Confermata in Appello l’assoluzione dell’ex muratore e gestore di un bar a Capaci, per la morte dell’amico e dipendente Santo Alario. La Procura generale di Palermo aveva chiesto l’ergastolo per l’imputato che si è sempre professato innocente.
Palermo – Dopo la sentenza di assoluzione una domanda sorge spontanea: chi ha ucciso Santo Alario e perché? I due erano scomparsi da Capaci, il 7 febbraio 2028, poco dopo la chiusura del bar di Guzzardo, “l’Avana” di piazza Sottotenente Antonio Cataldo, nel centro storico del paese.
Subito dopo i due amici si sarebbero recati a Ventimiglia di Sicilia e pare che avessero raggiunto davvero la località in provincia di Palermo. La prova del loro arrivo in paese sarebbe contenuta in un video che Alario aveva realizzato strada facendo per poi inviarlo alla moglie Rosalia Sparacio.
La donna, non vedendo tornare il marito il giorno dopo, denunciava la scomparsa ai carabinieri. L’uomo avrebbe inviato alla moglie altre foto e un altro video, documentando i suoi spostamenti. Perché Alario aveva inviato video e foto alla moglie Rosalia? Erano richieste di aiuto? Poi un’ultima immagine che raffigurava Santo Alario e Giovanni Guzzardo dentro la Panda bianca dell’esercente.
Più tardi i due sparivano come fantasmi senza lasciare tracce. L’auto veniva ritrovata dai carabinieri alla periferia di Caccamo, sulla strada per Ventimiglia di Sicilia, con i finestrini abbassati e senza targhe. Datore di lavoro e barman avevano un appuntamento con qualcuno? Santo Alario sarebbe stato rapito e ucciso da alcune persone che precedevano la Fiat Panda con un’altra vettura?
Dopo tre mesi di ricerche Guzzardo veniva ritrovato in un casolare nelle campagne di Caccamo, dove si era nascosto armato di fucile. I sospetti degli inquirenti, a quel punto, si concentrarono tutti su di lui. Secondo la Procura l’ex muratore avrebbe ucciso Alario e poi si sarebbe dato alla macchia per sfuggire alla giustizia. L’anno dopo, nei pressi della diga Rosamarina, al chilometro 17 della strada provinciale 6, la medesima strada che avevano percorso i due amici, venivano ritrovati i resti ossei di Santo Alario.
Il barista aveva riferito, anche durante il processo, di avere accompagnato Alario a Ventimiglia dove l’uomo avrebbe incontrato alcune persone. Guzzardo si sarebbe spaventato al cospetto degli sconosciuti e sarebbe fuggito, abbandonando l’auto e lasciando l’amico ancora vivo. Del resto Alario, con diversi precedenti penali alle spalle, avrebbe incontrato qualcuno per risolvere, in via presuntiva, una questione legata al traffico di stupefacenti.
Un suo coinvolgimento in tal senso sarebbe provato da un’indagine e da alcune intercettazioni telefoniche relative all’operazione di polizia definita “Africo”. Il blitz aveva portato all’arresto di 9 persone residenti allo Zen di Palermo e a Carini. Dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip Walter Turturici erano emersi diversi contatti tra Alario e due delle persone finite in carcere per traffico di droga, Salvatore e Antonio Lo Franco, padre e figlio.
Per la Guardia di Finanza, che aveva svolto le indagini, Alario aiutava i Lo Franco a ripulire il denaro ricavato dallo smercio di stupefacenti, cercando poi di rilevare, anche con minacce e aggressioni, il bar di piazza Capaci, per continuare le attività di riciclaggio. Guzzardo dunque sarebbe stato sottoposto a forti intimidazioni ai fini di cedere il suo esercizio sino al giorno della sparizione con l’amico Alario.
Poi qualcosa sarebbe andata storta fra il dipendente del bar ed i suoi amici di Caccamo. Forse gli accordi erano saltati e a farne le spese sarebbe stato proprio il pregiudicato di Capaci, morto ammazzato. Un fatto strano: due mesi dopo la sparizione dei due uomini in un campo rom di Roma una tv privata aveva ripreso un uomo assai somigliante a Santo Alario. Era davvero lui? La famiglia però non l’aveva riconosciuto.
Chi lo ha ucciso dovrebbe essere ancora in giro, attesa la sentenza di assoluzione per il gestore del bar.