Negli ultimi 9 anni la Regione Lazio ha perso 16 ospedali 3600 posti letto e il 14% del personale.
Le elezioni regionali in Emilia-Romagna sono sempre più imminenti e sembra che con il passare delle ore l’isterismo politico che le circonda stia crescendo. La telenovela elettorale di questi mesi è stata caratterizzata da un fortissimo senso di spettacolarizzazione politica. Il PD, che tramite Stefano Bonaccini sta cercando di assolversi dai mali compiuti nei confronti delle classi sociali più fragili e di presentarsi alla popolazione mediante un nuovo volto, ha lavorato molto in vista del voto del prossimo 26 gennaio, reputando il risultato regionale metro di misura per quanto concerne il bilancio nazionale. La partecipazione speciale delle Sardine, o quanto meno dei suoi principali leader, al percorso elettorale del candidato è sembrato l’ennesimo tentativo di ringiovanire una realtà politica che ormai sembra sempre più distante dal tessuto sociale da cui, almeno teoricamente, dovrebbe provenire. Il tentativo di scimmiottare la comunicazione mediatica del centrodestra si è dissolto appena le domande della popolazione sono diventate più concrete e hanno superato la dimensione di meri slogan. Il programma economico, invece, è molto più simile a quello di Confindustria rispetto alle dichiarazioni d’amore universale litaniate dalle Sardine.
Dall’altra parte della barricata troviamo la candidata leghista Lucia Borgonzoni. La deputata, però, non ha avuto molto spazio mediatico, dato che il predatore televisivo Matteo Salvini è riuscito a monopolizzare il palinsesto elettorale della candidata per divulgare ancor più chiaramente i propri sentimenti d’intolleranza e la poca conoscenza delle reali problematiche che attraversa questo Paese. Sarebbe il caso di ricordare al Matteo lombardo che l’immigrazione su cui fonda le sue battaglie elettorali è all’incirca il 7% del flusso totale, ovvero un numero esiguo che certo non può propriamente far pensare ad un’invasione.
I candidati delle due coalizioni sono in realtà facce della stessa medaglia che, dopo le apparenti divergenze, nascondono un programma di politica economica estremamente simile. Proprio in questi giorni, infatti, abbiamo assistito all’inglorioso tentativo di Nicola Zingaretti di riacquisire una credibilità politica distaccandosi dal vecchiume del PD, che ancora non si è ripreso dallo scossone liberale di Matteo Renzi, per creare un nuovo soggetto politico. “In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla”. Aveva dichiarato qualche giorno fa il segretario dei dem ai microfoni di La Repubblica. Se da una parte vi è stata un’oggettiva crescita nell’interesse dei giovani alla politica, dall’altra parte non possiamo farci illusioni vedendo chi sono i protagonisti che hanno raccolto questo disagio. Scorgendo il passato del già Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, infatti, dei dubbi sulla nuova politica millantata dal centrosinistra sembrano essere più che legittimi. Negli ultimi 9 anni (di cui 3 si riferiscono alla presidenza di Renata Polverini) la Regione Lazio ha perso 16 ospedali (tra cui il Policlinico Casilino, privatizzato proprio dalla giunta di centrosinistra), 3600 posti letto e il 14% del personale. Proprio nel 2018, infatti, la politica scellerata nel campo della sanità non era passata inosservata, tanto che il programma Piazzapulita nella puntata del 25 gennaio 2018 realizzò un servizio in cui emergeva che la politica sanitaria regionale era un’operazione dagli scarsi vantaggi e puramente ideata per fini propagandistici. Anche nel campo delle infrastrutture la giunta di centrosinistra ha steso il tappeto rosso ai piedi della progressiva privatizzazione e della correlata speculazione. Tra i provvedimenti principali c’è la legge numero 7 del 22 ottobre 2018. Con essa si è deliberata la procedura di approvazioni dei piani nelle aree naturali protette. Zingaretti ha, di fatto, introdotto un limite temporale di sette mesi, oltre il quale una proposta di piano edilizio viene approvato d’ufficio per silenzio-assenso. Sostanzialmente questa delibera ha significato per gli speculatori dell’edilizia un regalo di Natale anticipato.
Zingaretti sostenne fortemente anche il progetto delle Olimpiadi nella Capitale, creando addirittura dei comitati operativi per la mobilitazione cittadina di cui capo incaricato era Luca Cordero di Montezemolo. Ipotizzare e difendere con fermezza quello che avrebbe significato il punto di non ritorno economico per la Capitale, dopo aver tastato con mano la follia speculativa creatasi a Roma in occasione dei Mondiali di Nuoto del 2009, è pura demagogia finalizzata al carrierismo politico. Il forte legame tra il segretario nazionale del PD e il mondo delle imprese ha avuto delle ripercussioni anche nel campo universitario: durante la presidenza della Provincia di Roma diede la benedizione ad un iniziativa svoltasi presso l’Ateneo di Roma Tre, nella quale si dava il benvenuto nella struttura alle grandi multinazionali come Coca-Cola, Vodafone e Barilla, le quali una volta presa visione di alcuni progetti redatti dagli studenti, finanziavano quelli che giudicavano più vantaggiosi. Ciò denota il totale asservimento del politico al modello d’istruzione aziendale, quindi non più volto alla ricerca e allo studio, ma ai profitti delle imprese.
Il prossimo 26 gennaio sapremo , dunque, quale futuro attenderà alla famigerata “Regione rossa”, ma da una parte siamo già consci che qualunque sia il risultato, per i lavoratori e per tutti gli appartenenti alle classi più deboli, non ci saranno dei risvolti positivi né con la Lega, né con il PD. Non è possibile farci illusioni vedendo il percorso politico dei principali leader nazionali.