibili in termini di utilità. Il rischio concreto è ignorare le ‘piccole’ opere che farebbero grande il Paese, e non coglierne le opportunità occupazionali e di slancio economico: raddoppi e passanti ferroviari, potenziamenti e velocizzazioni, nuove stazioni, elettrificazioni”. Comincia così il Report di fine anno stilato da Legambiente, che punta il dito contro il Ponte sullo Stretto. Nel rapporto si evidenzia che il progetto sta drenando risorse fondamentali per il Sud (ma ci sarebbe da chiedersi: lo Stretto non è Sud?)”. 

L’aspetto “drammatico”, prosegue l’Associazione, è che oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali “fino al 2038 riguarderanno il Ponte sullo Stretto, quando rimangono situazioni come quella della linea Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 13 anni e dove non vi è alcun progetto concreto di riattivazione”.

E’ notizia delle ultime ore che Legambiente, Lipu e Wwf Italia hanno notificato il ricorso al Tar Lazio “contro il parere favorevole con prescrizioni” sulla Valutazione d’Impatto Ambientale riguardante il Ponte sullo Stretto di Messina, “nonostante il parere negativo” della Valutazione di Incidenza. Lo rendono noto le stesse associazioni, spiegando che nel ricorso “si evidenzia l’illogicità” del parere rilasciato dalla dalla Commissione VIA che presenta “importanti carenze di analisi”. Intanto la manovra fa piovere per il Ponte sullo Stretto nuovi fondi: 1,4 miliardi. E il ministro Matteo Salvini punta dritto verso la meta. Nel cammino verso la costruzione della grande opera incontra le resistenze degli ambientalisti sul piede di guerra nell’eterna lotta contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto.

Secondo Legambiente, LIPU e Wwf Italia “la valutazione d’incidenza negativa pregiudica il parere positivo rilasciato, mentre le analisi e gli approfondimenti richiesti – in particolare su mitigazioni e compensazione – si sarebbero dovuti presentare già con il progetto definitivo essendo irragionevole chiederli per il progetto esecutivo dopo l’affidamento per la realizzazione dell’opera”. E ancora: il Ponte sullo Stretto di Messina “rimane un progetto dall’impatto ambientale gravissimo e irreversibile, non mitigabile né compensabile”, affermano le tre associazioni.

Le proteste del WWF

Gli ambientalisti fanno presente che lo “ammette” la stessa Commissione Via che, relativamente alla Valutazione d’Incidenza, evidenzia: “Le medesime analisi del proponente conducono a ritenere che per alcuni siti della Rete Natura 2000 non è possibile concludere che il progetto non determinerà incidenze significative, ovvero permane un margine di incertezza che, per il principio di precauzione, non permette di escludere effetti negativi su detti siti”. Ma il Wwf  Italia, dopo che il parere Via della Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale ha dato il via libera all’opera del Ponte sullo Stretto, si era rivolto all’Unione europea.

Lo rendeva noto la stessa ong con un comunicato, in cui argomenta che i “temi per un reclamo comunitario sono tre: ossia l’assegnazione dell’opera senza gara di appalto avvenuta grazie ad una sottostima dei costi, la violazione delle direttive Habitat e Uccelli e quindi delle normative su Rete Natura 2000, la mancata applicazione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica”. Il Wwf Italia “studierà con attenzione il parere VIA”, si legge sul sito della ong, “ma è chiaro che le critiche degli ambientalisti non erano infondate tant’è che ci sono, per quanto è dato di sapere, almeno 60 prescrizioni che riguardano tutti gli aspetti ambientali coinvolti dal progetto”.

Nonostante le “resistenze” dei comitati no Ponte e delle associazioni il ministro Matteo Salvini conferma che la grande opera si farà. Anzi, arrivano nuovi fondi al Ponte sullo Stretto. Nel fascicolo delle proposte di modifica alla Manovra dei gruppi, riformulate dal governo per l’approvazione, risulta infatti anche un emendamento della Lega che incrementa complessivamente di 1,4 miliardi, rispetto agli 11,6 miliardi previsti dalla scorsa legge di bilancio, la dote per l’infrastruttura fino al 2032. Si tratta, però, di una cifra inferiore rispetto ai 3 miliardi inizialmente ipotizzati nell’emendamento a firma del capogruppo leghista Riccardo Molinari.

La modifica cambia le poste previste “al fine di consentire l’approvazione da parte del Cipess, entro l’anno 2024, del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria” e “nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato” (la speranza è quella che subentrino fondi privati). Vengono ridotti i soldi presi dal bilancio statale e aumenta il ricorso ai Fondi di Coesione. Finora erano previsti, oltre ai 370 milioni per l’aumento di capitale della società Stretto di Messina, 9,3 miliardi dal bilancio statale, 718 milioni dai fondi di coesione delle amministrazioni centrali e 1,6 miliardi da fondi di coesione di Sicilia (1,3 miliardi) e Calabria (300 milioni). Ora invece le risorse del bilancio statale scendono a 7,4 miliardi, tenendo conto anche delle opere accessorie, e lievitano a 6,2 miliardi quelle dei fondi di coesione.

Non mancano dall’opposizione nuove critiche. “Salvini si fa il regalo di Natale: in un nuovo emendamento alla legge di bilancio nei prossimi anni alle infrastrutture vengono sottratti” fondi “per finanziare il Ponte sullo stretto. Opera inutile, costosa e pericolosa che oggi viene finanziata con risorse che potevano essere utilizzate per strade, ferrovie e infrastrutture diffuse”. Lo dichiara Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.

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