Il Riesame ha annullato la custodia cautelare per l’ex comandante dei carabinieri di Frosinone dopo sei mesi di detenzione.
Pollica (Salerno) – Il colonnello Fabio Cagnazzo ha riottenuto la libertà. L’ex comandante provinciale dei carabinieri di Frosinone, coinvolto nell’inchiesta sull’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, è stato scarcerato dopo che il tribunale del Riesame ha annullato la misura di custodia cautelare.
La decisione del tribunale
Il pronunciamento del Riesame ha interessato quattro indagati dell’inchiesta: oltre a Cagnazzo, anche l’imprenditore Giuseppe Cipriano, l’ex pentito Romolo Ridosso e l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi hanno visto annullate le misure cautelari a loro carico.
La decisione arriva dopo un lungo iter giudiziario che aveva visto la Cassazione annullare lo scorso aprile l’ordinanza cautelare emessa dal gip di Salerno il 7 novembre 2024 e confermata dal Riesame a gennaio 2025.
Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore
Era la notte del 5 settembre 2010 quando nove colpi di pistola spezzarono la vita di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica e simbolo di una Cilento che cercava di riscattarsi dalla criminalità. Quindici anni dopo, l’omicidio del “sindaco-pescatore” rimane avvolto nel mistero, con un’inchiesta che ha visto susseguirsi arresti, scarcerazioni e colpi di scena ma ancora nessuna verità definitiva.

Angelo Vassallo non era un amministratore qualunque. Nato nel 1953, aveva trasformato Pollica da borgo dimenticato del Cilento in un esempio virtuoso di sviluppo sostenibile. La sua battaglia per la legalità e contro l’abusivismo edilizio lo aveva reso un punto di riferimento nazionale. Vassallo aveva ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui l’Ancora d’Oro.
Ma era proprio questa sua determinazione nel combattere gli interessi illegali che lo aveva reso un bersaglio della criminalità. Vassallo aveva denunciato ripetutamente traffici di droga nella zona, puntando il dito contro una rete che coinvolgeva il porto di Acciaroli come snodo strategico per il narcotraffico.
La notte dell’agguato
La sera del 5 settembre 2010, Vassallo aveva partecipato a una festa a Santa Maria di Castellabate. Sulla strada del ritorno, nei pressi di Acciaroli, la sua Citroen C3 fu intercettata da un killer che esplose nove colpi di pistola. Cinque andarono a segno. Il sindaco morì sul colpo.

L’omicidio aveva tutte le caratteristiche di un agguato premeditato. L’assassino conosceva gli spostamenti di Vassallo e aveva scelto con cura il luogo dell’agguato, un tratto di strada isolato dove poter agire indisturbato. Nonostante le immediate indagini, il caso Vassallo resta – ancora oggi – un delitto senza colpevole.
Le piste investigative
Le indagini si orientarono subito verso la pista della criminalità organizzata. Vassallo era pronto a incontrare i carabinieri per fornire informazioni cruciali sui traffici di droga che attraversavano il territorio cilentano. Un appuntamento che non fece mai in tempo a onorare.
La svolta arrivò anni dopo, quando l’inchiesta ripartì in base alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Le rivelazioni portarono all’arresto di quattro persone: il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, all’epoca comandante della compagnia di Castello di Cisterna, l’imprenditore Giuseppe Cipriano, l’ex pentito Romolo Ridosso e l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi.

Secondo l’accusa, l’omicidio sarebbe stato l’unico modo per impedire a Vassallo di rivelare quanto sapeva sui traffici di droga.
I rilievi della Cassazione
L’indagine era stata riaperta inizialmente contro ignoti, basandosi principalmente sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La posizione di Cagnazzo era stata archiviata per tre volte prima dell’attuale procedimento.
La Corte di Cassazione ha sollevato diversi dubbi sull’impianto accusatorio, ritenendo inutilizzabili le dichiarazioni di uno dei collaboratori di giustizia, acquisite prima della formale riapertura dell’inchiesta. Gli ermellini hanno stabilito che si dovesse riascoltare il soggetto dopo il provvedimento di riapertura delle indagini.
Perplessità anche sull’attendibilità di un altro testimone, le cui dichiarazioni sembrerebbero credibili quando accusa altri soggetti ma non quando si discolpa.
Il presunto depistaggio
Uno dei nodi centrali dell’inchiesta riguarda il presunto depistaggio messo in atto subito dopo l’omicidio di Angelo Vassallo. Nel ricorso in Cassazione, la difesa di Cagnazzo – rappresentata dagli avvocati Ilaria Criscuolo e Giuliano Dominici – aveva contestato “la ritenuta dimostrata previa assicurazione da parte di Cagnazzo ai complici del futuro depistaggio”.
La Cassazione ha ritenuto necessaria una nuova valutazione sulla “dimostrazione di un accordo preventivo relativo all’inquinamento delle indagini”, chiedendosi “quali elementi sono indicativi del rafforzamento del proposito criminoso altrui mediante l’assicurazione del successivo depistaggio”.
L’epilogo
L’udienza del Riesame si è celebrata giovedì scorso. Significativo il fatto che anche la procura di Salerno avesse chiesto la revoca della misura cautelare per l’ufficiale, segnalando le criticità dell’impianto accusatorio.
Dopo quasi quindici anni dall’omicidio del sindaco-pescatore, il caso resta aperto con molti interrogativi ancora senza risposta. L’eredità di Angelo Vassallo vive nell’esempio di un amministratore che non si è mai piegato alle pressioni della criminalità, pagando con la vita la sua coerenza.