Nel paese delle Offelle rimarranno 120 tonnellate di scorie radioattive in attesa del sito nazionale che potrà ospitarle. Forse…
PAVIA (PARONA)- Inceneritore, fanghi e rifiuti radioattivi. Abbiamo scritto pochi giorni fa che, tra due anni, l’inceneritore di Parona – il paesino della Lomellina famoso per i gustosi biscotti chiamati le Offelle – si attiverà una terza linea, un terzo forno per bruciare rifiuti.
Lomellina Energia, la società che gestisce il termovalorizzatore di Parona insieme A2A, il primo operatore in Italia nell’ambito delle attività di recupero di materia ed energia attraverso la termovalorizzazione dei rifiuti, ha però sempre assicurato che il nuovo forno avrebbe sostituito il primo, quello, per così dire, “vecchio”, che la quantità di rifiuti autorizzata al trattamento non cambierà, resteranno cioè quelle 380mila tonnellate di rifiuti da bruciare all’anno, che proverrebbero però soprattutto da fuori provincia.
Ora apprendiamo che, oltre a quelle 380mila tonnellate di rifiuti “normali”, sempre a Parona rimarranno anche le famose 120 tonnellate di rifiuti radioattivi a base di Radio 226 giunte in loco, nel 2011, dalla provincia di Bergamo. All’epoca vennero parcheggiate in un capannone di viale Lombardia della Intals (ex Vedani Metalli) sempre il quel di Parona. Oggi, gennaio 2020, quelle 120 tonnellate radioattive si trovano, e probabilmente resteranno, ancora per molto tempo in quel del richiamato paese di circa mille anime immerse nelle risaie.
“…C’è il nulla osta – dichiara Marco Lorena, sindaco di Parona – allo stazionamento di quei rifiuti radioattivi nell’apposita struttura costruita dalla ditta stessa in strada Marziana. Si tratta di una struttura che ha tutte le caratteristiche prescritte dalla Procura, dai Vigili del Fuoco e dall’ Arpa affinché tutto sia sicuro in caso di inondazioni, disastri ed eventi simili. Non c’è alcun rischio per la popolazione. A dire il vero quel deposito, quello di Parona, dovrebbe essere transitorio: tutto sta a se, quando e dove lo Stato deciderà di costruire “quel” famoso deposito nazionale…”.
Già, il deposito nazionale. Proprio sul sito internet “depositonazionale.it” si legge che «Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove saranno messi in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia». Saranno, al futuro. Perché ad oggi tutto sembra fermo al 2015 quando la Sogin, la Società di Stato che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, in base a quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 31 del 2010 e successive modifiche e integrazioni, individuerà il sito che ospiterà, appunto, questo Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. Sempre sullo stesso sito si legge che:
“..in Italia i centri che producono e/o detengono rifiuti radioattivi sono centinaia: installazioni nucleari (4 centrali e 4 impianti del ciclo del combustibile); centri di ricerca nucleare; centri di gestione di rifiuti industriali; centri del Servizio Integrato…”.
Ma torniamo a Parona. Per chi non conoscesse la storia, nel 2011, in uno stabilimento della provincia di Bergamo si verificò un incidente di fusione involontaria di materiale radioattivo contenuto in una partita di rottami metallici. Quella fonderia non era in grado di svolgere direttamente attività di riciclo e per questo aveva deciso di spedire alla consociata Intals di Parona le proprie schiume di alluminio per farle trattare adeguatamente. L’Intals segnalò il problema alla prefettura, alla Asl, all’Arpa e ai vigili de fuoco, e fece eseguire i primi rilievi che confermano come 7 cassoni su 10 fossero contaminati da Radio 226. I container contaminati vennero messi in sicurezza e si disse che quello stoccaggio non avrebbe creato pericolo per la popolazione, ma qualcuno volle esserne sicuro e così iniziarono le indagini ma, nel giro di tre anni, il Pm pavese dell’epoca chiese l’archiviazione del fascicolo perché “..sono stati avviati autonomi procedimenti penali conclusi nella maggior parte dei casi con decreto penale di condanna…”. Il primo cittadino di Parona spiega nel dettaglio:
”…Noi Avevamo chiesto il pagamento di una fidejussione – aggiunge Lorena – perché se la ditta fallisse, quel carico rimarrebbe in capo al Comune e ai cittadini di Parona…”.
Tutto bene e allora? Quei rifiuti che fine fanno? La risposta potrebbe essere quasi omofona (no, non è un’offesa). «All’Intals» direbbero i più, ma qualcuno, in dialetto locale potrebbe rispondere «in tal sit», ovvero in quel posto. Già, perché nel 2018 la Procura di Pavia ha dovuto riaprire l’indagine, perché la procura generale di Milano aveva bloccato la richiesta di archiviazione disponendo un esame più approfondito della documentazione da parte del giudice per le indagini preliminari. Ma questo, appunto, serviva solo a capire che cosa fosse accaduto, a chi affibbiare la responsabilità e così via.
Per quanto riguarda i fanghi, l’appuntamento sarà per la prossima settimana, considerando l’incontro del 1 febbraio, rigorosamente a porte chiuse, durante il quale si presenterà l’impianto di essicazione dei fluidi previsto all’interno del locale inceneritore. Ne sapremo di più subito dopo.