La maxi-operazione della Guardia di Finanza ha portato dodici provvedimenti cautelari. Le tangenti riguardavano le gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’Asp di Palermo. Ai domiciliari Antonino Candela, da poco coordinatore per la crisi sanitaria in Sicilia, in carcere il direttore generale dell'Asp di Trapani
Terremoto nella sanità siciliana. La Guardia di Finanza di Palermo, su delega della Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 12 persone indagate per corruzione, atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti. In carcere sono finiti Fabio Damiani, direttore generale dell’Asp di Trapani e Salvatore Manganaro, suo faccendiere di fiducia. Otto indagati, invece, sono stati sottoposti ai domiciliari: si tratta di Antonino Candela, attuale Coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già Commissario Straordinario e Direttore generale dell’APS 6 di Palermo; Giuseppe Taibbi, faccendiere di Candela; Francesco Zanzi, romano, amministratore dell’azienda “Tecnologie Sanitarie S.p.a”; Roberto Satta, responsabile operativo della stessa azienda; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di “SIRAM S.p.a”. e amministratore delegato di “SEI Energia s.c.a.r.l”; Crescenzo De Stasio, direttore unità business centro sud di “SIRAM S.p.a”; Ivan Turola, referente occulto di “FER.CO. s.r.l”; Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di “PFE S.p.a”. Nei confronti di Giovanni Tranquillo, referente occulto di “EURO&PROMOS S.p.a”. e di “PFE S.p.a”, e Giuseppe Di Martino, ingegnere e membro di commissione di gara, è stata invece applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici. Tutto ruotava attorno a gare d’appalto truccate grazie alla complicità dei faccendieri e ad un giro enorme di prestanomi e società “amiche”.
Al termine dell’operazione, denominata “Sorella Sanità”, 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, sono state sottoposte a sequestro preventivo. Inoltre il Gip ha disposto il sequestro di 160 mila euro, quale ammontare delle somme già versate come tangenti, ma le Fiamme Gialle hanno appurato un giro di tangenti promesse pari a 1 milione 800 mila euro. Nello specifico, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Gdf, ha analizzato 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro. Le gare in questione sono: “gestione e manutenzione apparecchiature elettromedicali”, bandita dall’ ASP 6 del valore di 17 milioni 635 mila euro; “servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali”, bandita dalla CUC del valore di 202 milioni 400 mila euro; “fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici”, bandita dall’ ASP 6 del valore di 126 milioni e 490 mila euro; “servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale”, bandita dalla CUC del valore di oltre 227 milioni di euro.
Nelle tasche degli impiegati corrotti e dei faccendieri, entrava il 5% del valore della commessa aggiudicata. La società che pagava la tangente poteva presentare un’offerta guidata, seguita fino all’esito finale con l’attribuzione discrezionale di punteggi, la sostituzione delle buste, il pagamento degli stati di avanzamenti lavoro anche in mancanza di documentazione e la diffusione di informazioni riservate coperte da segreto d’ufficio. I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanome, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti. Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale approntato, gli indagati si erano spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite.