La Procura: “Stordita con barbiturici e gettata dall’A4.” Rinvio a giudizio in vista per il 38enne. Il delitto il 29 maggio scorso.
Padova – La Procura della Repubblica di Padova ha chiuso le indagini preliminari nei confronti di Andrea Favero, 38 anni, accusato dell’omicidio premeditato di Giada Zanola, la 34enne gettata da un cavalcavia dell’autostrada A4 a Vigonza la notte del 29 maggio 2024. Secondo gli inquirenti, Favero avrebbe stordito la compagna con barbiturici prima di spingerla, ancora viva, sulla carreggiata, inscenando un suicidio. Il corpo della donna fu travolto dai veicoli in transito, straziato al punto da rendere inizialmente plausibile l’ipotesi di un gesto volontario. Ma le indagini hanno ribaltato la scena, puntando su un delitto pianificato.
L’avviso di conclusione delle indagini, firmato dal procuratore aggiunto Paola Mossa, è stato notificato il 24 marzo 2025. Contestate a Favero l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla relazione affettiva e dalla convivenza. La coppia, che aveva un figlio di 3 anni, era in crisi: Giada aveva deciso di lasciare Favero, annullando il matrimonio previsto per settembre 2024. Un movente che, per la Procura, avrebbe spinto l’uomo a progettare il crimine, usando psicofarmaci per rendere la vittima inerme.
“Giada Zanola drogata e poi uccisa”: messinscena sventata
La notte del delitto, intorno alle 3:30, Giada fu vista per l’ultima volta sul cavalcavia di via Prati, a meno di un chilometro dalla loro casa. Favero, camionista, la seguì in auto dopo una lite, la fece salire a bordo e la condusse sul ponte. Qui, secondo la ricostruzione, la sollevò per le ginocchia e la gettò oltre il parapetto. Dopo l’atto, tentò di depistare le indagini: alle 7:38 inviò un messaggio al cellulare della vittima—“Sei andata al lavoro? Non ci hai salutato!”—e raccontò alla madre di aver dormito tutta la notte. Ma le telecamere e i riscontri tossicologici hanno smascherato la finzione.
L’autopsia ha rivelato tracce di benzodiazepine nel sangue di Giada, sostanze compatibili con le boccette vuote trovate nella casa della coppia, acquistate da Favero con ricetta medica. Analisi sui capelli dell’uomo hanno escluso che le assumesse, rafforzando l’ipotesi della premeditazione. Giada, nei giorni precedenti, si era confidata con un’amica: “Mi sento fiacca, ci vedo doppio,” aveva scritto la sera prima di morire, temendo che il compagno la stesse drogando.
Verso il processo
Scaduti i 20 giorni per le controdeduzioni della difesa—affidata agli avvocati Silvia Masiero e Cesare Vanzetti—la Procura si appresta a richiedere il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare potrebbe tenersi a luglio 2025. Favero, in carcere dal 30 maggio 2024, si è avvalso della facoltà di non rispondere al gip, ma le sue parziali ammissioni iniziali (“L’ho sollevata e buttata giù”) pesano come indizi, pur non utilizzabili in aula per vizi procedurali.