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Non solo Robert Fico, gli attentati – tentati e riusciti – contro i politici europei

Ci provarono con Chirac nel 2002, hanno colpito a morte il primo ministro serbo e Jo Cox prima del referendum sulla Brexit. Trema l’Europa.

Roma – Scossa, preoccupata, consapevole della crucialità della prossima tornata elettorale: dopo l’attacco al premier Robert Fico l’Europa non abbassa e non può abbassare l’allarme sul ritorno della violenza politica. A Bruxelles all’attentato slovacco si è aggiunto un altro motivo di preoccupazione, l’innescarsi della macchina della disinformazione attorno all’episodio. Una macchina che ha l’Ue nel mirino. Ma che cosa è accaduto? “Nel giro di poche ore, decine di migliaia di utenti dei social network hanno attribuito la responsabilità delle violenze a una combinazione di agenti dell’Ue e dell’Ucraina”, è stato l’allarme lanciato dall’Atlantic Council.

Ma le cattive notizie, per i partiti europeisti, non si limitano ai fatti di Bratislava. In Olanda l’estrema destra di Geert Wilders ha incassato l’accordo di governo. Il placet dei liberali del premier uscente Mark Rutte è stato decisivo, la reazione di Renew Europe veemente. “L’accordo è totalmente inaccettabile”, ha tuonato la capogruppo Valerie Hayer. Il ritorno della violenza politica e il diffondersi di fake news, nelle preoccupazioni dei partiti filo-Ue, sono connessi. A testimoniarlo c’è il monitoraggio scattato online sul racconto dell’attacco a Fico.

Robert Fico

Al di là delle fake news, l’attentato a Fico, nei timori di Bruxelles, potrebbe esacerbare comunque il dibattito politico da qui al prossimo 9 giugno. La Commissione si è detta non a caso “preoccupata da questi fenomeni che possono aumentare le divisioni all’interno dell’Ue e nelle nostre democrazie”. Parallelamente, sempre online, sono cominciati a circolare post che indicavano una foto che, apparentemente, ritraeva l’attentatore di Fico accanto a Martin Šimečka, padre del leader dell’opposizione slovacca. Una somiglianza che si è poi rilevata fasulla.

“Bisogna prestare attenzione a questi fenomeni. Questo è il motivo per cui ci impegniamo ad adottare misure, in particolare sulla diffusione dell’incitamento all’odio”, ha sottolineato il portavoce della Commissione, Eric Mamer. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in una lettera indirizzata agli slovacchi e recapitata alla presidente della Repubblica Zuzana Caputova, ha ammonito a “non dare per scontato la sostituzione delle armi con le parole, conquista della nostra democrazia”. Mentre anche il premier polacco Donald Tusk ha fatto sapere di aver ricevuto minacce di morte sui social dopo l’attentato a Fico: “Gli slovacchi ci hanno dato un esempio di cosa si dovrebbe fare con Tusk”, era uno dei tweet incriminati.

Charles Michel

Il punto è che, con l’ascesa dei sovranismi e lo scontro sempre più apicale con i partiti filo-Ue, la campagna per le Europee rischia di essere attorniata da un’aura di gravità. Con un’appendice: l’estrema destra, col supporto degli elettori e l’accordo di una parte dei partiti di centro, può andare al governo. È successo la settimana scorsa in Croazia ed è accaduto ora in Olanda, con l’accordo tra il Pvv di Wilders, il partito degli agricoltori, i centristi dell’Nsc e il Vvd, il partito liberal-conservatore di Rutte. Il placet di quest’ultimo è arrivato come una scossa di terremoto dalle parti di Renew, che ha fatto del “mai con l’estrema destra” uno dei pilastri della sua campagna elettorale.

La macroniana Hayer ha convocato una riunione di tutti i partiti membri dei liberali europei per il 10 giugno, dopo le elezioni. “Siamo in totale disaccordo con quanto successo in Olanda, il nostro obiettivo è costruire una nuova maggioranza europeista”, ha incalzato Sandro Gozi. Ad esultare, invece, sono stati Viktor Orban e Matteo Salvini. Il leader della Lega, usando toni che difficilmente saranno apprezzati a Bruxelles, soffermandosi sull’attacco a Fico ha sottolineato che “è sconcertante l’atteggiamento di chi ha gridato all’allarme fascismo senza voler vedere la rabbia e l’odio rovesciati quotidianamente da altri come estremisti islamici o militanti della sinistra europeista”.

Quello che preoccupa è che omicidi o tentati omicidi di politici europei, come quello avvenuto contro Fico, sono rari. Ormai da qualche decennio in Europa il livello della violenza politica è piuttosto basso, nonostante alcuni casi preoccupanti, anche recenti. Nel corso degli anni, tuttavia, ci sono stati alcuni omicidi o tentati omicidi gravi ed eclatanti, che hanno riguardato leader e rappresentanti politici di vari paesi europei. Il più recente grave omicidio politico in Europa è stato probabilmente quello di Pawel Adamowicz, sindaco della città polacca di Danzica, che fu accoltellato il 14 gennaio del 2019 mentre partecipava a un evento di beneficenza, davanti a migliaia di persone: morì il giorno dopo in ospedale.

Il sindaco di Danzica Paweł Adamowicz 

Adamowicz era un politico progressista e liberale, molto critico nei confronti del governo di estrema destra allora al potere in Polonia, guidato dal Partito Diritto e giustizia (PiS, la sigla in polacco). Ed era anche un sostenitore molto noto dei diritti dei migranti, dei rifugiati e delle persone della comunità LGBT+, ragione per cui era stato più volte minacciato da esponenti e gruppi dell’estrema destra polacca. Nel 2016 Jo Cox, una deputata britannica del Partito Laburista, fu aggredita in strada da un uomo che la accoltellò e le sparò più volte a Birstall, una cittadina di 16.000 abitanti poco distante da Leeds, dove Cox stava facendo campagna elettorale. Cox era una parlamentare non molto nota a livello nazionale, ma la sua carriera era in forte ascesa: era stata una dirigente di Oxfam, ong che si occupa di aiuti umanitari e progetti di sviluppo, ed era una sostenitrice della necessità del Regno Unito di rimanere dentro all’Unione Europea.

Pochi giorni dopo l’omicidio di Cox, il 23 giugno, si tenne il referendum sulla Brexit. Il suo killer fu subito identificato in Thomas Mair, un uomo con simpatie naziste e suprematiste. Diversi testimoni raccontarono che durante l’attacco Mair aveva urlato “Britain first” o “Put Britain first”, il nome di un partito di destra e anti-europeista e più in generale uno slogan usato per esprimere posizioni nazionaliste (“La Gran Bretagna prima di tutto”).

La manifestazione a Londra per ricordare Jo Cox

E ancora, il caso del primo ministro serbo Zoran Djindjic, ucciso il 12 marzo del 2003 da Zvezdan Jovanović, un cecchino che gli sparò a distanza mentre stava entrando nell’edificio del governo serbo, a Belgrado. Djindjic, che era un liberale e filo occidentale, era primo ministro della Serbia da un paio d’anni ed era stato uno dei principali artefici della fine del lungo governo di Slobodan Milosevic, il presidente nazionalista accusato di gravissimi crimini di guerra durante le guerre jugoslave: nel 2001 Djindjic approvò l’estradizione di Milosevic all’Aia, dove fu messo sotto processo dalle Nazioni Unite.

Infine, il tentato omicidio di Jacques Chirac: il 14 luglio del 2002, durante la parata per il giorno della Bastiglia, quando in Francia si celebra la festa nazionale, un uomo tentò di sparare con un fucile al presidente francese, che stava partecipando alla manifestazione. L’uomo, Maxime Brunerie, era un militante neonazista: non era un tiratore esperto e mancò Chirac di molto. Subito dopo tentò di suicidarsi, ma fu fermato dalle persone presenti. Fu condannato a 10 anni di carcere.

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