Sul filo dell’orrore: la storia di Ludwig, la folle coppia di assassini che ha seminato terrore e morte con il segno della svastica. Uno è libero, l’altro in coma irreversibile.
Verona – Nel 1977 la polizia rinvenne un clochard ustionato nell’abitacolo di una Fiat 126. Si trattava di Guerrino Spinelli, un senzatetto che dormiva nella sua auto e bruciato vivo dopo il lancio di diverse bottiglie Molotov. Morì dopo otto giorni di dolorosa agonia. Appena un anno dopo un sommelier, di nome Luciano Stefanato, fu ritrovato cadavere in una strada di Padova con due lame nella schiena e 30 coltellate inferte su tutto il corpo. Le indagini sui due omicidi giunsero ben presto ad un punto morto. Nessun movente, nessuna persona sospetta. L’anno successivo nel 1979, a Venezia, Claudio Costa, ventenne, subiva la stessa sorte di Stefanato: il giovane veniva ritrovato morto ammazzato con diverse coltellate. Nel 1980, a Vicenza, Alice Maria Beretta, di cinquantadue anni, veniva massacrata a colpi d’ascia e di martello che la rendevano quasi irriconoscibile. La polizia brancola nel buio.
Poi uno spiraglio. Due giorni dopo il rinvenimento del corpo della donna, Il ‘Gazzettino‘ di Mestre riceveva una comunicazione scritta. La prima reazione degli inquirenti davanti al biglietto anonimo era stata quella di pensare al solito mitomane. Nel volantino però c’erano alcuni indizi sconvolgenti. Si rivendicavano tutti gli omicidi facendo persino delle precisazioni. Le bottiglie Molotov erano 4 e non due come riportavano i giornali inoltre venivano indicati i colori dei manici dei coltelli usati per uccidere. Dettagli non divulgati al pubblico. Ludwig, nella sua perversa follia, voleva che la polizia, che non aveva fatto nessun collegamento razionale tra i misteriosi decessi, ne riconoscesse la paternità e le “motivazioni”. Lo scritto firmato Ludwig sullo stemma della Germania nazionalsocialista, fu stilato usando l’alfabeto germanico e si chiudeva con il motto nazista ‘Gott mit uns’ (Dio con noi).
La chiave di lettura per quegli omicidi fu presto chiara. Spinelli era un senzatetto, Stefanato un omosessuale, Claudio Costa un tossicodipendente, Alice Beretta, una prostituta. Tutte le vittime non furono semplicemente uccise ma massacrate, cioè punite o eradicate in modo totale dalla faccia della terra. La pista neonazista cominciò a farsi strada con la sua perversa ideologia di pulizia della società.
Gli omicidi però continuarono impuniti anno dopo anno. Nel luglio 1982 due anziani frati di Monte Berico a Vicenza, Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato, vengono uccisi a martellate. L’anno dopo, un altro prete di Trento, don Armando Bison, è maciullato con un martello. Ludwig però ha ancora voglia di essere riconosciuto, non come persona ma per le motivazioni delle sue azioni. Lascia un punteruolo sormontato da un crocifisso, infilzato nella testa del prete Bison con la frase” E’ stato punito chi tradisce il vero Dio”.
Nel segreto della sua squallida motivazione, Ludwig si predispone a fare più vittime con uno sforzo minore, ampliando inoltre il suo raggio d’azione. Passa dagli omicidi alle stragi. Incendia il cinema milanese a luci rosse Eros Sexy Center. Il bilancio è di 6 morti e 32 feriti. Poi è la volta del sexy club “Casa rossa” di Amsterdam. Muoiono tra le fiamme 13 persone. Qualche giorno dopo il rogo di una discoteca di Monaco di Baviera, lascia sulla pista un morto e numerosi feriti. Gli assassini si fanno gioco dell’accaduto scrivendo “Al club Liverpool non si scopa più!“.
Il 4 marzo del 1984 la svolta. Nella discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, dove ballano circa quattrocento ragazzi in maschera, entra un Pierrot. Nella semioscurità della sala, da una porta di sicurezza laterale entra contemporaneamente un giovane che regge due borsoni. Estrae con calma due taniche prima celate nelle borse e i due versano indisturbati un liquido lungo il perimetro della pista da ballo. Quindi appiccano il fuoco. Nella sala è il panico: urla, ustioni, paura. I due piromani vengono bloccati e consegnati alla polizia che li salva dal linciaggio della folla. Le fiamme intanto vengono estinte quasi subito perché la moquette è ignifuga.
Gli agenti immaginano forse di dover verbalizzare la follia criminale di due ragazzi in cerca di guai. Ma sbagliano. Il cosiddetto Ludwig sono proprio loro due. Mario Furlan, all’epoca 26enne, nato a Padova, figlio di un noto primario del centro ustionati di Verona. Molte delle sue vittime muoiono paradossalmente tra le fiamme. Un ragazzo a cui non mancava nulla e che era in procinto di laurearsi in Fisica. Wolfgang Abel di 27 anni, di Dusseldorf, laureato a pieni voti in Matematica. Figlio di un consigliere delegato di una compagnia assicurativa tedesca. Due assassini che, nelle loro folli pianificazioni delle stragi e nel loro delirio di onnipotenza, avevano tralasciato di documentarsi su una moquette ignifuga resa obbligatoria da leggi vigenti.
I due giovani sono di famiglie alto borghesi di Verona, e si nutrono di odio nazista. Abel, considerato la mente del duetto di balordi, durante gli interrogatori utilizza la teoria dei giochi: se nessuno dei due confessa, sono entrambi salvi. Lui non confessa. Furlan però cede. Le carte vengono spaiate e viene accertata la loro colpevolezza come componenti del duo da loro battezzato Ludwig. La sentenza si concretizza diversi anni dopo l’arresto, nel tribunale di Vicenza. I due non si presentano davanti alla giuria. Si trincerano dietro a diagnosi di seminfermità mentale e schivano così l’ergastolo. La condanna è di 30 anni per entrambi.
Si ipotizza che il nome Ludwig adottato dai due per i loro crimini sia tratto dal romanzo di Ignazio Silone “Avventura di un povero cristiano”, una copia del quale fu trovata nell’appartamento di Abel. Nel racconto, il frate Ludovico da Macerata, combatte contro la deriva della Chiesa dai dogmi. I due carcerati però hanno sempre taciuto riguardo l’origine del loro nome di “battaglia”.
Nel 2008, dopo aver scontato 18 anni di reclusione, grazie ad alcuni condoni e alla buona condotta, Furlan ora 64enne, viene scarcerato e affidato ai servizi sociali. Ora è libero. Abel dopo aver scontato la pena, nel 2021 a 61 anni, dopo una caduta, è entrato in coma. I medici dicono che non si risveglierà mai più.
Durante il Carnevale del 1990, mentre i due sono detenuti a Firenze, un gruppo di giovani mascherati aggredisce ambulanti di varie etnie e lascia un messaggio raccapricciante “Gott mit uns. Firmato Ludwig”…