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Palermo, tre misure cautelari per frode fiscale e sequestri per 14 milioni

La Gdf ha stroncato un’associazione per delinquere con finte società in Italia, in Russia e Bielorussia. Gli indagati sono in tutto 24, tra persone fisiche e giuridiche.

Palermo – Misure cautelari sono state eseguite dai finanzieri nei confronti di tre persone a Palermo, due agli arresti domiciliari e uno all’obbligo di dimora, mentre un’altra ventina – in totale 24 tra persone fisiche e giuridiche – sono indagate. Tutte per associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, emissione di fatture false, occultamento e distruzione di documenti contabili, autoriciclaggio, omessa dichiarazione, indebita compensazione e omesso versamento. Sequestrati anche somme e beni per oltre 14 milioni di euro. 

Con questa accusa sono finiti ai domiciliari Salvatore Città, classe 1955, residente a Bagheria e l’alcamese Gianfranco Milotta, di 46 anni. Obbligo di dimora per Giacinto Sciortino, 47, residente a Bagheria.

Le indagini, condotte dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Palermo (I Gruppo Tutela Entrate) avrebbero permesso di disvelare l’esistenza di un’associazione per delinquere che dal 2016 al 2020 si sarebbe avvalsa sistematicamente di modelli seriali di evasione accuratamente ideati da un consulente fiscale palermitano per favorire 3 società specializzate nel commercio di materiali per l’edilizia, riconducibili ad un imprenditore di Alcamo. 

Il collaudato sistema illecito, che avrebbe generato un volume di false fatturazioni per oltre 37 milioni di euro, si sarebbe articolato attraverso l’utilizzo di 22 società cartiere, localizzate oltre che in Sicilia anche in Lombardia, Veneto e Puglia. Documentata anche la realizzazione di complesse operazioni societarie, per mezzo delle quali le aziende utilizzatrici delle false fatturazioni, una volta incamerati gli indebiti vantaggi fiscali venivano dapprima svuotate del compendio societario, trasferito ad altre imprese neo costituite e successivamente poste in liquidazione e fittiziamente trasferite all’estero in Russia e Bielorussia, al fine di rendere particolarmente difficoltosi gli accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria italiana. Infine, comprovata la sistematica distruzione e occultamento della relativa documentazione contabile. 

Il meccanismo fraudolento, oltre ad abbattere le imposte dovute per oltre 9 milioni di euro, avrebbe consentito anche la creazione di un ingente credito IVA per circa 2,3 milioni di euro, oggetto poi di autoriciclaggio attraverso il trasferimento in altra società riconducibile agli indagati e in buona parte già oggetto di indebita compensazione con imposte realmente dovute, che in tal modo non sono state versate all’Erario. 

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