Paesi sicuri e rimpatri migranti: Meloni rilancia il “modello Albania”

Pressing della presidente del Consiglio durante la riunione informale a Bruxelles di dicembre: la premier punta subito a una proposta Ue.

Roma – Difendere con le unghie e con i denti il protocollo d’intesa con l’Albania di Edi Rama sui migranti – oggetto di forti contestazioni in Italia dopo i provvedimenti della magistratura – e promuovere l’implementazione di “soluzioni innovative” per la gestione dei flussi migratori, rafforzando il quadro legale in materia di rimpatri. Questi i ‘tasti’ toccati dalla premier Giorgia Meloni nel corso dell’ultimo summit informale del 2024 a Bruxelles, al quale hanno preso parte anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e i leader di Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia e Ungheria.

La Commissione Ue presenterà nei primi mesi del 2025 le nuove norme in materia di rimpatri, ed è proprio von der Leyen a illustrare le principali linee guida contenute nella lettera sulla migrazione del mese scorso. Meloni chiede una “rapida presentazione e finalizzazione” della nuova proposta legislativa e pone l’accento sulle “soluzioni innovative” nel contrasto all’immigrazione irregolare per spezzare il “modello di business” dei trafficanti di esseri umani: gli sforzi di accoglienza europea, spiega la presidente del Consiglio ai colleghi della Ue, vanno focalizzati nei confronti di chi ha effettivamente diritto alla protezione internazionale.  E ora il governo punta a riprendere i trasferimenti dei migranti verso l’Albania. Forte anche della sentenza della Cassazione del 19 dicembre che “ci ha dato ragione” e del vento di destra che soffia in Europa, spingendo verso la difesa dei confini esterni.

Per i leader Ue serve un quadro normativo più chiaro ed efficace, e ciò passa anche per il rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro. Nella riunione, poi, si parla della possibile creazione di “returns hubs” (centri di rimpatrio) in Paesi terzi e di un rafforzamento dell’azione europea lungo le rotte migratorie con Unhcr e Iom in tema di rimpatri volontari assistiti. Intanto, il 19 dicembre la Corte di Cassazione ha risposto al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il 1° luglio 2024. La Prima Sezione civile della Corte di cassazione, nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo, ha affermato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri.

Il giudice ordinario, quindi, non può sostituirsi al Ministro degli affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale. Può tuttavia, nell’ambiente normativo anteriore al decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, e alla legge 9 dicembre 2024, n. 187, in sede di esame completo ed ex nunc, valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri (secondo la disciplina ratione temporis), allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto, tenuto conto delle fonti istituzionali qualificate di cui all’art. 37 della direttiva 2013/32/UE, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale.

Inoltre, a garanzia dell’effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale. In pratica la Suprema Corte ha stabilito che la valutazione ultima sui Paesi considerati sicuri per i migranti spetta al giudice, accogliendo una posizione espressa dal Tribunale di Roma. La Prima Sezione civile ha sottolineato che il giudice ordinario è il garante dei diritti fondamentali del richiedente asilo nei singoli casi.

Tuttavia, la designazione dei Paesi sicuri rimane una prerogativa politica, in linea con la normativa europea. Pertanto, il giudice non può sostituirsi al Ministro degli Esteri né annullare il decreto ministeriale che stabilisce la lista dei Paesi sicuri con effetti generali.

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