Il cambiamento climatico, tra ondate di calore e nubifragi improvvisi, ha colpito ancora il settore agricolo. A farne le spese, questa volta, il comparto vitivinicolo nostrano.
Roma – La vendemmia di quest’anno è in pericolo. L’allarme arriva da Coldiretti, la più grande organizzazione di rappresentanza e tutela degli agricoltori nel nostro Paese. Secondo l’associazione, quest’anno “gli effetti del cambiamento climatico hanno prodotto danni consistenti ai vigneti. La produzione nazionale ha subìto un calo medio del 14%, con punte del 40% al Centro Sud, il risultato più negativo del secolo”.
L’anno scorso sono stati prodotti 50 milioni di ettolitri di vino, mentre quest’anno si è arrivati a circa 43 milioni. E con troppo vino giacente nelle cantine. Il 2023 passerà alla storia come una delle annate peggiori in termini di produzione, come quelle del 1949, del 2007 e del 2017. Il calo però non sembra aver intaccato la qualità che in alcuni territori è anche cresciuta. Se gli eventi climatici si dessero una calmata, allo stato attuale, il primato mondiale come produttore di vino se lo contenderebbero, come sempre, Italia e Francia, anche se quest’ultima ha il suo da fare con le malattie della vite e il clima ma quest’anno, comunque, sembra averci sorpassato.
In Spagna a causa proprio degli eventi metereologici, la raccolta dell’uva è stata anticipata di due settimane e la produzione ha registrato un calo dell’11% rispetto al 2022. Alcune regioni come Sicilia e Puglia, che insieme costituiscono un quinto di tutta la produzione nazionale di vino, avranno perdite intorno al 40%. In Molise e Abruzzo, il calo della raccolta d’uva potrà arrivare anche al 60%. La situazione risulta meno complicata risalendo lo stivale.
Il calo generale andrà a incidere sul bilancio delle aziende vinicole, malgrado gli investimenti effettuati per la tutela dei vigneti. Le previsioni di Coldiretti destano apprensione in tutto il comparto. Tra spumanti e vini di qualità, il giro d’affari è notevole, da cui se ne deducono crescita economica e lavoro. La produzione italiana è costituita da circa 635 varietà di viti, inserite in un apposito registro, il doppio rispetto ai “cugini d’oltralpe”, il 70% di vini di qualità distribuiti tra Docg (Denominazione d’origine controllata e garantita), Doc (Denominazione d’origine controllata) e Igt (Indicazione geografica tipica).
Come ha sottolineato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti: “Con la vendemmia in Italia si attiva un sistema che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio”. Una peculiarità della produzione di vini italiani è rappresentata dal successo delle etichette a denominazione d’origine esportate all’estero. Secondo le stime diffuse da Vinitaly (il salone internazionale del vino e dei distillati, che si tiene ogni anno a Verona) nel 2022 le esportazioni sono aumentate del 78%, con un valore pari a 1,2 miliardi di euro.
A conferma di come il vino sia il prodotto italiano più amato all’estero, anche nei Paesi extra UE come Stati Uniti, Canada, Giappone e Cina. Quest’anno la produzione è andata come è andata, ce ne faremo una ragione e brinderemo di meno. Checché ne dica la professoressa Antonella Viola, nota biologa e divulgatrice scientifica dell’Università di Padova, che ha dichiarato: “L’alcol nel vino è cancerogeno, non è vero che due bicchieri al giorno fanno bene”. Alla salute!..